MILLE E UNA NOTTE

MILLE E UNA NOTTE MILLE E UNA NOTTE PIÙ' di quarant'anni sono passati da quando un gruppo di nostri arabisti, coordinati dal sottoscrìtto, pubblicò presso Einaudi la prima versione italiana, integrale e diretta dall'originale arabo, delle Mille e una notte. Da allora, la celebre raccolta novellistica è stata oggetto di importanti nuovi studi, come The art of story-telling di Mia Gerhardt (Leida 1963), e più di recente l'edizione del più antico manoscritto databile dell'originale, ad opera di Muhsin Madhi, con uno studio fondamentale sulla formazione della cosiddetta Vulgata egiziana delle Notti (sulla quale anche noi avevamo compiuto la nostra traduzione, ma da cui può risalirsi ora a una redazione anteriore). L'ultima novità in argomento (ultima per noi italiani) è una nuova traduzione, su cui per onor di firma vogliamo dir qui qualche parola. Compresa nella serie dei Classici Rizzoli (pp. 1584, L. 120.000), essa si presenta nel titolo come Le Mille e una notte. Testo stabilito sui manoscritti originali del XIII secolo, da René R. Khawam»; ma è subito chiaro che non si tratta qui del testo arabo, bensì della traduzione italiana da una traduzione francese di un testo delle Notti, a nostra conoscenza, mai pubblicato. Il nuovo traduttore francese, emulo di Galland e Mardrus, ha il nome franco-arabo di René Khawam, e, confessiamo la nostra ignoranza, non ci era finora noto nella nomenclatura dell'arabistica d'Oltralpe; ma delle Mille e una notte egli si è occupato già da vari anni, come mostrano certi suoi accenni a una precedente edizione. Questa nuova, e ora ritradotta in italiano, è del 1986, e si basa, come si dichiara e nel titolo e nella introduzione, su vari manoscritti arabi del XIII secolo, di diversa natura e provenienza, con i quali il Khawam sembra aver costituito il suo mal controllabile testo, e compiuta la presente versione. Noi su quest ultima sola possiamo fondarci. Il testo, o i testi base, sembrano dunque rappresentare in Egitto alcuni anni fa, imponendo il sequestro dell'opera incriminata. Ora essa è offerta al lettore italiano, preceduta da una estrosa prefazione di Giorgio Manganelli, e con una consulenza per l'arabo di un nostro arabista che non è riuscita del tutto a evitare qua e là qualche errore tipografico in parole arabe. Del resto un giudizio filologico sulla nuova presentazione non è discorso che possa farsi in questa sede. Con tutte le possibili riserve, diremo che qui è in elegante forma editoriale presentato un classico della letteratura mondiale, entrato da tre secoli a far parte del patrimonio letterario dell'Occidente. Avvertiamo solo che alcuni dei più famosi racconti, come Aladino e Ali Babà, mancano in questa redazione più antica, non meno che nella Vulgata egiziana e nella nostra versione di quest'ultima, tanto che essi ebbero entrambi, allora, una traduzione a parte. Il fascino delle Notti (sulla cui consistenza e formazione questa traduzione dice assai poco, mentre quella einaudiana, da essa ignorata, ne parla assai più diffusamente) sta nei molteplici strati di civiltà che vi si riflettono. Dalle lontane origini indopersiane, di cui resta documento la novella-cornice, al più brillante periodo della storia arabo-musulmana (la Baghdad di Harùn ar-Rashìd, ove son collocati molti dei maggiori racconti), fino all'Egitto dei Mamelucchi (secolo XIII-XV) ove fioriscono i più saporosi bozzetti di contenuto picaresco, diversi aspetti della vita medievale d'Oriente hanno avuto nel corpus delle Notti la loro classica documentazione. Ai cicli e racconti più lunghi, e che nella Vulgata egiziana han trovato posto, come i Viaggi di Sindbàsd e la Storia dei Sette visir, si accompagnano rapidi schizzi e bozzetti brevi, rispecchianti altri momenti della civiltà arabo-islamica dei primi secoli, e lumeggianti le virtù più spiccate dell'Arabismo. La sensibilità del moderno lettore distinguerà e valuterà le varie tessere dell'affascinante mosaico. Francesco Gabrieli MILLE E UNA NOTTE

Persone citate: Einaudi, Francesco Gabrieli, Galland, Gerhardt, Giorgio Manganelli, Khawam, Notti, René Khawam, René R. Khawam

Luoghi citati: Baghdad, Egitto