Ora basta libanesi a Como

Ora basta libanesi a Como Il prefetto Ora basta libanesi a Como COMO. «Io questi barboni li mando a casa», aveva urlato il sindaco di Como vedendo le decine di profughi arrivati dal Libano il 23 dicembre. «Ci sono troppi rifugiati a Como — ha fatto eco il prefetto ieri —. Non possiamo aiutarli. Le strutture pubbliche se ne disinteresseranno». I primi profughi sono arrivati nel Comasco da Beirut a settembre. In tasca im indirizzo sicuro: la parrocchia di padre Renzo, a Caversaccio, una frazione di Valmorea (provincia di Como). Renzo Scapolo è un sacerdote coraggioso. E' stato a lungo in Argentina, fino a quando non venne espulso perché si era battuto per la causa dei desaparecidos. Da una decina d'anni è parroco nel Comasco, da settembre ha trasformato la chiesa e la sua casa in un dormitorio per i profughi. Fino alla settimana scorsa, c'erano circa 350 libanesi nel Comasco. Il 23 dicembre ne sono arrivati in Italia 117: alcuni sono andati a Milano, altri in Valtellina, a La Spezia, a Vedano Olona. Ma la maggior parte sono finiti nel Comasco. I sindaci della zona hanno portato alcuni profughi davanti alla prefettura, dove erano riuniti molti amministratori locali. «Io questi barboni li mando a casa», ha urlato il sindaco di Como, quando li ha visti. Ma l'esodo è proseguito. Altri cinquanta libanesi sono arrivati il giorno di Natale. Molti hanno trovato rifugio nella parrocchia di Santa Brigida, in una frazione di Como. Una decina sono giunti ancora ieri. Le autorità diplomatiche italiane a Beirut gli hanno concesso il permesso in data 18 dicembre. Con un comunicato, il prefetto di Como Mario Palmiero ha ribadito l'impossibilità di assisterli. «Le risorse disponibili — si legge nella nota — obbligano a limitare gli interventi di sostegno solo ai 350 profughi già ospitati nell'area comasca. Questa è l'unica linea di condotta possibile». «Altre province — prosegue il prefetto Palmiero — potranno farsi carico di nuovi arrivati. Pertanto i privati e i volontari che accoglieranno nuovi profughi non potranno trovare aiuto nelle strutture pubbliche e non dovranno trasferire sugli enti locali le responsabilità che hanno liberamente assunto». [m. m.l

Persone citate: Mario Palmiero, Palmiero, Renzo Scapolo