Da un miliardo regalato la scalata dei Canavesio di Susanna Marzolla

Patenti facili, 123 a giudizio Conclusa Istnittoria a Milano: ventidue quintali di carte Patenti facili, 123 a giudizio Più di ottocento persone hanno confessato di avere pagato per il documento - Scambi di accuse tra funzionari della Motorizzazione civile e titolari delle autoscuole MILANO — Distribuiti in varie stanze del palazzo di giustizia di Milano ci sono qualcosa come 22 quintali di carte, racchiuse in 240 volumi: è l'intero materiale raccolto per l'inchiesta sulle «patenti facili». Tutto questo materiale, frutto di oltre un anno di indagini, è adesso •sintetizzato» in 616 pagine: il rinvio a giudizio firmato dal sostituto procuratore Antonio Di Pietro a conclusione di un'istruttoria. Rispettando il termine di 40 giorni stabilito per legge, il magistrato è riuscito a portare in giudizio le oltre 100 persone arrestate nella notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre scorsi. 'Tutto il materiale istruttorio era stato raccolto prima — spiega il magistrato —. Dagli arresti in poi ci sono stati solo interrogatori'. Che da soli, comunque, formano sostanziosi volumi. Furono infatti 102 le persone arrestate in quella notte, a cui se ne aggiunsero altre otto nei giorni successivi. Compresi quelli che non sono mai stati arrestati, gli imputati sono in tutto 123 e si possono dividere in tre gruppi. Nel primo figurano 1 dipendenti dell'ufficio della Motorizzazione Civile di Milano: sono 64 (di un altro, arrestato, la posizione è stata stralciata) e per loro l'accusa è associazione a delinquere, corruzione e concussione. In pratica sul banco degli imputati ci sarà l'intero ufficio: i funzionari erano infatti 71. 65 sono finiti in carcere e altri tre hanno ricevuto una comunicazione giudiziaria. Dall'inchiesta ne escono «puliti» solo tre («A questi — osservano Ironicamente a palazzo di Giustizia — bisognerebbe proprio dare la medaglia»). n secondo gruppo di imputati comprende una trentina di titolari di autoscuole milanesi e una ventina di «faccendieri» di altre province, quelli cioè che avevano il compito di mettere in contatto gli aspiranti alle patenti con le scuole guida in grado di farle ottenere «facilmente». Per tutti loro le accuse sono associazione a delinquere, corruzione e falso in atto pubblico. Del solo falso dovrà invece risponde¬ re l'ultimo gruppo di rinviati a giudizio: quella decina di funzionari comunali, medici e notai che dovevano fornire i documenti a «copertura legale» dell'intera operazione. L'inchiesta era cominciata nell'ottobre dell'86 «e allora — ricorda Di Pietro — non mi ero mai messo davanti a un computer: Invece ha dovuto imparare a usarlo, e in fretta, per condurre in porto un'inchiesta che altrimenti sarebbe annegata nel mare dei controlli e delle ricerche d'archivio. Adesso, con l'Olive tti che ha studiato un programma ad hoc, chiamato | Perseo, 11 magistrato pensa addirittura ad un processo elettronico: videoterminali a disposizione di difesa, accusa e corte in grado di accedere in tempo reale al materiale racchiuso in trenta dischetti. Se avveniristico potrebbe essere il processo, «classico» è invece 11 sistema della corruzione: la bustarella ai funzionari, che avevano anche fissato un tariffario. Per le patenti A, B, C venivano chieste, per ciascun candidato. 70 mila lire agli esami di teoria e 50 mila a quelli di pratica. Per le patenti di grado superiore, 150 mila lire «tutto compreso». Ai candi- dati però la patente costava molto di più: dal mezzo milione a 2 milioni di lire, il prezzo variava infatti secondo le esosità degli intermediari. Dopo anni di bustarelle i funzionari avevano abbandonato la prudenza e, convinti dell'impunità, si sono fatti pagare fino alla vigilia dell'arresto. «JVon possono mica metterci tutti in galera', era il ragionamento. Invece è stato proprio cosi e dietro le sbarre molti hanno cominciato a confessare, raccontando in sostanza: «Si, è vero, prendevamo i soldi ma erano le scuole guida che ce li mettevano in tasca a forza'. Ribattono gli imputati titolari di autoscuola: -Pagavamo, ma era l'unico modo perché i nostri candidati fossero promossi'. E visto che bisognava pagare — è poi il loro ragionamento — tanto valeva non prepararli, farli promuovere a decine in un colpo solo. Cosi c'erano scuole guida che agli esami ne portavano più di mille. E i candidati? Più di 800 hanno confessato di aver «conquistato» la patente pagando. E sono stati i loro interrogatori il primo punto d'appoggio dell'inchiesta, il primo varco nel muro dell'omertà che circondava la Motorizzazione Civile milanese. Ma per arrivare a capire quali potessero essere le patenti «facili» tra le 643 mila rilasciate a Milano nel periodo 1980-86. c'è stato un lavoro di scrematura dei dati possibile solo con il compu- ter' Susanna Marzolla

Persone citate: Antonio Di Pietro, Di Pietro, Perseo

Luoghi citati: Milano