Dolci: «La gente può vincere la Piovra»

Dolci: «La gente può vincere la Piovra» Intervista a uno dei protagonisti delle utopie del dopoguerra tornato a digiunare dopo 20 anni Dolci: «La gente può vincere la Piovra» Le lotte per l'acqua, gli arresti e le battaglie contro la mafia negli Anni 50 e 60 - L'attenzione di Erich Fromm e Bertrand Russell, il giudizio di Aldous Huxley: «Un santo ideale del XX secolo» - Intorno a lui è cresciuta anche l'Italia del dissenso cattolico e della pedagogia alternativa DAL NOSTRO INVIATO PARTINICO — Tutte le mattine Danilo Dolci esce per le vie di Trappeto con la tuta blu da ginnastica mentre i suol occhi chiari cercano un vecchio pescatore che, tanti anni fa, gli sputò in faccia. L'uomo e morto da tempo, ma «Danilu» Io ricorda come ih quel giorno lontano: •Non era disprezzo, non era cattiveria. Voleva dirmi: "Danllu, non darci illusioni, non farci sperare cose che non avremo". Le donne del paese discutevano; allora avevano già l'acqua per la terra, ma cominciava a farsi strada un'altra esigenza: "Darci l'educazione olii ptcciriddi". Era il progetto del centro educativo, la scuola diversa che aiutasse i bambini a crescere, a diventare creativi, che non li plagiasse in un rapporto di dominio e unidirezionale: maestro-allievo*. La scuola, adesso, è tra il verde di Mirto, una frazione di Partinico. Ormai è riconosciuta dallo Stato e sperimenta i metodi educativi di quest'uomo di 64 anni che affascinò Erlch Fromm, Bertrand Russell, Aldous Huxley. E' ce anche la diga dello Jato: l'invaso costruito dalla gente, l'acqua rubata alla natura e alla mafia. Oggi da 72 milioni di metri cubi d'acqua all'anno e ha trasformato 9 mila ettari di terra arida in un giardino per duemila contadini riuniti in cooperativa. Sono le storie di «Danilu» l'architetto di Trieste che nel 1952 lasciò Milano, il politecnico e il fidanzamento con una ragazza dell'alta borghesia per scendere tra i poveri di Partinico e Trappeto, le contrade fatiscenti e disastrate che avevano offerto 1 «soldati» all'esercito banditesco di Salvatore Giuliano, il •re di Montelepre.. •Danilu arrivati a lu Trappitu con trenta lire in tasca no bella jornu co lu treno dell'una: raccontavano i poveri barricati nei tuguri, fra le vie senza fogne e invase dalle mosche, «che ti entravano in bocca». Fu una delle utopie italiane del dopoguerra: l'intellettuale ricco che si faceva elise- redato e sposava la vedova di un bracciante con 5 figli, le lotte non violente, i digiuni in piazza, gli arresti come •individuo di spiccate tendenze a delinquere», 11 premio Lenin e la candidatura al Nobel per la pace, i suoi libri tradotti in 15 lingue, il grande amore di Danilo Dolci che percorse i sociologi svedesi, i campus universitari di Stanford e di Ucla, e fece scrivere frasi commosse a Norberto Bobbio e Carlo Levi. Un cammino cominciato nella «Nomadelfia» di don Zeno, alimentato dagli scritti di don Primo Mazzolar! e che anticipava i temi e i sogni del dissenso cattolico poi esploso negli Anni 70. «Danilu» parla di quegli anni seduto nelle stanze disadorne del suo .Centro studi e iniziative», tra le case di Partinico che adesso hanno perso la povertà di quel 1952. • Questo era il palazzo del barone Scalia. Qui, in questa camera, avvenivano gli incontri segreti tra Vittorio Emanuele Orlando, già presidente del Consiglio italiano, e il mafioso Frank Coppola, detto "Tre dita". Ecco una lettera di Orlando che lo ringrazia per un fusto di vino. Ed ecco la testimonianza di un abitante di Partinico che, nel '63, partecipò a una riunione con Coppola in cui il mafioso invitò tutti a votare per il senatore democristiano Messeri. A Partinico, prima della diga, comandavano trenta persone, adesso non contano più nulla, comanda la gente: Palermo è a mezz'ora d'auto, con i suoi morti ammazzati, i memoriali di Giuseppe Insalaco — l'ultima vittima dei sicari — che lanciano sospetti e allungano ombre, la «piovra» che rigenera i tentacoli dopo 1 blitz e il maxiprocesso. Dolci non riesce a parlare dell'attualità: «Non la conosco. Andai nella città, denunciai il degrado del quartiere di Cortile Cascino, scrissi il libro "Inchiesta a Palermo". Tentai qualcosa, ma ho fallito. Li la mafia era un proliferare di bubboni, una dimensione troppo vasta e io non avevo gli strumenti, non avevo il mestiere per oppormi. Qui era diverso, era una piccola comunità, con la mafia, ma dove potevo intervenire». Intorno, sulle pareti coperte dai libri riposti negli scaffali di assi e mattoni, foto e ricordi dicono di quello che Aldous Huxley aveva chiamato «un santo ideale del XX Secolo: C'è una bottiglia di vetro contorta e annerita — «Afe l'hanno data a Hiroshima, è diventata cosi dopo la bomba» —, ci sono le immagini degli arresti, i ritagli dei giornali con i titoli per la grande marcia antifascista del 28 novembre '71. quando 300 mila persone sfilarono in corteo. Poi il disegno di un bambino, uno dei tanti incontrati nelle scuole di tutta Italia: «W Danilo, dalla 1* B». La guerra di «Danilu» ebbe tre obiettivi: il ministro democristiano Bernardo Mattatila (il padre di Piersanti, ucciso dai killer, e dell'attuale segretario regionale della de, Sergio), il sottosegretario Calogero Volpe e il senatore Messeri. La conclusione è stata una sconfitta, con la sentenza di condanna a un anno e 10 mesi per diffamazione, confermata dalla Cassazione, ma Dolci oggi si sente un vincitore: «Ho vinto la gente, qui i mafiosi non comandano più. All'inizio mi presero per un intellettuale e non si occuparono di me. Quando avvertirono il pericolo, era ormai troppo tardi. La gente era in loro balia: mezzadri, braccianti che chiedevano aiuto al mafioso. Bisognava far nascere un nuovo potere, che non fosse dominio mafioso. Bastò chiedere alla gente se voleva l'acqua, se in altre parole voleva vivere o morire. Fu quella la leva per cambiare, una volta trovata non la si poteva più bloccare. La gente non conosce i suoi problemi, bisogna farglieli vedere, ma poi ha voglia di cambiare. Fu la fine dei Mattarella, dei Messeri e dei Volpe». I «profeti» del dopoguerra sono dimenticati. Qualcuno rivive in questi giorni nelle celebrazioni e nei ricordi del '68. Anche Dolci è caduto nell'oblio e nei recinti dell'utopia e delle esperienze concluse. Sabato, dopo tre anni di silenzio e a 20 anni dall'ultimo digiuno, è tornato di nuovo tra la gente di Trappeto per difendere l'acqua della diga contro Palermo, che sta prosciugando il bacino destinato agli aranci e agli orti di Sante Spine e San Cataldo. Duemila firme raccolte, i manifesti stampati e affissi dagli abitanti, le immagini e i giorni delle lotte degli Anni 60. •Costringere chi lavora alla rovina, portargli via l'acqua sono stile e metodi mafiosi' ha urlato «Danilu» dal mi¬ crofono. E adesso spiega ancora una volta il suo concetto di «piovra»: «Non so cosa succede oggi a Palermo. So però che cos'è la mafia. E' un modo di comportarsi del potere che esiste anche fuori della Sicilia. Basta che ognuno rifletta sui sistemi che regolano il gruppo in cui vive: se legge in profondità troverà tracce più o meno marcate di mafia. Se scandaglia i meccanismi di violenza e di segretezza, chiunque può capire dove e quando nasce la mafia. Essa non è un fatto chiuso o locale della Sicilia». 8u un foglio compare un cerchio, poi tanti puntini. •Ecco, questo era Partinico prima — dice Dolci —. Di qui partivano i voti al leader politico che poteva fare e disfare. In mezzo erano le clientele; gruppi dove alcuni sono mafiosi veri e propri, raramente è mafioso il leader, mai o quasi mai è mafiosa in senso attivo la gente». Sul foglio la mano disegna adesso un secondo cerchio, dove le frecce si inseguono da un punto all'altro: «Cosi è cambiata Partinico. La gente è il potere, che non è un male sino a quando non diventa dominio. La gente che si scambia notizie, che si informa insieme, che diventa creativa, che si affranca dal leader e dal rapporto mafioso. Ne ho parlato di recente a Stanford e poi all'Università di Oslo: con gli studenti abbiamo visto che quanto avviene in Sicilia è uno scherzo rispetto a quanto avviene sul piano internazionale. Anzi: il modello è lo stesso, mentre il microlivello siciliano e il macrolivello nazionale o inter¬ nazionale interagiscono tra loro. Basta pensare a Frank Coppola, mafioso con legami Usa e personaggio attivo anche sul piano politico in Sicilia: Sulla scrivania, nella stanza dove Orlando incontrava il boss mafioso, ci sono i giornali con le cronache della Palermo violenta del nostri giorni e le parole di Leonardo Sciascia che parla di situazione «irredimibile». Dolci scuote la testa: «Non voglio cercare polemiche, ma Sciascia è uno che sa tante cose. Forse è pessimista per questo. Ma se sa. dica e denunci. Tacere in questa Sicilia serve solo ad alimentare quello che ti fa diventare pessimista. E' solo la denuncia specifica e precisa che combatte. Da anni lavoro anche in Calabria, a Palmi, la regione dei 400 morti ammazzati. Ho letto articoli e libri, ma dicono solo cose vecchie e risapute. Alla gente spiego: informatevi e poi denunciate. Si incontrano capimafiosi e politici? Cercate di fotografarli e poi pubblicate le immagini. La denuncia serve, come serve aiutare la gente a capire i suoi problemi e a risolverli. La gente non è mafiosa: la Sicilia è una vacca con le zecche, ma non confondiamo le zecche mafiose con la vacca». Adesso nell'ufficio arrivano gli uomini e le donne del «Centro». «Danilu» deve riprendere a lavorare per preparare la protesta della gente dello Jato. Su, sopra la testa, c'è il vecchio plastico per U progetto della diga preparato, 25 anni fa, con l'aiuto degli economisti Paolo Sylos Labini e Siro Lombardini e di un architetto che lavorò per anni senza mai farsi pagare. • Lo mettemmo fuori della porta e chiedemmo: "Vuoi l'acqua o non la vuoi?" — si congeda Dolci — La gente diceva sì e qui, quel giorno, vincemmo la mafia. Non so cosa succede a Palermo, li mi dovetti ritirare. Ma la mafia è dominio, non cambia mai. Forse tra 30 anni si scoprirà che a Trappeto e Partinico avevamo visto giusto». Ettore Boffano «La mafia? Non conosco la Palermo di oggi, ma conosco il fenomeno mafioso. Bisogna denunciare nomi e compromessi, bisogna aiutare la gente a capire i suoi problemi e ad affrontarli. Così la sconfitta dei mafiosi è scontata: la gente non ha più bisogno di loro, la gente diventa il nuovo potere che non è più dominio. Ma la mafia non è solo siciliana: è la sopraffazione che vige in tutto il mondo. La Sicilia è come una vacca con le zecche, ma non confondiamo le zecche con la vacca» Trappeto. Danilo Dolci (il primo a sin.) con alcuni collaboratori del «Centro di studi e iniziative»