Cuba accusa Washington di Mimmo Candito

Noriega salvo sull'auto vaticana a Panama si spara ancora, i marine* hanno circondato la nunziatura apostolica Noriega salvo sull'auto vaticana Ha telefonato al nunzio e ottenuto asilo politico Prelevato in un parcheggio è sfuggito alle truppe Usa PANAMA DAL NOSTRO INVIATO Si continua a sparacchiare un po' dovunque, e a morire, a San Miguelito, nell'area delle ambasciate, attorno alle banche, anche su qualche terrazzo lungo l'Avenida Central. E gli elicotteri dell'Air Force continuano a pattugliare il cielo, giorno e notte, volando bassissimi, con i fucilieri pronti al tiro tra gli avvoltoi che girano pigri al di sopra di questo mare infinito di spazzatura e di barricate che è Panama City. Ma la vita riprende, le auto rimettono il muso in strada, qualche ufficio riapre la porta, si sgomberano i rottami delle carcasse che bloccano la circolazione. La battaglia vera è ormai finita; e il dittatore Noriega è vinto, chiuso nella Nunziatura apostolica in attesa che gli trovino un rifugio all'estero: Cuba, il Perù, la Spagna, forse qualche lontana contrada africana. Sconfitto Noriega, non è però che gli Usa abbiano anche vinto la loro guerra di Panama. Il segretario alla Difesa americano, Dick Cheney, è volato fin qui il giorno di Natale per far sapere in una conferenza stampa che l'invasione americana è «un'operazione di perfetta chirurgia militare con il minor costo possibile». A Natale non si dicono bugie, e in realtà l'invasione è stata un autentico pasticcio, dove i successi militari si ingarbugliano con i fallimenti e con le molte, troppe, omissioni che dal comando generale accompagnano ancora il bilancio dell'operazione. Intanto, l'obiettivo principale, il dittatore narcotrafficante Manuel Antonio Noriega, ha beffato i 26 mila potentissimi e attrezzatissimi soldati che presidiano Panama come fosse una dependance della Casa Bianca, e continua a starsene, ospite intoccabile anche se certo non gradito, nella stanzetta d'angolo della Nunziatura, a due passi appena dal mare, la villetta nella quale si è rifugiato la vigilia di Natale. La gestione del suo ritiro è certamente tutta di monsignor Sebastiano Laboa, il nunzio apostolico che vive a Panama da 6 anni ed è l'uomo che più sa sulle storie e sui traffici di questo bellissimo e scarognato Paese. La versione ufficiale dice che, nel pomeriggio del 24, Noriega ha chiamato il nunzio per telefono, gli ha chiesto asilo politico: un'auto del Vaticano con i vetri oscurati è andata a prenderlo nel parcheggio del supermercato che sta di fronte alla Nunziatura, portandolo in salvo, mentre monsignor Laboa telefonava al generale Cisneros, numero due del comando americano, e gli dava la notizia. Noriega appari¬ va stanco, un po' tirato, con un berrettuccio da baseball calato sugli occhi. «L'abbiamo mancato per meno di mezz'ora», hanno commentato ancora una volta gli americani che avevano detto allo stesso modo la notte del blitz, ed evidentemente debbono avere i loro uomini della Cia con gli orologi sempre in ritardo. In realtà, monsignor Laboa ha cercato di fare quello che i militari del Pentagono non erano riusciti a concludere, cioè Cogliere di mezzo Noriega per bloccare uno spargimento di sangue che stava diventando incontrollabile. Ora i 26 mila soldati hanno stretto d'assedio la Nunziatura, le hanno piazzato tutto attorno filo spinato, tankette, autoblindo, e persino un carro armato. «E' per la sicurezza di mr. Noriega», dice un colonnello pelato che fa da portavoce, ma ha tutta l'aria di un assedio. In fiuta mimetica ed elmetto, la faccia dipinta di nero e di verde, i soldati controllano strettamente, seguono col cannocchiale ogni passo e ogni tendina che si scosti nella villetta, scattano foto, le fanno larghi giri sopra con gli elicotteri. Il blitz su Panama è una vera guerra, non è stata l'agevole esercitazione che si poteva immaginare tenendo conto della sproporzione di forze. E se il conto delle vittime americane è piuttosto basso (finora, 23 morti e 333 feriti), questo è solo il risultato di una potenza di fuoco che ha annientato qualsiasi resistenza prima di impegnare direttamente gli uomini nello scontro con le forze di Noriega. Così, il capo di stato maggiore del Comando Sud, il generale Maxwell Thurnman, dà il numero delle vittime militari tra i panamensi (293 morti e 123 feriti) ma non dice nulla sulle vittime civili, che pare siano state dieci volte tanto, più di 2 mila tra morti e feriti. Il governo di Guillermo Endara è ancora poco più di una finzione, deve guadagnarsi ere- dibilità e autorità, e passerà molto tempo prima che ci dica quanta gente è stata ammazzata innocente nel più grosso blitz della storia militare. E militarmente il blitz è certo riuscito. In tre giorni di battaglia, ma soprattutto nella battaglia della prima notte, quella tra martedì e mercoledì, le truppe americane hanno neutralizzato le principali basi dell'esercito di Panama, operando con una tattica che fondeva i princìpi dell'azione dei Commandos e l'intervento massiccio delle truppe corazzate. Ad appoggiare la linea di fuoco dell'esercito, il Pentagono ha utilizzato anche due brigate di pa¬ racadutisti e, per la prima volta, il caccia «invisibile» Stealth, che ha sganciato sulle caserme di Noriega due bombe di mezza tonnellata, spezzando alla base ogni possibile resistenza. Ora, intanto, la situazione resta «ad alto rischio», come dice il Comando Sud. Ieri sono stati presi prigionieri altri 446 uomini di Noriega (il totale ora è di 4852), vengono ritrovate dovunque migliaia di armi, le truppe americane continuano a fare rastrellamenti casa per casa nelle zone più pericolose. La guerra è finita, ma la guerra continua. Mimmo Candito Cinquecento marines e venti mezzi blindati circondano la nunziatura apostolica vaticana dove si è rifugiato Noriega