Fino all'ultimo tappo

Fino all'ultimo tappo Fino all'ultimo tappo Lo spumante «regge» lo champagne CANELLI. La frenesia dei brindisi, che questa notte saluteranno l'arrivo del 1990, vedrà saltare in Italia oltre 50 milioni di tappi. Più della metà dei consumi di spumante si concentrano infatti nel breve periodo delle feste natalizie ed in particolare a Capodanno. Per i brindisi gli italiani hanno speso quest'anno, secondo le ultime stime, più di 700 miliardi, con un aumento di oltre il 10 per cento sull'88. Oltre la metà del fatturato è ottenuto dalle aziende canellesi dello spumante. In un raggio di cinquanta chilometri, tra le colline coltivate a vigneti a moscato, ci sono infatti le più importanti aziende del settore. Lo spumante è, assieme ai novelli, il comparto più dinamico dell'enologia italiana. Le bollicine piacciono sempre di più agli italiani che in pochi anni hanno aumentato i loro consumi. Nell'89 si superano per la prima volta i 130 milioni di bottiglie, altri cento milioni sono esportate. La più parte è ottenuta con il metodo Charmat (fermentazione in autoclave): tra gli aromatici prevalgono l'Asti doc e il Prosecco, anche se c'è ancora una certa presenza di spumantelli di dubbia qualità e origine venduti nei supermercati a prezzi di poco superiori alle mille lire a bottiglia. Tra i secchi sono cresciute le riserve brut e gli spumanti di vitigno, ottenuti da un solo tipo di uva. Nel settore degli «champenois» (fermentazione in bottiglia) sono in diretta concorrenza Champagne e spumanti italiani metodo classico, con una prima timida presenza sul nostro mercato dei Cavas spagnoli. Proprio in questo comparto si gioca la sfida più prestigiosa e non mancano le polemiche. I francesi, dopo aver ottenuto che l'Italia riducesse l'Iva sullo Champagne dal 38 al 19 per cento, hanno visto riconosciuta dalla Cee l'esclusività al nome «metodo champenoise». Gli italiani produttori di spumante classico (ottenuto con lo stesso metodo dei francesi) non potranno più indicare la parola «champenoise» in etichetta. Nel frattempo si è placata la querelle che aveva visto i lombardo-trentini produttori di uve Pinot e Chardonnay sollecitare la doc. L'assemblea dell'Istituto spumante classico (cui aderiscono le 15 maggiori etichette del settore: Antinori, Bisol, Carpenè Malvolti, Cinzano, Contratto, Equipe 5, Ferrari, Fontanafredda, Gancia, La Versa, Martini & Rossi, Rotari, Monterossa, Riccadonna e Villa jBanfi) ha sigiato un accordo sulla «pari dignità» delle zone, sottolineando come un buono spumante nasca anche grazie ai metodi e a tempi di maturazione. Nei consumi l'Italia è ancora lontana da tedeschi e francesi che superano i 250 milioni annui, ma la tendenza alla crescita è costante. Lo conferma anche l'investimento pubblicitario delle aziende italiane che nell'88 è arrivato agli 80 miliardi e quest'anno sfiorerà i cento. La sfida a colpi di spot è stata lanciata dai produttori di Champagne che hanno quasi raddoppiato gli investimenti (8 miliardi nell'88) per riportare il più famoso vino francese ai livelli di vendita di qualche anno fa. «Speriamo di chiudere l'89 arrivando a vendere nove milioni e mezzo di bottiglie — commenta Gianni Legnani, responsabile per l'Italia del Civc (Comité interprofessional du vin de Champagne) —; ritorneremmo vicini al record di 9,7 milioni raggiunto nel '76». Poi le vendite in Italia si erano dimezzate, colpa di certe spedizioni di scarsa qualità. Ora le grandi marche di champagne hanno ripreso saldamente il mercato e puntano a consolidare per l'Italia il quinto posto nei Paesi d'esportazione dopo Inghilterra, Usa, Germania e Svizzera, in attesa che «esploda» il ricco Giappone. «Quest'ano sono andati bene lo Champagne — commenta Marco Trimani, famiglia di vinai dal 1821 —, ottimamente gli spumanti italiani metodo tradizionale e benissimo l'Asti doc». Stessa musica, o quasi, anche a Milano. All'enoteca dei fratelli Solci domina il gusto secco quindi: «Moltissimo Champagne e spumante italiano di qualità, meglio se nelle grandi bottiglie». A Torino lo Champagne si impone soprattutto nei millesimati (annate scelte). «Abbiamo avuto richieste molto particolari come il Dom Perignon rosé, la cui bottiglia costa 140 mila lire — commenta "Il vinaio" Aldo. Vada —. Tra i dolci emerge il moscato d'Asti e quest'anno è fortissima la richiesa di Brachetto, un rosso gradevole». Sergio Miravalle della Cee. Non sono pervenute le risposte ungheresi, mentre l'atteggiamento dei moscoviti sembra evolversi in modo positivo. PORTOGALLO. BELGIO eso salntano a l quinto rtazione Germaesa che one. dati bemmenta a di viamente metodo o l'Asti i, anche i fratelo secco hampa di quandi botne si imlesimabbiamo rticola rosé, la mila lire o" Aldo. merge il 'anno è di Braole». ravalle DDUE ANNI DI BRINDISI A CONFRONTO • (GLI SPUMANTI BEVlffl IN UN ANNO IN ITALIA) IN MILIONI Dl BOTTIGLIE 1988 1989" (STIME) METODO CLASSIC0 TRADIZIONALE 16.1 17.0 PROSECCO 14.3 15.1 ASTISPUMANTE00C 17.1 18.2 ALTRID0LCI 198 16.2 BRUT/RISERVA 29.3 30.4 Dl VITIGNO (PIN0T, RQ CHARDONNAY, RIESLING ECC.) 10 S CHAMPAGNE 84 9.5 CAVASE ALTRI IMPORT 0.3 0.5 T0TALI 124.2 130.1