Capodanno in sacrestia per i libanesi di Vincenzo Tessandori

Capodanno in sacrestia per i libanesi Capodanno in sacrestia per i libanesi Iprofughi che nessuno vuole accolti dai parroci comaschi VALMOREA DAL NOSTRO INVIATO Il lucchetto pare d'oro, nuovo e lucido com'è. Tiene spalancato un battente della parrocchia di San Giovanni Bosco. «Questa porta rimarrà aperta finché ci sarò io», dice don Renzo Scapolo, 52 anni. Nella chiesa, per molti fuggiti da una Beirut dilaniata, finiscono l'esodo e le paure e nasce la speranza. «Ecco, quell'affresco dietro al coro rappresenta la Spartizione, e noi dobbiamo spartire con chi è meno fortunato». Il dipinto fu pagato, sei anni fa, circa 60 milioni, «oggi quella spesa mi provoca quasi un rimorso». Le panche allineate in fila duplice davanti all'altare formano giacigli di fortuna: «Sono letti egiziani, l'altra notte qui hanno dormito in 31, e così sarà anche per stasera e per domani e per chissà quanto ancora», osserva don Renzo. Gli altri sono sistemati nella casa parrocchiale, che sembra ora un grande accampamento. «Ecco, qui ^ nella sala da pranzo, dove si fermava anche il vescovo, vivono due famiglie, otto persone». La sacrestia pare una gran camerata e per far posto è stato rimosso anche un Crocifisso. Nella parrocchia oggi sono in 96, e soltanto l'altra sera, verso le 20, sono arrivati gli ultimi: Maria Madjar, che ha 35 anni, e i suoi figli. Silvana, 12, Rita, 11, Alessandro, 9, e Giorgetta, 5. «Mio padre no, non è con noi, non 1 ho mai visto. Forse mia madre sa dove sia, ma non ce ne parla mai», dice Rita, che ha un visetto grazioso e gli occhi tristi, ed è disinvolta perché ha imparato l'italiano «a casa». Lasciare la violenza infinita con il miraggio della Svizzera. I primi arrivarono a Como all'inizio di settembre. Qualcuno aveva garantito loro che per 7 o 800 dollari avrebbero passato la frontiera e trovato un lavoro. Chi organizza i passaggi, chi specula sulla speranza? Qualcuno di loro parla di mafia, di una mafia formata fra libanesi, italiani e qualche svizzero. «Ho provate una volta, ero sul treno per Zurigo, credevo di avercela fatta. A Chiasso, invece, mi hanno bloccato e rispedito indietro», racconta Ali Zelaiter, 25 anni. Ha studiato per tre anni matematica all'Università del Libano, poi ha dovuto saltare un anno, e infine è scappato «dalle bombe». Chi è riuscito a passare la frontiera, ad arrivare nel paradiso elvetico, ma è stato pescato, è ora rinchiuso in uno dei campi raccolta a Bellinzona, a Chiasso,' a Basilea o a Zurigo: i profughi li chiamano lager, e non è possibile, assicurano, uscire dal recinto fino al momento del rimpatrio. Ali Zelaiter è uno fortunato: la fine d'anno gli ha portato un pizzico di serenità e un lavoro in una tipografia di Villa Guardia, a pochi chilometri da qui. Ma altri continuano ad arrivare, quasi ogni giorno, e per loro il futuro prossimo è fosco, perché non potranno rinnovare il permesso di soggiorno. E saranno rimandati in Medio Oriente. E' stata fatta una sanatoria, è vero, ma riguarda soltanto chi è giunto prima del 30 novembre. Don,Renzo spera nella Provvidenza, magari anche in quella degli uomini. «Questo Capodanno è un po' speciale. Ci siamo preparati. Ci ritroveremo in chiesa, al crepuscolo. Pregheremo con i due riti, quello musulmano e quello cristiano, poi leggeremo brani della Bibbia. Più tardi vedremo dei filmati sul Libano. Qualcuno ha girato un film sull'accampamento di Aoun, e loro dicono che sarà un po' come tornare a casa». ' Trovare un lavoro per tutti, una casa per tutti è la grande angoscia di don Renzo. Qualcuno lo aiuta, ma è un'impresa tremenda. «Lui accoglie chiunque, e qui mancano i servizi, mancano le strutture. Ma questo non significa che dobbiamo tirarci indietro», dice, il tono deciso, Franco Sparta, 33 anni, il postino di Valmorea. «Sì, scrivono molto, ma ricevono poche risposte. Cercano tutti una casa, ma soprattutto un lavoro. Noi speriamo che altre province si mobilitino, ci speriamo molto». Alcuni aiuti sono arrivati dal ministero degli Interni, che ha mandato 200 milioni, altri 150 li ha fatti avere la Regione. Ma non bastano. «La cosa assurda è che dobbiamo quasi difenderci con le nostre autorità per quello che facciamo», lamenta Luigi Capiaghi, sindaco di Bizzarone, democristiano. E' lui che coordina i sindaci della zona mobilitati. Ma il problema non è affrontato da tutti nella stessa maniera. Quando il numero dei libanesi è lievitato, il sindaco di Como, il democristiano Angelo Meda, ha esclamato: «Io questi barbóni li rimando a casa». Gli aveva fatto eco il prefetto, Mario Palmiere, ma il suo era un discorso pratico: «Ci sono troppi rifugiati, qui a Como, non possiamo aiutarli»: Ma ieri Palmiere ha precisato": «Dal ministero degli Interni mi hanno assicurato che arriveranno altri aiuti soprattutto per quelle famiglie che hanno più figli». Così, domani iniziano gli Anni Novanta, con un pizzico in più di speranza, Inch'Allah! Vincenzo Tessandori

Persone citate: Angelo Meda, Aoun, Bellinzona, Franco Sparta, Giorgetta, Maria Madjar, Mario Palmiere, Palmiere, Renzo Scapolo