Arriva dal chip la crisi del computer

Arriva dal chip la crisi del computer La tecnologia dei semiconduttori provoca una forte caduta di prezzi e profìtti nell'industria Usa Arriva dal chip la crisi del computer E s'affacciano i giapponesi SAN FRANCISCO. L'industria dei computers Usa sta attraversando un altro momento di crisi. Dopo la concorrenza internazionale e i mutamenti in atto nella tecnologia, ora la causa va ricercata nel rallentamento dell'economia statunitense e nel calo degli investimenti. I più ottimisti, infatti, parlano di una crescita delle vendite sul mercato Usa pari all'8% nel 1990. Ma i più pessimisti non superano il 2%. Le conseguenze di questo rallentamento in un settore che negli ultimi anni aveva conosciuto tassi di crescita del 30% e oltre, non sono da poco. Nel 1989 più di 40.000 persone hanno perso il posto di lavoro in grosse società come Wang Laboratories, Unisys, Control Data, Data General e Prime Computer. Anche la Ibm, il maggior produttore mondiale di computers, non è immune dal malessere che ha colpito il settore. Nella multinazionale è in atto una ristrutturazione che l'ha portata di recente a ridurre la propria forza-lavoro negli Stati Uniti di circa diecimila unità. «Tensione e trambusto» sono le due parole utilizzate da John Akers, presidente della Ibm, per descrivere la situazione in cui si trova il mercato dei computers. E, almeno in questo, anche la concorrenza è d'accordo. I progressi della tecnologia dei semiconduttori, come quelli portati avanti da affermate società quali la Intel e la Motorola o da nuovi arrivati quali la Mips, sono alla base della crisi dell'industria. Perché hanno portato a una riduzione dei costi di produzione e indebolito le società che non hanno adottato la tecnologia più avanzata. La rivoluzione innescata dai microprocessori è diventata un morbo da cui non risulta immu- ne nessun produttore. I chips, che hanno portato alla creazione del personal computer, ora sono parte integrante dei minicomputers, delle unità centrali e anche dei supefcomputers. Decine, a volte centinaia di chips vengono collegati per permettere a questi apparecchi di effettuare operazioni di calcolo a una velocità che prima era solo dei computers di maggiore potenza e costo. Tutto questo si traduce in una forte disparità dei tassi di crescita dei diversi segmenti del settore. I più colpiti sono i produttori tradizionali di minicomputers che si sono visti scavalcare dai personal basati sui microprocessori a più basso costo e dalle stazioni di lavoro. Le vendite, infatti, si sono arrestate. Lo stesso discorso può essere fatto per le unità centrali. Secondo gli analisti l'aumento potrà raggiungere al massimo l'l% per il 1989. Negli anni scorsi il tasso di crescita del settore era stato mantenuto alto dall'eccezionale prestazione dei minicomputers, ma anche dal mercato dei personal arrivano ora segnali di rallentamento. Il recente annuncio della Apple che le vendite relative alla stagione natalizia sarebbero state inferiori al previsto è la conferma che l'interesse dei consumatori per i computers sta venendo meno. I dettaglianti e i produttori si stanno affannando a cercare di aumentare le vendite con forti sconti e proponendo condizioni di credito estremamente interessanti. La Apple offre agli acquirenti 30 giorni di prova gratis dei propri apparecchi. La Storeboard, che si occupa di ricerche di mercato, sostiene che il U o di crescita delle vendite è calato dal 22% del primo quadrimestre '89 al 5% degli ultimi quattro mesi. E per il primo quadrimestre del '90 prevede una crescita del 2%. Visto che il mercato Usa è in crisi, i produttori si stanno spostando all'estero. Ma il momento è delicato. I rapporti tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi non sono dei migliori. Con l'Europa le tensioni sono in aumento. E con il Giappone la battaglia è in pieno svolgimento. E' proprio dal Paese del Sol Levante che arrivano i maggiori pericoli per l'industria americana. «Quello che è accaduto nei semiconduttori si verificherà anche nei computers. I giapponesi, ma anche i coreani e i taiwanesi, si stanno attrezzando per produrre elaboratori da vendere sul mercato Usa», sostiene Grove della Intel. Cinque società giapponesi ora fanno parte delle prime 20 industrie di computers al mondo. Che cosa riserva il futuro per i produttori Usa? Nel 1990 la tecnologia dell'hardware conoscerà ulteriori progressi, ma, con la tendenza in atto verso la standardizzazione, non giocherà un ruolo di primo piano nel determinare il successo e la redditività delle società, secondo le previsioni degli analisti. Saranno il software, la distribuzione e i servizi offerti a differenziare i prodotti. Quello che non si sa ancora è quanto i leader del mercato quali Ibm, Digital Equipment e Hewlett-Packard saranno in grado di adeguarsi alle nuove tendenze del mercato. O se soccomberanno di fronte alla concorrenza di società più agguerrite come la Sun Microsystems e la Compaq Computer statunitensi o la Toshiba e la Fujitsu giapponesi. Louise Kehoe Copyright «Financial Times» e per l'Italia «La Stampa» FATTURATO milioni di dollari UTILI milioni di dollari CONFRONTO % dei profitti nei primi 9 mesi rispetto all'anno precedente . IBM . «248.0 '■' • 3167.0 • - 8.4 XEROX 12966,0 492.0 ,' ' . 5,8 DEC 97-51.8 720.4 -22.5 HP - 8522.0 583.0 ' 1,7 UNISYS 7127 3 - 673.3 - 245.5 NCR 4168,1 . 264,6 ■ -.,-8,6 APPLE ' 3878.8 - 313.6 12.4 TANDY ' - 2827.1 • . 186.3 .0,1 CONTROL DATA 2410,8 ; — 484.0 n/m WANG 2139\9 -'SOO',5 n/m PROFITTI IN CADUTA PER L'INFORMATICA

Persone citate: Grove, Hewlett-packard, John Akers, Louise Kehoe, Wang Laboratories

Luoghi citati: Europa, Giappone, Italia, San Francisco, Stati Uniti, Usa