«C'è poco spazio, licenziati»
«C'è poco spazio, licenziati» Industriale di Matera: da anni cerco un terreno, ma la burocrazia mi blocca «C'è poco spazio, licenziati» Fabbrica chiuderà, non trova sede più ampia MATERA. Non ci voleva credere neanche il prefetto. Davanti a lui, nel suo studio, un imprenditore gli stava raccontando di essere costretto a licenziare 50 operai per l'impossibilità di costruire un nuovo capannone. «Da 5 anni chiedo di assegnarmi un'area industriale, ma non c'è verso». E adesso Silvestro Lacertosa si è arreso. Il primo gennaio sospende l'attività e gli operai resteranno a casa. Ha cinquantadue anni, da diciotto fa l'industriale in una realtà tutt'altro che affollata: «Ma mi obbligano — ha detto al prefetto — a licenziare tutti. Non abbiamo spazio, non si può lavorare così». Una motivazione paradossale, in un Mezzogiorno in guerra con la disoccupazione. La decisione di Silvestro Lacertosa è l'epilogo di una lunga guerra combattuta con la burocrazia. E così, invece delle strenne natalizie, 50 operai dell'azienda hanno ricevuto con la tredicesima i preavvisi di licenziamento. La Cimel srl produce utensili per l'edilizia, senza un giorno di cassa integrazione alle spalle, ha un fatturato, nell'88, di sei miliardi. Ai dipendenti non è rimasto che scendere in piazza, richiamando l'attenzione di una città distratta dalle feste natalizie, e sollecitare l'intervento del prefetto, Michele Lagala. Così il prefetto ha convocato gli interessati, rimanendo incredulo di fronte al racconto che l'imprenditore gli faceva con sindacati, operai, rappresentanti del Consorzio industriale e assessori all'Urbanistica e alle Attività produttive. La fabbrica è nata nel 1971, vicino a Lamartella, il villaggio che accolse i contadini evacuati dai Sassi. Non esisteva una zona industriale, e così il capannone viene costruito su un terreno agricolo. Le dimensioni dell'azienda erano poco più che familiari. «Col tempo gli affari sono andati bene — dice l'industriale — e la richiesta del mercato cresceva». Dalla Cimel escono puntelli di ferro, betoniere, impastatrici meccaniche ed altri utensili. E parallela¬ mente all'aumento degli affari sono cresciuti anche i dipendenti. Ma non lo spazio. La soluzione ai problemi della Cimel sembrava a portata di mano. «A meno di un chilometro dalla mia proprietà — sono parole di Lacertosa — il Comune aveva individuato un'area per gli insediamenti industriali. Ho chiesto che mi venisse assegnato un lotto». E comincia la guerra con la burocrazia. Dal Consorzio per l'area industriale non arriva mai risposta. E all'azienda continuavano a mancare i servizi più elementari. Ancora oggi la Cimel non è servita dal metano, non ha l'acqua, l'energia elettrica di cui dispone è quella a servizio di un'area agricola, e se gli impianti funzionano a pieno ritmo saltano i contatori. 1 funzionari del Consorzio alla fine si giustificano adducendo iter burocratici complessi e documentazione incompleta. Così Lacertosa ricomincia daccapo, e nel luglio scorso finalmente ottiene un lotto: ma il terreno non solo è senza alcun servizio, ma addirittura è ancora di proprietà privata. Dev'essere l'imprenditore, sostiene il Consorzio, a provvedere alle infrastrutture necessarie. Ma non si riesce a capire chi debba procedere all'esproprio: il Comune, il Consorzio, addirittura il Prefetto, o chi altro?. Nessuno decide, i mesi passano, il Comune, interessato alla questione, non risponde e alla fine è storia di questi giorni, l'imprenditore fa da solo: licenzia i dipendenti e chiude la fabbrica. L'altro ieri il prefetto ha voluto visitare la fabbrica, ed ora sta tentando una mediazione. Il Comune e il Consorzio industriale, ora, sono disponibili a tutto sotto la pressione dei 50 licenziati: hanno proposto alla Cimel un verbale d'accordo con un'unica condizione, il ritiro delle lettere di licenziamento. Ma adesso Lacertosa non ci sta più: «Prima il terreno, poi si discute». E da ieri i 50 operai licenziati sostano sotto la prefettura. Edmondo Soave
Persone citate: Lacertosa, Michele Lagala, Silvestro Lacertosa
Luoghi citati: Matera
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