In mattinata l'assalto al Palazzo di E. St.

In mattinata l'assalto al Palazzo In mattinata l'assalto al Palazzo La gente kellepiazze fraternizza con i soldati Poi VanÀxncio alla radio: «Finita la dittatura» Tre ore per conquistare Bucarest, un giorno e uba notte per difenderla. La folla, ieri mattina, ha dato l'assalto con estremo coraggio alla roccaforte del regime, la gigantesca residenza presidenziale. A mezzogiorno sembrava fatta: Ceausescu in fuga, nuovo governo, manifestanti e soldati che si abbracciano per le strade] Doveva ancora arrivare il cólpo di coda dei fedelissimi, i morti a centinaia sul Viale della Repubblica, gli incendi. Ma quei centottanta minuti rimarranno nella storia come Rivoluzione, l'assalto romeno al Palazzo d'Inverno. Alle 8, ieri mattine, le agenzie ungherese «Mti» e jugoslava «Tanjug» descrivevano una città tranquilla, con gli spazzini intenti a eliminare! ogni traccia degli scontri. Lo Stato d'emergenza pareva avere spento ogni velleità di sciopero; un elicottero lanciava volantini: «Pace, compagni: fra pochi giorni è Natale». > Poi gli studenti, che sino alle tre di notte avevano impegnato esercito e miliziani, sono tornati in piazza. I carri armati, dopo il massacro compiuto giovedì notte, arretrano: solo qualcuno spara ancora lasciando 5-10 cadaveri sull'asfalto. Con i giovani, forse ventimila, ci sono due attori molto amati, Ion Caramitru e Cristian Sofron. Parlamentano insieme ai militari, si apre una torretta. «Seguite il popolo» invoca la folla, che saluta plaudendo i primi abbracci fra soldati e dimostranti. Un corteo improvvisato punta sugli edifici che ospitano radio e televisione, per occuparli. Quasi non incontra resistenza. L'unico canale tv riprende le trasmissioni con dieci ore d'anticipo sui programmi (generalmente vanno in onda tra le 20 e le 22). Ai microfoni, il poeta dissidente Mircea Dinescu: «La dittatura è finita». Poi, in una diretta quasi assembleare, intervengono generali pentiti, giovani, soldati, persino miliziani. Infine, l'ex ministro Manescu che assume il potere. Per la Romania delle campagne, dove sulla rivolta giungevano finora solo voci incontrollabili, è la scintilla dell'insurrezione. Anche Bucarest preferisce le strade al teleschermo: in piazza scendono tre, quattrocentomila persone. «Destati Romania», l'inno patriottico risorgimentale, suona alla radio e tra la folla. Dalla tv ora piovono appelli : «Il destino è nelle nostre mani. Eliminate coloro che hanno rubato e ucciso, ma dopo un processo giusto». Ancora: «Romeni, non distruggete gli archivi segreti, ci servono per inchiodare Ceausescu alle sue colpe». La folla, infatti, si va spostando dalla piazza che ospita l'Hotel Continental a quella del Palazzo, come l'hanno ribattezzata. L'edificio e le truppe che lo occupano incutono ancora timore, ma quasi mezzo milione di uomini, donne, ragazzi, ormai premono sulle residue forze di sicurezza. Non scorre più sangue: la folla incredula abbatte il portone dell'edifìcio e irrompe nelle sue gelide architettura staliniane. Generali romeni in ordine sparso strappano platealmente le mostrine: «Siamo con il popolo, ai nostri soldati chiediamo di rientrare in caserma». Gli studenti affiggono un grande striscione: «La dittatura è finita». Non ancora: la battaglia di Bucarest sta appena cominciando. [e. st.]

Persone citate: Ceausescu, Cristian Sofron, Manescu, Mircea Dinescu, Romeni

Luoghi citati: Bucarest, Romania