Nella Parigi-Dakar la droga della morte di Cristiano Chiavegato

Nella Parigi-Dakar la droga della morte RAID Ieri la conclusione di una tragica prova con altri due spettatori (madre e figlia) uccisi da un'auto Nella Parigi-Dakar la droga della morte La Parigi-Dakar si è chiusa ieri nella capitale del Senegal, lasciandosi alle spalle una traccia di sangue ed anche di orrore. Sei morti divisi equamente e cinicamente, tre concorrenti e tre spettatori, due paralizzati a vita, una serie impressionante di feriti. Dopo il camionista Van Loevezyn, il copilota Canade il gendarme motociclista Huger, la bambina del Mail, il tragico bilancio di incidenti si è allargato nella notte di giovedì, quando la gara era ancora in Mauritania, in fase di trasferimento. Una vettura di una troupe cinematografica al seguito della corsa ha investito due persone: madre e figlia, decedute sul colpo. Dei 603 equipaggi che avevano preso il via il 1° gennaio meno di un terzo sono arrivati alla fine e di questi solo 33 motociclisti dei 196 partiti. E' vero, 11 rischio è una componente fissa nello sport dei motori, nella velocità, come ad esempio nell'alpinismo. Ma qui non si tratta di un pericolo congenito ma di incoscienza, di sprezzo calcolato della vita umana. Va bene ancora per chi accetta volontariamente la sfida ma non è giusto nei confronti di quella povera gente che, attirata dallo spettacolo inconsueto, viene travolta inesorabilmente e senza troppi rammarichi, come se si trattasse di animali selvaggi. La Parigi-Dakar è certamente una bella idea. E' nata con il fascino della vera avventura. Ma dopo dieci edizioni si è trasformata in violenza pura, interpretando in maniera perfetta alcuni film di fantascienza (ricordate Rollerball?) dove lo sport diventava, in un futuro neppure troppo lontano, occasione per sfogare Istinti assassini. La formula del raid. se vorrà continuare, dovrà cambiare abbastanza radicalmente, diventare più umana rispettare certe regole. Anche se, non stentiamo a crederlo, con tutta la pubblicità che si è fatta, saranno almeno mille coloro che vorranno prendervi parte l'anno prossimo. E visto che si è sul discorso, vogliamo lanciare anche un altro atto di accusa. Si parla tanto di doping, nell'atletica, nel calcio. Come fa una persona a percorrere 1000 km al giorno nel deser¬ to, fra enormi difficoltà? Ci sono testimonianze precise, c'è chi ha visto concorrenti (anche famosi) non mangiare quasi mal, vivere di sole pillole, come gli astronauti. C'è il sospetto, se non la certezza che la .droga» sia scorsa a fiumi lungo la Parigi-Dakar, dal doping leggero rappresentato dagli stimolanti, ad altre misture meno lecite. Sentite le parole di un camionista addetto alle assistenze: *Ho trascorso cinque giorni senza dormire prima di arrivare ad Agadez. Fortunatamente ci davano il nostro "biberon" ogni giorno, una miscela-doping che ci impediva di prendere sonno. Tenevamo, ma eravamo un po' ubriachi E poi si verificavano gli incidenti. Cristiano Chiavegato

Persone citate: Van Loevezyn

Luoghi citati: Agadez, Dakar, Mauritania, Parigi