Improvvisazione e amore gli ingredienti per ricordare Coltrane

Improvvisazione e amore gli ingredienti per ricordare Coltrane Due dischi con brani del grande sassofonista Improvvisazione e amore gli ingredienti per ricordare Coltrane CORRONO tempi in cui i dischi (e i concerti) in onore di qualche grande personalità del passato, preferibilmente defunta, sono perfino troppi. Il motivo è semplice: gli Anni Ottanta non brillano per creatività e per novità, non soltanto nel jazz. Naturalmente questi tributi a Louis Armstrong, Woody Herman, John Coltrane, George Gershwin, eccetera — è sufficiente una ricorrenza o un avvenimento qualsiasi — attengono a un lavoro di tipo interpretativo, più che inventivo. Ma occorre chiarire, nel caso particolare, il significato che si dà a questi termini. L'interpretazione nel senso classico della parola è rara nel jazz. Se ne possono ricordare pochi casi, alcuni dei quali riguardano composizioniesecuzioni di Bix Beiderbecke, ammiratissimo dai jazzisti contemporanei. Ad esempio il suo Singin' the blues, contenuto nel quarto dei quattordici album dell'opera omnia pubblicata dalla Joker, è ripreso pari pari dall'orchestra di Fletcher Henderson (The lndispensable F. H., Rea francese): solo il pieno orchestrale è diverso perché la formazione di Henderson è più numerosa. Poi ci sono i quattro celebri brani bixiani per pianoforte solo (In a mist, In the dark, Flashes, CandlelightsJ reillustrati da vari pianisti e ultimamente dall'italiano Marco Fumo (in Last tlme rag, un bel compact-disc della Dynamic). L'interpretazione in uso nel jazz è, più propriamente, la rivisitazione di uno stile, di un mondo musicale, di un repertorio. Ciò non implica l'obbligo della fedeltà al testo originario, quasi sempre documentato nei dischi; al contrario, sono soprattutto i solisti a ritagliarsi spazi di creatività e di approfondimento, pur rispettando le intenzioni dell'autore. I vari omaggi e tributi sono, o dovrebbero essere, di questo stampo, che solo a un osservatore epidermico può apparire più agevole dell'interpretazione tradizionale. Nello scorso autunno si è esibito anche in Italia un quintetto d'assi le cui intenzioni erano indicate dal nome, invero piuttosto retorico: John Coltrane «A Love supreme» memorial. Ne facevano parte Freddie Hubbard alla tromba e al flicorno, Sonny Fortune al sax tenore, McCoy Tyner al pianoforte, Reggie Workman al contrabbasso, Elvin Jones alla batteria. Fin dal primo annuncio i critici più esigenti furono facili profeti di sventure, malgrado che tre dei cinque solisti fossero ex componenti del quartetto di Coltrane. Non si capiva (o si capiva troppo) cosa ci stesse a fare Hubbard, reduce da un disinvolto .omagpio» ad Armstrong ed estraneo all'orizzonte coltrantano; e molte riserve si appuntarono sul pur bravo Fortune, al posto del quale sarebbe stato più logico un discepolo della prima ora quale Pharoah Sanders. In concreto, i concerti si risolsero in una strana jam session su tre dei quattro tempi della celebre suite A Love supreme e in una serie d'improvvisazioni su brani standard fondate su criteri pre-coltraniani o comunque diversi da quelli del maestro. Poco importa che, in alcuni casi, Reggie Workman ed Elvin Jones abbiano dato vita a duetti di grande professionalità: la tematica annunciata dal gruppo venne del tutto disattesa. Di ben altra stoffa è il contenuto di un long playing (Tribute to John Coltrane, etichetta Paddle Wheel) che i giapponesi lanciano in questi giorni sul mercato mondiale. La registrazione (reperibile anche in compact-disc) è stata realizzata dal vivo in un teatro all'aperto di Tokyo il 26 luglio 1987; i protagonisti sono Wayne Shorter e Dave Liebman al sax soprano, Richie Beirach al pianoforte, Eddie Gomez al contrabbasso e Jack Dejohnette alla batteria. Nell'assieme, sono musicisti meno legati a Coltrane dei precedenti (a parte il caso Hubbard), ma i loro intenti appaiono precisi e rigorosi fin dalle prime note. I temi (Mi. P.C., After the rain, Naima, India, Impressions; sono tutti firmati da Coltrane; e per quanto i solisti si allontanino, nella tensione di bellissime improvvisazioni, dai modelli primigeni, le atmosfere coltraniane vengono continuamente richiamate da citazioni, da ricapitolazioni dei materiali tematici, da sottili contiguità tecnico-formali. Si tratta perciò di uno splendido esempio di libera improvvisazione jazzistica, che in quanto tale va consigliato a chiunque voglia avere le idee chiare su questo argomento. Franco Fayenz

Luoghi citati: India, Italia, Tokyo