Più poteri all'Antimafia di Ruggero Conteduca

Più poteri airAntimafia Agirà come la magistratura per affrontare l'emergenza Palermo Più poteri airAntimafia La commissione parlamentare potrà ordinare l'arresto di testimoni, infrangere il segreto bancario, d'ufficio e di Stato - Intesa fra tutti i partiti, oggi il voto al Senato ROMA — La commissione parlamentare Antimafia si trasforma da commissione di vigilanza in commissione d'inchiesta con poteri che sono propri della magistratura: il Senato modifica cosi la proposta della Camera, che dovrà quindi esaminare il ddl e approvarlo definitivamente. Gli assassina a Palermo dell'ex sindaco Insalaco e dell'agente Mondo hanno prodotto i primi efletti. Se non è proprio emergenza, è risveglio e le forze politiche che avevano perso tempo dall'inizio della legislatura ad oggi hanno deciso all'improvviso di voler fare sul serio. Alla nuova commissione verranno conferiti più ampi poteri come per esempio la facoltà di ordinare l'arresto di testimoni reticenti o che depongano il falso o si rendano irreperibili ad una richiesta di audizione. Si torna agli Anni Sessanta e alle mega-inchieste sulla mafia con una commissione alla quale, oggi, non si potrà più opporre nessun tipo di segreto: da quello bancario a quello di ufficio, al segreto di Stato. La pubblicità sarà massima: niente più sedute riservate, se non in panico lari casi suggeriti da esigen ze istruttorie. Tutto avverrà alla luce del sole.' La proposta è partita, con l'accordò di tutti 1 gruppi, nessuno escluso, dalla commissione Affari costituzionali del Senato che ieri ha approvato all'unanimità il provvedimento che decreta il salto di qualità della costituenda commissione Antimafia. Il documento sarà portato oggi all'esame dell'aula e nei prossimi giorni tornerà alla Camera dei deputati per l'approvazione definitiva dal momento che i senatori hanno introdotto significative variazioni. A Montecitorio, infatti, era già passato un disegno di legge che ripristinava la commissione Antimafia con la stessa struttura e i medesimi lini che essa aveva avuto nel corso delle ultime due legislature. Prevista dalla legge Rognoni-La Torre, istituita a poche settimane dall'agguato mafioso al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la commissione — presieduta prima dal senatore democristiano Nicola Lapenta e successivamente, nella scorsa legislatura, dal comunista Abdon Alinovi — aveva il compito di verificare se la Rognoni-La Torre, la legge cioè che consentiva ac¬ certamenti patrimoniali su persone e aziende In odore di mafia, veniva applicata nei giusti termini e se aveva bisogno di opportune modificazioni. Era insomma una commissione di vigilanza, con 11 compito di controllare e riferire al Parlamento. Quella proposta oggi, invece, ha caratteristiche analoghe a quelle «storiche» commissioni di indagine sul fenomeno mafioso degli Anni Sessanta e Settanta che produssero documenti a valanga, sui quali successivamente la magistratura innestò decine di istruttorie. La prima, insediata nel lontano 1962, fu presieduta dal senatore Pafundi; l'ultima, del 74. dal senatore Carraro. Rimane invece invariata la struttura: come quelle precedenti, anche la nuova commissione d'inchiesta sulla mafia sarà bicamerale e composta da venti senatori e venti deputati. I componenti verranno designati, rispettivamente, dai presidenti delle due Camere, Spadolini e Nilde lotti. Seguendo un criterio di rotazione è stato de ciso che questa volta la presidenza venga affidata ad un senatore. Sull'insediamento in tem pi brevi della nuova commissione, da più parti auspicata, da tutti invocata, non dovrebbero esserci, quindi, più problemi. Forse mai come in questa occasione i partiti si sono mostrati cosi compatti, andando addirittura al di là delle aspettative. D'altro canto la gravità dei fatti di Palermo rappresenta di per sé un caso eccezionale cosi come eccezionali furono quei momenti nei quali il Parlamento decise di varare altre due commissioni d'inchiesta: la prima conseguente alla funesta stagione del terrorismo culminato nel sequestro e nell'assassinio di Aldo Moro e l'altra suggerita dal clamore dèlio scandalo della loggia P2 di Licio Celli. Ma il pericolo, oggi, è che l'iniziativa parlamentare possa, più che in passato, creare conflitti o sovrapposizioni con le Inchieste giudiziarie condotte sugli stessi episodi dalla magistratura. 'E' un pericolo — dice il senatore Lapenta, uno degli ex presidenti di commissioni Antimafia — che si corre in teoria ma che dipende in buona parte dai comportamenti degli inquirenti diciamo cosi "politici". Tanto per fare un esempio, conosciamo tutti la diversa tenuta cui va incontro il segreto istruttorio negli ambienti giudiziari e in quelli politici. E certo la divulgazione di fatti, prove o indisi in momenti sbagliati non ha mai aiutato le inchieste giudiziarie. Ami*. Il rìschio ^;he si possa creare un enorme polverone, una confusione generale che possa alla fine giovare proprio alla mafia, viene paventato invece da alcuni settori della magistratura, specie da quelli impegnati giorno dopo giorno nella lotta alla piovra. «Se c'è una integrazione, una complementarità tra le due indagini, ben venga — osserva Vincenzo Geraci, uno dei giudici del pool antimafia ora componente del Csm — ma se non si fissano bene le regole si potrebbe arrivare a sovrapposizioni o a situazioni di concorrenza che potrebbero alimentare solo la confusione. Noi abbiamo sempre invocato la necessità di un fronte unico ed allargato nella lotta alla mafia ma ognuno dovrà attivare i propri canali al fine di quella cordata comune che è necessaria per comprendere un fenomeno cosi complesso e difficile da combattere come è quello mafioso*. Ruggero Conteduca

Luoghi citati: Palermo, Roma