« Vi racconto come ho catturato i due Ceausescu »

« Vi racconto come ho catturato i due Ceausescu » « Vi racconto come ho catturato i due Ceausescu » L'operaio che ha guidato l'auto del dittatore nell'ultima fuga «Mi prelevarono da casa, Elena mi puntava la pistola al collo» PARIGI NOSTRO SERVIZIO La canna della pistola di Elena Ceausescu si appoggia sul collo di Nicolae Petrisor. Sono le 15,45 di venerdì 22 dicembre. Petrisor, 40 anni, operaio a Tirgoviste, 70 chilometri da Bucaresti è alla guida della sua «Dacia» nera. Da un'ora e mezzo è entrato nella storia della Romania: sta involontariamente conducendo la fuga del dittatore e della moglie. Sono rimasti loro tre, chiusi nell'auto. Il «Conducator», deposto, siede accanto a Petrisor. La moglie è sul sedile posteriore, tiene la pistola puntata contro l'improvvisato autista, l'ultima speranza di fuga per la coppia che sino al giorno prima dominava la'Romania. Ieri «Liberation», ha pubblicato la recita delle due ultime ore di libertà di Ceausescu e della moglie. L'inviato Jean Hatzfeld ha intervistato Petrisor. L'operaio ha raccontato come si è imbattuto nel dittatore in fuga. Un racconto sul quale non ci sono dubbi. Tutto collima con le altre rivelazioni finora ottenute sull'arresto della coppia Ceausescu: dalla fuga in elicottero dal palazzo presidenziale assediato dalla folla, venerdì, alla cattura da parte di una pattuglia dell'esercito, nel pomeriggio dello stesso giorno. Già durante il volo l'equipaggio dell'elicottero, sorvolando le manifestazioni nella capitale, aveva ricevuto l'ordine di atterrare, ma l'ordine non era stato eseguito e l'elicottero aveva depositato il dittatore prima nella residenza di campagna a Snagov poi nei pressi di Titu, a 50 chilometri da Bucarest. La destinazione finale era l'aeroporto militare di Boteni. Ma Ceausescu, sentito alla radio che lo spazio aereo era chiuso, aveva preferito rinunciare alla fuga all'estero ih aereo per tentare quella in auto. Ceausescu prende posto con la moglie e una guardia del corpo in una «Dacia» della Securi- tate. In un'altra auto siedono Manea Manescu e Emile Bohan, i due-vice del regime, con due agenti della Securitate. Le auto si dirigono a Tirgoviste. Nicolae Petnsor sta lavando la sua «Dacia»in giardino, quando le vede sbucare nella via. In strada non c'è nessuno, tutti sono incollati alla tv che trasmette le immagini della rivoluzione. La sorpresa di Petrisor è grande, quando vede scendere un uomo che gli intima, pistola in pugno, di mettersi al volante. La «Dacia» di Ceausescu è a corto di benzina, occorre un cambio di auto. Petrisor guida per Tirgoviste, il dittatore non sa dove cercare rifugio. L'autoradio trasmette bollettini sempre più inquietanti, anche la descrizione della prima «Dacia» con cui era fuggito. Restare a lungo in strada significa la cattura, ora che l'esercito si è schierato dalla parte della rivoluzione. Ceausescu diviene sempre più pallido, mormora «Siamo fregati». L'auto di Manescu è stata persa, l'agente della Securitate non c'è più, lasciato a terra in una delle quattro soste (due fabbriche, un monastero, una sede del pc) alla vana ricerca di un rifugio. Ovunque Ceausescu è riconosciuto, qualcuno tira pietre contro l'auto. La fuga è sempre più precipitosa, fino all'ultima tappa, un centro di ricerca botanica vicino a Priscaca. Lì Petrisor riceve l'ordine di entrare a chiedere aiuto. I Ceausescu sono braccati. All'interno ci sono una decina di persone, guardano la tv. Si mettono a ridere quando Petrisor spiega chi c'è fuori. Poi capiscono, il locale è evacuato, l'operaio esce e fa un cenno con la mano. I Ceausescu entrano e sono immediatamente chiusi a chiave nella stanza. Pochi minuti e giunge un autoblindo dell'esercito. La coppia è arrestata e trasferita nella caserma di fronte alla stazione di Tirgoviste. Forse sono stati fucilati lì, tre giorni dopo. tp. p.]

Luoghi citati: Bucarest, Parigi, Romania