Arte senzatetto

Arte senzatetto NELLA SFIDA TRA MOSTRE E MUSEI Arte senzatetto Nel più recente numero (180) del mensile Arte, edito da Giorgio Mondadori, si leggono alcuni dati relativi alle Mostre, molto numerose, che si svolsero in Italia nel corso dell'anno 1986: i visitatori sono stati circa 23 milioni e mezzo mentre gli incassi hanno superato i 101 miliardi. Sono cifre che fanno riflettere, soprattutto su un punto: che cioè l'interesse per le arti figurative è diventato un fenomeno di massa, non più ristretto a pochi eletti e a pochi conoscitori. Beninteso, non rutti coloro che hanno affollato le manifestazioni dedicate all'archeologia, all'arte antica o moderna, alle tradizioni popolari sono stati sollecitati da reali interessi di cultura o hanno tratto qualche beneficio da statue, quadri o reperti esposti nelle varie sedi; anche ammettendo che i visitatori coscienti siano stati una semplice frazione, resta ugualmente l'enorme divario tra la situazione quale viene indicata da quelle cifre e ciò che accadeva un tempo, ad esempio verso il 1950. L'aumento del reddito prò capite porta con sé il tempo libero, che a sua volta spinge anche, sebbene non sempre, verso interessi culturali; che poi questi, a loro volta, si esauriscano spesso in affrettati passatempi visivi, non importa, perché la generazione futura, già immessa su quella strada, sarà sorretta dall'attenta e sorvegliata curiosità dei veri fruitori dei testi figurativi. Sappiamo bene che i lettori di Grand-Hotel di quarantanni fa (sovente usciti da famiglie dove l'analfabetismo tra normale) sono i padri di quei giovani che oggi acquistano i volumi (e spesso tra i più qualificati) degli Oscar, della B.U.R., o di altre collane non sempre a buon mercato. La straordinaria frequentazione -4fc!Ìe Mostre pone; e subito, una domanda: come mai, a confronto con un tale successo, i Musei italiani continuano a restare deserti? Non parlo di quegli Istituti che, inseriti negli elenchi a uso turistico, si sono trasformati in orridi formicai di visitatori affrettati e sospinti come greggi (con gtave rischio, spesso, della stessa incolumità e sopravvivenza delle opere d'arte). Non è dunque una domanda che riguarda gli Uffizi o i Musei Vaticani, bensì la maggior parte delle raccolte pubbliche nelle quali il visitatore nostrano è raro, come assai spesso sono scarsi i custodi o i gradi della temperatura ambientale. Una ptima risposta può yenire dalla pressoché totale assenza, nelle scuole italiane, di un autentico insegnamento di ciò che è lettura e fruizione del fatto artistico: le poche ore dedicate alla Storia dell'Arte si basano su dati nozionistici e mnemonici, come se il conoscere la data della morte di Sandro Botticelli comportasse anche la capacità di leggerne le opere e di comprenderne il significato (basta, a questo proposito, scorrere i testi adottati dagli Istituti scolastici, che paion fatti apposta per respingere i giovani). Sommamente negativa, e da vietare, è poi l'abitudine di far visitare Musei e Gallerie a scolaresche di bambini e ragazzi, che, nel migliore dei cosi, si limitano ad astenersi dallo sfregiare le opere esposte, arrampicandosi sulle sculture, graffiando i quadri con le penne-biro, senza con ciò percepire qualcosa. '.. A parte rutto ciò, e non è poco, la differenza tra l'entusiasmo che suscitano le Mostre (divenute oggi in Italia un vero e proprio fatto sodale) e l'indifferenza di cui sono oggetto i Musei (anche se gremiti di pezzi di eccezione) va individuata nella profonda diversità costituzionale tra Musei e Mostre. Queste sono quasi sempre a carattere monografico, dedicate a un oggetto, ad un artista o a una scuola, sono provviste di catalogo critico, sono spesso fornite di una équipe di guide qualificate, talvolta di autentici e validissimi conferenzieri, per cui al visitare le sale resta, anche in chi di arti figurative non si è mai occu- pzqrddfmpdccsccqpmrc pato, il segno di un'esperienza solida, coerente, densa, alla quale più tardi si può tornare rileggendo il catalogo o il depliant. Nati, invece, come Musei di corte, eredi delle antiche e favolose Wunderkammer, o molto spesso frutto delle soppressioni di Enti religiosi o della demolizione di chiese e conventi, i npstri grandi concentramenti di opere d'arte sono quasi sempre privi di cataloghi critici a buon mercato (ammesso che esistano quelli ad alto costo), sono privi di illustratori e commentatori, risentono del carattere raccogliticcio (o di aristocratiche scelte) secondo cui vennero formati, vengono allestiti con criteri espositivi quasi sempre antiquati: sembrano fatti apposta per allontanare chi non è uno specialista della storia dell'arte, o per fargli compiere il giro delle sale senza apprendere nulla, salvo la dovuta sosta ammirata davanti al «capolavoro». Ben si comprende quindi come i Musei italiani siano in crisi, e, come si legge nel numero di novembre di Archeologia, sono del tutto infondate le ottimistiche dichiarazioni del ministero Beni Culturali, basate sull'aumento da 8,7 a 14 miliardi, aumento dovuto dall'accresciuto prezzo del biglietto di ingresso, stabilito dal Consiglio; cjer ministri alla fine dcll'85. La situazione potrebbe cambiare se i Musei fossero provvisti di una valida équipe di conferenzieri e illustratori qualificati, se venissero allestite regolarmente Mostre tematiche o monografiche con le opere appartenenti ai singoli Istituti (anche traendole dai ricchissimi depositi); ma su questa linea poco viene intrapreso, anche se il clamoroso successo che sortirono la Mostra delle opere di Raffael¬ 10 appartenenti alle Gallerie di Firenze, quella di Andrea del Sarto, e altre minori ideate e realizzate dalla Soprintendenza fiorentina parla chiaro in proposito. Non c'è Museo o Galleria che non potrebbe allestire piccole o grandi rassegne, corredate di cataloghi aitici, con visite condotte, e provviste di materiale illustrativo e di studio a buon mercato. Tuttavia, il fatto grave nel rapporto tra Mostre e Musei è un altro; ed è la totale carenza degli spazi espositivi, carenza che, come al solito, le menti burocratiche ignorano, rimediandovi a danno dei Musei stessi, che vengono smantellati per ospitare Mostre temporanee. I casi più macroscopici sono quelli di Roma e di Milano. A Roma, 11 grande Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale continua ad essere chiuso: la sua riapertura, annunciata da anni e anni, viene, chissà perché, rimandata a data imprevedibile. Allo stesso tempo, Mostre temporanee (molto spesso di livello ignobile, vetgognoso) sono allestite nei saloni del Museo di Palazzo Venezia, dal quale sono state sfrattate raccolte eccezionali, tipo l'Armeria Odescalchi. A Milano, il problema degli spazi per le Mostre è intrecciato all'assenza di un'adeguata sede per conferenze, feste e banchetti ufficiali. Cosi, da un lato il Comune utilizza, in modo improprio, il Museo del Castello o la Galleria d'Arte Moderna; dall'altro, una sede splendida per la rappresentanza, come è il Palazzo Reale, viene adoperata per le Mostre, dopo averne allontanato il meraviglioso arredo «Impero» che, salvatosi al completo o quasi dalle bombe, è oggi disperso tra uffici, Museo della Scienza, Urbino e, mi dicono, persino Taranto. Sarà bene tornare altra volta su questo inammissibile caso del Palazzo Reale di Milano; per ora basta sottolineare che non mancano luoghi o edifici, nell'area della città, dove adattare (se non costruire ex novo) una sede espositiva degna di Milano. Sento dire che in questo senso si sarebbe espresso l'on. Bettino Craxi; speriamo che sia vero e che egli riesca a realizzare il suo progetto, restiruendo il Palazzo Reale al suo splendore. Federico Zeri Milano. Palazzo Reale

Persone citate: Bettino Craxi, Federico Zeri, Giorgio Mondadori, Odescalchi, Sandro Botticelli