Tokyo, il miracolo fa il bis di Fernando Mezzetti

Tokyo, il miracolo fa il bis L'economista Tsutomo Tanaka spiega il secondo boom economico giapponése Tokyo, il miracolo fa il bis Lo yen ha raddoppiatoli valore sul dollaro senza strangolare le esportazioni • «L'emergenza vinta grazie a decentramenti produttivi, decisioni-lampo e mobilità in fabbrica» • Il contributo statale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Con un personaggio che lo ha seguito da vicino, parliamo del secondo miracolo giapponese: 11 superamento della crisi costituita dal raddoppio, in poco pili di due anni, del valore dello yen sul dollaro, la smentita a tutte le previsioni' secondo le quali l'economia tutta tesa sull'export sarebbe stata messa in ginocchio dalla caduta del potere d'acquisto della moneta Usa, col mode in Japan sempre più caro. Il professpr Tsutomo Tanaka è 11 numero due dell'Agenzia statale di pianificazione. Per restare volutamente di basso profilo essa non si chiama ministero ma ne ha tutte le caratteristiche e forse maggior potenza anche se non codificata. Chi ne è a capo è comunque un politico, attualmente Eiichlckl Nakao, con la qualifica di ministro di Stato, a tutti gli effetti membro del Gabinetto. Sono partite da questa Agenzia le indicazioni e le strategie per fronteggiare la nuova situazione e trasformare uno Statò di emergenza in una visione di lungo periodo uscendone rafforza' te: tasso di crescita reale del 3,7 per cento nel 1987, superiore al previsto 3,5 e cauta previsione di un altro stupefacente 3,8 per l'anno prassi' mo. In un Paese come questo, di libero mercato e di libera iniziativa, la pianificazione dovrebbe contare poco o nulla, al contrario di altri Paesi, tipo Unione Sovietica, dove, contando molto, 11 porta alla rovina. Tuttavia essa ha un suo ruolo anche qui, per il principio non scritto ma fondamentale su cui si regge la società giapponese: quello del consenso, specialmente nel processo di fór mazione delle decisioni. «La nostra — spiega il professor Tanaka — è una pianificazione indicativa, non imperativa. Non abbiamo, e neanche vorremmo stru menti per rendere operative le nostre indicazioni. Ci limitiamo a delineare un coerente quadro macroeconomico, all'interno del quale governo, imprese e sindacati si troveranno ad agire tenendo conto delle varianti e degli obiettivi comuni che ci si propone». Di fatto è nel patto di si' stema nel quale le forze economiche, politiche e sociali si riconoscono, la forza di questa pianificazione non imperativa, accresciuta dalla stretta integrazione e coordinamento tra mondo politico e mondo economico. Alla base, un confuciano concetto di armonia della società nel suo insieme e felina prontezza nel reagire a tutto ciò che questa armonia possa turbare. Cinquantun anni, lo sguardo ironico guizzante di intelligenza, cerimoniosità nipponica ridotta al minimo, Tanaka è nella realtà uno del personaggi più Importanti di questa Agenzia di pianificazione che Insieme col mitico Miti, ministero dell'Industria e del Commer- ciò internazionale, coordina tutto il sistema Giappone, o se si preferisce la Giappone s.p.a. Sul suo tavolo ci sono giorno per giorno gli indicatori dell'andamento del sistema. E" stato luì. alcune settimane fa, a presentare alla stampa internazionale il bilancio dello Stato con gli stupefacenti risultati economici globali e le rosee prospettive per il 1988: nero su bianco quello che il mese prima aveva mandato in bestia il segretario di Stato americano al Commercio, Veity, in visita a Tokyo: malgrado il rialzo dello yen, i giapponesi continuano a dominare i mercati. Qui più che altrove i ministri passano ma la burocrazia resta. Sarebbe tuttavia fargli un torto parlare di Tanaka come di un burocrate, per il senso deteriore che il termine ha in sé. L'uomo suscita Immediata simpatia per li suo fare sornione; lo studioso, ammirazione per la sua conoscenza dell'Europa in un Paese in cui il punto costante di riferimento è l'America. Dopo la laurea a Tokyo, si è formato alla scuola macroeconomica olandese, ha lavorato a lungo all'Ocse a Parigi. "— Professore', come' ha fatto il sistema economico giapponese non solo a resistere alla crisi che tutti prevedevano ma addirittura a rafforzarsi? •Ci sono state diverse ragioni. I fattori più importanti sono: la pronta e vigorosa reazione delle imprese all'apprezzamento della nostra moneta; razionalizzazione della produzione, razionalizzazione dell'uso della mano d'opera, modernizza- zione delle imprese in generale. Inoltre: investimenti all'estero, spostamento di unità produttive In altri Paesi». — Vuol dire che vi slete salvati facendo investimenti altrove? •Bisogna distinguere. I nostri sono stati investimenti proprio per tenere in piedi in primo luogo la nostra eco- nomia, non solo per rivitalizzare quelle altrui. Se ne sono avuti di due tipi: uno sui mercati, cioè nei luoghi stessi di vendita. Tipici in questo senso gli investimenti fatti da molte compagnie negli Stati Unitir'Per superare l'abbassamento del dollaro non avevano altra scelta se non andare a produrre direttamente in America. L'altro tipo di investimenti lo si è avuto nei Paesi in cui la forza lavoro è abbondante e a minor costo: cioè i Paesi in via di sviluppo». «Da aprile a settembre 1987, complessivamente 1 nostri Investimenti all'estero sono aumentati del 70 per cento rispetto all'anno precedente. Ciò illustra quanto le compagnie giapponesi abbiano saputo muoversi. Tutto questo ha portato a un fenomeno addirittura nuovo: cioè la reimportazione di prodotti fatti in altri Paesi. E' un'inversione del procèsso che si era fino ad allora svolto. Un altro fattore è stato costituito dalla rapi- dita con cui le imprese hanno saputo diversificare la loro presenza nei vari settori. In molti casi esse si sono avventurate in nuovi business. Per esempio la Nippon Steel, che ha avuto Un periodo di grave crisi, ha saputo ristrutturarsi, entrare in nuovi settori e adesso pianifica di raddoppiare le sue vendite entro il 1995. Secondo le proiezioni, 1 suoi prodotti tradizionali, ferro e acciaio, costituiranno soltanto il 50 per cento del suo volume di affari entro il 1995. Essa si è lanciata soprattutto nel business del futuro, high-tech ed elettronica. C'è molto dinamismo ovunque». — E* stato soltanto tatto questo, cioè abiliti del management giapponese, o si sono avuti altri elementi che hanno dato una mano?' •Ci sono stati fattori macroeconomici, naturalmente, soprattutto la crescita della domanda interna. Lo spostamento verso un rialzo in questo campo è stato dato da due fattori: lo yen e le misure politiche». — Si spieghi meglio. •Con la crescita dello yen si è alzato anche il potere reale di acquisto del nostro reddito. Possiamo vendere a prezzi più alti ma possiamo anche comprare a meno. Cosi i consumi sono stimolati e ciò si riflette beneficamente sul mercato interno. Quanto alle misure politiche essa è stata essenzialmente una: nel maggio del 1987 11 governo ha introdotto dei provvedimenti economici di emergenza grazie ai quali la domanda interna è salita di 6 trilioni di yen, 60 mila miliardi di lire. Ciò corrisponde al 2 per cento del prodotto nazionale lordo. Cinque parti di questa grande somma sono state costituite da imponenti lavori pubblici; il resto s'è risolto in una riduzione di tasse. Cè poi stato uno strumento finanziario come la riduzione del tasso di sconto al 2,5 per cento, che è il più basso nel dopoguerra nel nostro Paese e nel- mondo. Soltanto recentemente la Germania Occidentale lo ha abbassato». . «Strumenti finanziari e misure politiche hanno contribuito alla crescita della domanda interna e le imprese hanno potuto sviluppare la loro produzione non più concentrandosi esclusivamente sull'export ma anche sul mercato giapponese. Buona parte dei grandi profitti con cui si è chiusa l'attività della maggioranza delle società è dovuta proprio al mercato interno». — E non vogliamo accreditare nulla alla società nel suo complesso? «Certamente. Il fattore più importante che ha permesso di superare la crisi è stato l'ambiente economico e sociale. Tutto ciò che è stato fatto non sarebbe stato possibile se non si fosse in una società come questa. Quando dico ambiente economico e sociale intendo dire mobilità del lavoro soprattutto. Essa è qui molto alta. Quando vogliono diversificare la produzione o lanciarsi in nuovi settori le imprese non hanno problemi nello spostare mano d'opera dalle aree tradizionali a quelle in espansione. Esse trovano facilmente la necessaria forza lavoro per i nuovi campi all'interno della compagnia stessa o all'Interno della "famiglia dell'impresa", cioè in tutte le aziende collegate.. «Qui non è un problema spostare forza lavoro dai settori In declino a quelli in espansione. E' questo che permette l'agilità con cui tutto il settore produttivo può rispondere a situazioni di emergenza. Tutto ciò illustra come in sostanza, prescindendo da noi Agenzia di pianificazione, siano state le forze del mercato a lavorare all'interno del sistema economico per il superamento della crisi nell'interesse di tutti». ■Imprese, famiglie, operai, rispondono con rapidità e prontezza al cambiamenti imposti da situazioni di crisi. Non c'è altra via. Noi come Agenzia abbiamo agito come catalizzatore nell'elaborare le misure decise dal governo. Ma è stato il sistema nel suo complesso e il gioco autonomo delle forze del mercato che hanno permesso di raggiungere questi risultati». Fernando Mezzetti Tokyo. Alla vigilia delle festività natalizie un passante osserva da intenditore un salmone affumicato; la crescita dello yen ha stimolato I consumi interni (Ap)

Persone citate: Commer, Nakao, Tanaka, Tsutomo Tanaka