«Il nome della rosa»? Poteva finire diversamente...

«Il nome della rosa»? Poteva finire diversamente... Loriano Macchiavelli ha rifatto in versione poliziesca il celebre best-seller. Ma Eco non ne vuol più sapere «Il nome della rosa»? Poteva finire diversamente... BOLOGNA — Il destino dei libri troppo famosi è anche quello di essere riscrìtti nel tempo. Per l'amore, il gioco, la sfida di chi per anni ne è stato come ossessionato. Pacatamente, Loriano Macchiavelli valuta la questione e mangia una tartina ai funghi. Del resto, in tema di rìscrìtture, la cosa lo riguarda molto da vicino. Dopo averci pensato su sette anni, tra ansie, appunti e riletture, in La rosa e il suo doppio (Cappelli Editore, 187 pagine, 18.000 lire), il noto giallista bolognese ha letteralmente rifatto in versione poliziesca un grandissimo best-seller, «Il nome della rosa» di Umberto Eco, che da trecento settimane non accenna a scomparire dalla classifica dei più venduti. Per meglio rìcomporne le atmosfere medioevali, Macchiavelli ha resuscitato i personaggi e gli intrighi del romanzo e del film di Annaud che ne è stato tratto, ha mescolato le carte, smontato e rimontato gli indisi. Fot ha capovolto il finale con nuovi e imprevisti assassini, come a voler stanare, sotto i pungoli del mestiere e della pignoleria, gli errori o i trabocchetti nei quali lo stesso Eco sarebbe incappato. E come a suggerirci che l'epilogo del suo romanzo, con la condanna del vecchio e demente Jorge, non è che una delle tante, possibili soluzioni all'enigma. «Sono o no, uno scrittore di gialli? — afferma, sicuro, Macchiavelli, e continua: «L'ho capito subito, che Eco doveva essersi sbagliato. L'errore è stato quello di disseminare il libro di segni che, una volta interpretati, andavano in un'altra direzione. Lo prova 11 fatto che dopo aver designato Adso come colpevole di tutti gli assassini, poi nel corso nel libro Eco ne ha fatto un personaggio talmente bello che se n'è Innamorato. E negli ultimi capitoli ha forzato la mano, dirottando la colpa su Jorge». Macchiavelli è fiero, convintissimo di quel che dice, pronto a tirar fuori esempi e particolari. Su certe cose insiste: quella di aver scrìtto un «romanzo autonomo che non è a rimorchio di un classico odierno», quella di non aver voluto competere con Eco, «ne sarei uscito derìso senza appello», e quella di «non sopportare i bestseller..... Poi si mette a citare. Ripesca, come- a sua discolpa, intere frasi da -Il nome della rosa», o . qualche spunto tratto dal volume delle «Postille» che accompagnano il ■romanzo: «Non è Eco a dire "i romanzi non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a Indagine?"» si chiede, e ancora «non è lui che ipotizza un lettore atti- vo, critico di fronte al testo? Esattamente quello che ho fatto io: interpretare gli stessi indizi della soluzioneEco in modo diverso». Ma a certe domande gli è impossibile sfuggire. Qual è stata, in tutto questo, e quale ora la reazione dell'.inawicinabile, introvabile, professor Eco? Macchiavelli risponde malvolentieri, sui retroscena della lunga vicenda: «CI sono voluti tre mesi, per beccarlo. Eco non si faceva trovare, gli ho telefonato Inutilmente, ho interpellato le sue segretarie, gU ho fat¬ to la posta sotto casa, ho aspettato per ore di fronte alla sua aula del D.A.M.8. Una mattina l'ho trovato e finalmente gli ho parlato del progetto. Eravamo per la strada, lui al è fermato, con uno di quel suoi sorrisi enigmatici nascosti sotto la barba. Poi mi ha detto, "Staremo a vedere, mi faccia avere le bozze di stampa. Ma si ricordi di specificare che tutto quello che lei scrìve è solo frutto della sua fantasia. Io non c'entro niente"». Pochi giorni dopo, racconta Macchiavelli, arrivò la fatidica lettera di Eco (ora lui l'ha con sé, ma bisogna insistere perché la tiri fuori, geloso come ne è diventato). «MI scrisse subito, per farmi sapere della sua "rìspet- tosa e rigorosa" decisione di restarsene lontanò dal mio libro, come uno "spettatore tra gli spettatori"...». Linea di condotta che finora il professore non ha smentito. Il romanzo di Macchiavelli? O «□ segreto della rosa decifrato» il saggio dei due giovani crìtici tedeschi, Klaus Ickert e Ursula Schick, da poco uscito anche in Italia, da Salani? Basta un'espressione del' viso non troppo convinta, per farsi capire: «E' passato troppo tempo, otto anni, da quando è uscito "il nome della rosa". Quindi adesso basta, non ne voglio più sapere. Nessuna dichiarazione, e nessun commento, per tutto quello che lo riguarda». Leopoldina Pallotta

Luoghi citati: Bologna, Italia