Hopkins trattato con pochi riguardi
Hopkins trattato con pochi riguardi Lo sceneggiato «Un uomo sposato» su Raiuno a cavallo di mezzanotte Hopkins trattato con pochi riguardi Capita spesso: le cose valide, interessanti, intriganti vengono nascoste. Ecco stasera Un uomo sposato, sceneggiato inglese in quattro puntate che sta subendo da Raiuno un trattamento poco riguardoso, comunque non degno della sua qualità. Lo sceneggiato — di cui sabato scorso abbiamo visto la prima e la seconda parte (stasera la terza e l'ultima) — porta la firma di un regista di nome ma molto discusso, quel Charles Jarrot che ha realizzato un remake di Orizzonte perduto e Anna dei mille giorni, due film su cui la critica ha avuto da ridire per le difficoltà di equilibrio fra l'interiorità delle vicende e la necessità di grosso spettacolo. Ma qui Jarrot fui giocato su un terreno che forse il cinema non gli aveva mai consentito: quello del -privato», dei rapporti coniugali e interpersonali, dell'angoscia esistenziale. E' in sostanza il ritratto di un avvocato inglese di quarantanni che cade in una crisi profonda: si trova a disagio sul lavoro in cui si comporta in modo persino scorretto, detesta la casa, la moglie, le vacarne familiari, e gli amici ricchi borghesi conservatori. Sente un'irrequietudine amara, un'insoddisfazione desolata e pungente anche verso se stesso, e cerca •qualcosa»: si incapriccia — ma è una squallida avventura'— di una ragazzetta, e poi tenta di darsi alla politica e abbraccia sema convinzione la causa dei progressisti; infim si fa irretire dall'ambigua figlia di un noto banchiere la quale si compiace di contatti con la malavita... Stasera i suoi tormenti psicologici avranno una brusca, drammatica svolta: l'avvocato si troverà donanti ad un delitto in famiglia che gli rivela una realtà sconvolgente; e l'intimità della storia si tinge di giallo. E' uno sceneggiato condotto per ora — e dovrebbe esserlo sino in fondo — con finezza e attenzione ai particolari, e con un sostenuto ritmo interno ben incentrato sui personaggi e sull'atmosfera. Notevole e apprezzabile, e insolito perché nella stragrande maggiorama dei casi lo sceneggiato corrente, in tutti i Paesi del mondo, punta sugli intrighi clamorosi e melodrammatici o addirittura fumettistici. Ma Raiuno gli ha concesso limitata fiducia e lo ha collocato di sera molto tarda con le due puntate che stanno a ca vallo di mezzanotte, e chiusura, tenuto conto dei croni ci ritardi, tra luna e le due. Protagonista, assai penetrante e intenso, è Anthony Hopkins che punteggia il racconto con meditazioni su La morte di Ival Ilic di Tolstoj. Bravo attore, ma con preoccupanti vuoti di memoria. Nel Radiocorriere dell'altra settimana ha dichiarato testualmente: «Mi ha portato fortuna l'Italia. Fino a quando non sono diventato Mussolini nel film "lo e 11 duce" di Negrin nessuno mi conosceva-. Ma nel film Io e il duce Anthony Hopkins non era Mussolini che aveva le orecchie a sventola e le guance mal rasate di Bob Hoskins. Lui, Hopkins, era Ciano, ed era forse l'interprete migliore. Non se lo ri corda più? u. bz,
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