Uno Shakespeare di favola dalla Sicilia alla Boemia

Uno Shakespeare di favola dalla Sicilia alla Boemia Il Gruppo della Rocca a Bergamo con «Racconto d'inverno» Uno Shakespeare di favola dalla Sicilia alla Boemia Eccellente il lato «scuro» della regia di De Monticelli, che ha inventato il personaggio del Tempo DAL NOSTRO INVIATO BERGAMO — Leonte, re di Sicilia, viene travolto dalla gelosia verso sua moglie Errinone e l'amico diletto Polissene, re di Boemia, suo ospite, tanto da ordinare ad un savio consigliere, Camillo, di ucciderlo e ad un altro cortigiano. Antigono, di sopprimere la figlioletta che Ermione ha appena dato alla luce... Vi ho riassunto le prime sequenze di .Racconto d'inverno di Shakespeare, capolavoro tardo e poco rappresentato, appartenente all'area dei romances o drammifavola, che il Gruppo della Rocca ha proposto giovedì sera alla critica nel bellissimo teatro Donizetti. gremito di un pubblico attento e partecipe, nonostante la durata complessiva di tre ore dell'allestimento. La regia di Guido De Monticelli ha privilegiato, giustamente, nel sostrato simbolico della vicenda la contrapposizione stagionale tra l'inverno, in cui la storia altamente improbabile prende avvio in Sicilia, e ia primavera, in cui essa conosce la sua svolta risolutiva, tra i pastori di Boemia (ma nella immaginaria geografia del te¬ sto le due nazioni sono contigue e ci si va per mare!). L'inverno come stagione adulta del nostro scontento, del nostro inatteso livore, della nostra incomprensibile intolleranza, talvolta del nostro odio verso gli altri, sino all'ideazione di oscure vendette per torti mai patiti; la primavera come stagione di una miracolosa rigenerazione, in cui i giovani indicano ai vecchi la strada della salvezza morale nella concordia, facendoli specchiare nel loro amore trepidante (là, tra i pastori, è cresciuta Per- dita, la figlioletta di Leonte ed Ermione, scampata all'eccidio, e ama riamata Florizel. figlio di Polissene...). Tutta la prima parte dello spettacolo (circa un'ora e mezzo), la parte chiamamola invernale, è stilisticamente perfetta, su una pedana lignea, semiinclinata, in mezzo ad alti rigonfi di neve, con un mare scuro sul fondo, separato da un sentiero impervio al di là di un sottile velario, la passione furiosa di Leonte (un eccellente Ireneo Petruzzi, molto duttile e vibrante), la mitezza eroica di Ermione (una tenera Gisella Bein), lo smarrimento dell'incolpevole Polissene (Giorgio Lanza. purtroppo gravemente infortunato), la saldezza morale di Camillo (il pacato Mario Mariani), la codardia di Antigono (Luigi Castejon), e soprattutto l'audacia libertaria e liberante di sua moglie Paolina (una autorevole Dorotea Aslanidis) s'incastrano l'una nell'altra con una limpidez za ammirevole, in una dia lettica stringente, da novella • nera» alla Bandello o alla Giraldi Cintio. Poi, mediata dal Tempo canuto e in bombetta (Oliviero Corbetta) che si trasci na dietro un figlioletto morto di Leonte. Mamillio (Stefania Felicloll: e questa è una bella invenzione del regista-adattatore), subentra la primavera comico-pastorale in Boemia. Questa ampia sezione del dramma è, nell'originale, un masque, una festa recitata e cantata di matrimonio precoce. E' la parte meno felice dello spettacolo: vi si ammira la verve istrionica di Bob Marchese (il brigante Autolieo), il candore dei clowns agresti (Lino Spataro e Giovanni Boni), l'ardore trepidante degli amanti in erba (la Perdita della Oneto e il Florizel del Cei. belli entrambi): ma vi si canta troppo, le voci dietro le maschere non sono comprensibili, le posizioni sceniche poco suggestive, il dialogo non è mai scintillante. Stupendo, di nuovo, l'epilogo in Sicilia (decisamente De Monticelli è un regista sombre e invernale): voglio dire, il ritorno alla vita della morta Ermione. una pagina mirabile per attonita sospensione e commozione intima. Anche per questo straordi nario finale gli applausi sono fioccati cosi caldi e fitti Guido Davico Bonino

Luoghi citati: Bergamo, Boemia, Sicilia