L'autobiografia dell'ebreo Elio Toaff

Se il rabbino parla di pace L'autobiografia dell'ebreo Elio Toaff Se il rabbino parla di pace ■ Un uomo dotato di quella ironia che viene dall'intelligenza e di quella tolleranza che non esclude l'indignazione». E' l'identikit di Elio Toaff, il rabbino capo di Roma che, primo nella storia, il 13 aprile 1986 ha accolto nella sinagoga romana Giovanni Paolo II, secondo Papa dopo Pietro che sia entrato a pregare in un tempio ebraico. La definizione di Toaff è esatta sia dal punto di vista psicologico e morale che da quello culturale e religioso. E lui stesso è in grado di giustificarla, concludendo la sua autobiografia dove racconta cinquantanni della propria vita •Perfidi giudei, fratelli maggiori» (Mondadori) con queste parole: -Sento che la mia esistenza non è stata sprecata, perché dalla famiglia ho ricevuto le gioie più vere e più intense, dagli ebrei in generale apprezzamento e affetto, e dal mondo non ebraico amicizia e stima». La lettura del suo libro induce a pensare che nello sperato caso di un accordo fra israeliani e palestinesi, Toaff, fra altri, sarebbe un autorevole e credibile mediatore fra le parti, ricco di ecumenismo concreto, di senso della storia, di sincera passione per la pace. Anche se, come ebreo e come rabbino, è difensore intransigente oggi della linea, difensiva e repressiva, degli israeliani in Cisgiordania; ma nel senso che egli esige dalla stampa e dalla tv tutte le eventuali prove a carico della violazione dei diritti umani dei palestinesi, e accusa i mass-media di avere fonti falsificanti, e devianti, di dare notizie non documentate. La sua intransigenza è onesta e comprensibile, ed è pienamente legittima, in caso di falsi negli organi di informazione, la sua ben nota indignazione. La sua onestà, la sua coraggiosa apertura al dialogo e alla collaborazione Toaff li di¬ mostrò durante le persecuzioni naziste e fasciste, e anche da ebreo dimostrò sempre la sua gratitudine e amicizia per i cristiani e i cattolici che lo aiutarono durante gli anni nazisti a mettersi in salvo con la sua famiglia. Toaff è stato, anche in questi ultimi mesi, più di una volta minacciato di morte; ha ragione a denunciare il nuovo antisemitismo montante anche in Italia. Al suo dialogo ebraicocristiano si deve se all'incontro di preghiera d'Assisi, il 27 ottobre 1986, toccò a lui pregare a nome degli ebrei. Dopo quella preghiera egli andò per primo incontro al gruppo dei rap presentanti dei musulmani: «Ci incontrammo a metà strada, e ci stringemmo la mano con calore e con sincera volontà di pace». La sua autobiogra fia è un testo, sempre vissuto pienamente, e fondamentale quale contributo adatto a far superare a tutti l'antisemitismo e ogni tipo di intolleranza. Rabbino carismatico, sostenitore della grande tradizione dell'ebraismo indigeno, ma attento sempre al suo necessario aggiorna mento profondo, Toaff ha superato le persecuzioni antisemite ed è sempre stato un fiero e fedele segno di riferimento per tutti. Toaff ha incontrato per tre volte un Papa. Il primo fu Giovanni XXIII. Di papa Roncalli, Toaff racconta: «Un sabato di primavera, passando per il Lungotevere, aveva visto gli ebrei che uscivano dal Tempio dopo la preghiera. Aveva fermato il corteo di macchine che lo accompagnava e aveva benedetto i fratelli ebrei, i quali, dopo un momento di comprensibile smarrimento, lo avevano circondato applaudendo entusiasticamente. Era la prima volta nella storia che un Papa benediceva gli ebrei, ed era forse quello il primo vero gèsto di riconciliazione». L'8 febbraio 1981, Toaff, nella canonica della parrocchia di San Carlo ai Catinari, ha il primo incontro con Papa Wojtyla, e nel rivolgergli il saluto lo invita ad unirsi a lui «nella lotta per i diritti umani e la libertà religiosa». Toaff scrive, a proposito della dichiarazione del Concilio sugli ebrei: «La Declaratio Nostra Aetate, del Vaticano U, fu un punto fermo e rivoluzionario nella storia dei rapporti fra cristiani ed ebrei». Già Papa Roncalli aveva cancellato dalle preghiere del Venerdì Santo l'odioso termine di .perfidi giudei»; Wojtyla, in sinagoga, quel giorno li ha chiamati «nostri fratelli maggiori». Toaff racconta lo smarrimento e la felicità di quell'incontro: «Il Papa venne verso di me a braccia aperte e mi abbracciò. E mentre lui si accingeva ad entrare nella sinagoga gremita a compiere quel gesto di riparazione che doveva ricomporre una frattura di secoli, io mi sentii schiacciare dal peso di tutto 11 dolore che il mio popolo aveva patito in duemila anni. Fui invaso dal turbamento. Che cosa significava quell'abbraccio?... Ma il volto sorridente del Papa mi tranquillizzò, e insieme entrammo nel Tempio». Nazareno Fabbretti

Luoghi citati: Assisi, Cisgiordania, Italia, Roma