Ca' Pesaro, battaglie d'arte

Ca' Pesaro, battaglie d'arte VENEZIA: IN MOSTRA UN'AVVENTURA DEL PRIMO 900 Ca' Pesaro, battaglie d'arte Il celebre palazzo sul Canal Grande fu fervido crocevia di artisti - Tra echi di Francia, d'Austria e di Germania, le sfide di avanguardie non cubiste né futuriste - La preistoria veneziana di Modigliani - D Boccioni non sovversivo - La fase selvaggia della scultura di Martini - Uno spettacolo prezioso, ma anche drammatico VENEZIA — Quando, con il necessario distacco di tempo storico, gli studi artistici italiani presero ad approfondire le forme e le radici nazionali dell'arte del nostro secolo venne in luce, accanto alla rivoluzione futurista e al primordi della 'metafisica- dechirichiana, l'importanza di due centri d'irradiazione e di polemica giovanile e di sguardi, sia pure parziali, al di fuori dei ristretti e attardati confini della tradizione ottocentesca: a Venezia dal 1908 le mostre della Fondazione Bevilacqua La Mas a a Ca' Pesaro, a Roma dal 1913 quelle intemazionali della 'Secessione romana' al Palazzo delle Esposizioni, fra loro collegate per affinità culturale e per presenze fondamentali, Arturo Martini e Gino Rossi, Casorati e Moggioli, Zecchin. Le seconde hanno avuto la loro ottima e ricca illustrazione a Roma, a Palazzo Venezia, l'estate scorsa. Alle prime è dedicata, fino al 28 febbraio, all'ala Napoleonica e Museo Correr, una rassegna di alto livello. Sulla base di una fitta e preziosa rete di studi e di contributi di numerosi studiosi di più generazioni (catalogo Mazzotta), alza il sipario su un fascinoso spettacolo, ora prezioso e ora drammatico. Ca' Pesaro, fra 1908 e 1920, fu creatura, certo composita, ma battagliera di Nino Barbantini, in difficile ma ferma coabitazione locale .giovanile- e avveniristica — almeno in alcune figure di punta, da Boccioni prefuturista a Ugo Valeri, da Rossi e Martini a Garbari e Moggioli — con l'ufficialità della Biennale, a cui contese anche il già spiccato successo di critico di Casorati, poi di Cavaglieli, mentre si aggiunse nel primo dopoguerra l'arte di Semeghini. Nella realtà le sale di Ca' Pesaro ospitavano, specie nei primi anni, gran copia di minori tradizionalisti e dilettanti locali. Sta di fatto però che Barbantinl, istituzionalmente subordinato alla gran macchina ufficiale della Biennale e al suo patron Fradeletto, giocò tutte le sue carte battagliere sul reperi mento personale e sul sostegno e la sfida, con nutriti gruppi di opere, appunto di quegli artisti (alcuni, purtroppo, vere meteore, come Valeri, già scomparso nel 1911, come Moggioli, nel 1919) che aprirono multiformi strade italiane della prima metà del secolo; e che per noi, oggi, e giustamente, rappresentano il vero, ricco e diramato volto di quei fervidi anni veneziani. Alchimie Alcuni titoli di gloria sono solo ai margini di quel volto: è il caso della preistoria veneziana di Modigliani nel 1903-6, qui rappresentato dal prezioso scambio di ritratti a pastello nel 1905 con Fabio Màuroriefe daun'emblematica Testa di ragazza del 1915 già appartenuta a Paul Guillaume. In altri casi, abbiamo il puro, rinnovato godimento dell'alta qualità pittorica di scelte propiziate dall'approfondimento di studi negli ultimi decenni ma che evidenziano una sorta di eccezionalità culturale-linguistica rispetto al contesto di fondo. Ciò è particolarmente evidente nelle prime due sale ■A dedicate a Boccioni 19051910, con il fior fiore della bella mostra veronese di un anno fa e la logica prevalenza di opere certamente o presumibilmente esposte a quella 'personale' nella mostra d'estate di Ca' Pesaro nel 1910, che notoriamente deluse chi si aspettava la sovversione pittorica proclamata (ma ancora solo 'pensata') nei manifesti futuristi dei mesi precedenti: solo la successiva Città che sale/Lavoro avrebbe evidenziato con la preannunciata violenza esplosiva del colore e del simbolo lo 'Stato d'animo* già presente nelle pullulanti luci divisioniste delle due vedute di periferia industriale, Mattino e Crepuscolo. Appare in altro modo eccezionale, in maniera più composita e sottile, anche la sala dedicata al denso, goduto costruire per colore espressionistico del rovighese Mario Cavaglieli, presente in forza in quello stesso 1910 e nel 1911: le sue alchimie, uniche in Italia Isalvo forse qualche sotterranea tangenza con altrettanto composite sperimentazioni di Casorati negli stessi anni), fra la Parigi di Vuillard e della Valadon e gli echi di Munch in Germania — che mi sembrano palmari nella Marquise Thaon de Revel del 1919 —, erano certo più di casa nella Roma 'Secessionista' che non a Venezia. Nel clima di fondo dei protagonisti tipici di Ca' Pesaro, gli echi di Francia ima invero Bretagna della tradizione di Pont-Aven). di Germania (ma invero di Monaco) e di Austria-Vienna assumono particolari e inedite conformazioni, fra espressione e decorazione, con sfuggenti trasmigrazioni fra culture e modem, fra lirismi letterari e vocazioni di 'arte totale' in pittura, scultura e arti di preziosa decorazione. Al di qua (ma anche al di là) delle rotture radicali che corrono da Parigi a Milano, da Dresda alla Monaco del 'Cavaliere Azzurro', l'eletta moda monacense di Ugo Valeri, ma psicologicamente inquieta e inquietante (più Scholle e Phalanx che non Jugendstil/, l'esperienza bretone nel 1909 di Gino Rossi, da poco certificata, assumono nell'approdo veneziano contorni peculiari, si compongono in tasselli di un mosaico 'Veneto-italianO' che darà frutti diversi ma non ritardatari rispetto all'asse cubismo-fu turismo. Se echi ed esperienze mo¬ nacensi — alquanto diverse da quelli viennesi nel comune spirito modernista — apparentano a Valeri Teodoro Wolf Ferrari in grafica decorativa, in vetrate, in dipinti, il gauguiniano segno cloisonné che nello stesso tempo determina e modella gli impasti rossi, ocra, gialli, azzurri di Gino Rossi avrà altrettanta e originale eco sia nei morbidi e aciduli -sogni di paesaggio- di Garbali sia nel feroce, drammatico graffitismo a due dimensioni tormentante gessi, terrecotte, ceramografie, con cui Martini lancia la sua sfida alternativa alla sculLura futurista di Boccioni e di Melli. Colpo d'ala Accanto a presenze, sempre affascinanti ma più volte pubblicate negli ultimi decenni, come quelle dello stesso Rossi e di Casorati, è in questi intrecci meno noti e più 'interni- che la mostra addirittura abbonda in autentiche rivelazioni: nel precoce 'primitivismo, di Garbati; nella completezza della fase originaria e selvaggia di Martini, compreso ZTJomo spesse volte incontrato già della Sarfatti, mai più visto fino all'approdo nel 1971 nel Museo di Ca' Pesaro; nella varietà di sperimentazioni espressioniste tedesco-francesi di Ubaldo Oppi, fino agli echi di Derain nelle Donne al caffè e nelle Sorelle. E altrettanto rivelatore è l'intreccio assai stretto, tipico di Ca' Pesaro, con i grandi filoni di arti decorative, viennese in Zecchin, più tedesco in Martinuzzi — altra piena rivelazione della mostra — e negft stupendi vasi in terraglia smallata di Martini del 1910-11. La grande stagione si chiude nettamente nell'immediato dopoguerra, 1919-20, ma con un colpo d'ala verso il futuro. L'ultima sala è tale da reggere qualsiasi paragone europeo, con, fronte a fronte, la triade di Martini, Amica del cipresso, Fanciulla verso sera, Busto di ragazza, la triade di Casorati, L'attesa, Anna Maria De Lisi, Interno e la Testa di fanciulla cuboespressionlsta di Rossi. Marco Rosei Amedeo Modigliani: «Testa di ragazza con capelli sciolti» (1915). A destra, Arturo Martini: «L'amica del cipresso» (1919, gesso)