Con il congedo si torna subito «civili»

Polemica sul signorsì militare Martinazzoli ha accettato di bloccare il provvedimento, se ne riparlerà Polemica sul signorsì militare Igenerali contro il ministro: non va abolito ROMA. Polemica senza fine dopo la decisione del ministro della Difesa Martinazzoli di ritirare, martedì in Senato, una sua proposta di legge che avrebbe abolito il «signore» nei rapporti tra soldati e superiori. Gli ex generali Cappuzzo e Poli, che dai loro seggi senatoriali si sono battuti per bloccare la riforma, insistono: «E' stato giusto fare così». Ma i rappresentanti dei militari obiettano: «Dare del "signore" a un ufficiale è una vuota formalità. Gli ufficiali devono conquistarsi il rispetto nella quotidianità». Il ministro deciderà se ripresentare il provvedimento soltanto dopo aver sentito il parere degli Stati maggiori e del Consiglio di Stato. «E già so che sono contrari», ha detto Martinazzoli. «Ma non era mia intenzione — ha spiegato il ministro ai senatori — determinare una sorta di "degradazione" della gerarchia militare, né introdurre forme di "democratizzazione" di natura demagogica». La proposta era già stata approvata a larga maggioranza in coni- missione Difesa alla Camera. Nelle Forze armate, oggi, è regolarmente in uso l'appellativo di «signore» prima del grado. Nelle caserme è normale ascoltare i soldati rivolgersi ai superiori dicendo «signor capitano», o «signor generale». Una prima ipotesi di riforma avrebbe invece imposto il «signore» a tutti, alla base o ai vertici della gerarchia. Un colonnello, rivolgen¬ dosi a una recluta, avrebbe dovuto mostrare la stessa deferenza formale che si deve a un generale. Ma era parsa una riforma un po' ridicola. Una seconda ipotesi, propugnata dal ministro Martinazzoli, preferiva l'eliminazione integrale dell'appellativo. Un soldato, rivolgendosi al suo comandante, lo avrebbe chiamato semplicemente «capitano Ros¬ si» o «generale Bianchi». Era prevista una sola deroga, nel caso di ufficiali inferiori di Marina (guardiamarina, sottotenente e tenente di vascello). L'aspetto che ha sollevato le perplessità maggiori dei senatori, però, non era tanto l'abolizione del «signorsì», quanto il capitolo relativo al Cocer (la rappresentanza elettiva dei militari) che di fatto esercita una funzione parasindacale. La bozza di decreto prevedeva una modifica al regolamento di disciplina che finora vincola al silenzio gli eletti nel Cocer. E su questo punto si sono appuntate le critiche di Umberto Cappuzzo e degli altri. «Non si può improvvisare in un campo tanto delicato — sostiene il senatore Cappuzzo, ex capo di stato maggiore dell'e¬ sercito e strenuo avversario della riforma — bisogna evitare all'esercito lo scempio che vediamo quotidianamente altrove, nella magistratura ad esempio: un susseguirsi di prese di posizione, di rettifiche, di lottizzazioni». Gli fa eco il senatore Maurizio Ferrara, comunista: «Non si può tollerare che le rappresentanze militari facciano ricorso a campagne di stampa come un sindacato». Valerio Zanone, oggi presidente della commissione Difesa alla Camera,' ha invece difeso il provvedimento: «A dieci anni dall'istituzione degli organismi di rappresentanza militare sembra eccessivo continuare a mantenere il divieto assoluto di comunicazioni o dichiarazioni indipendentemente dal contenuto di tali pronunce». E il Cocer: «Se non abbiamo il diritto di esternare il nostro pensiero, il Parlamento faccia una legge. Non è giusto che in un regolamento si neghi quanto è proclamato dalla Costituzione». Francesco Grignett i il ministro della Difesa Mino Martinazzoli «Non volevo certo degradare la gerarchia militare»

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