Sui Tir c'era l'atomica dei poveri di Gianni Bisio

Sui Tir c'era l'atomica dei poveri L'impianto di armi biochimiche costruito in Svizzera era entrato in Val d'Aosta Sui Tir c'era l'atomica dei poveri Bloccata a Casale fabbrica di morte per l'Iraq AOSTA DAL NOSTRO INVIATO Fabbricato, almeno in parte, in Svizzera, valicato il nostro confine al Gran San Bernardo, doveva transitare per l'Italia, fino a Pomezia, presso Roma, prima dell'ultimo balzo, forse via mare, verso l'Iraq. Era questo il viaggio di uh impianto per la realizzazione delle più tremende armi che la scienza bellica abbia inventato, nucleari a parte: gli agenti biochimici, l'«atomica dei poveri», arma subdola quanto micidiale ed incontrollabile, peggiore ancora dei gas impiegati nell'88 nella guerra del Golfo. Ma la spedizione delle parti di una di queste fabbriche di morte, sia pure ben preparata e mascherata, si è fermata sull'autostrada Voltri-Sempione, nella zona di Casale Monferrato, davanti alle palette rossobianche degli uomini della Polizia stradale di Alessandria. Gli agenti per l'intera giornata di sabato avevano dato la caccia a .tre autocarri con targa svizzera, ben identificabili secondo una precisa segnalazione dell'ufficio dell'Interpol di Berna. Si supponeva che il viaggio dal Gran San Bernardo ad una ditta di Pomezia, presso Roma, sarebbe stato effettuato lungo la via più normale, il sistema autostradale, e non ci si è sbagliati. Scesi dal traforo, i tre camion avrebbero proseguito sulla Aosta-Torino fino alla bretel- la di Santhià. Poi, percorso un pezzo dell'autostrada per Milano, si sono immessi su quella dei trafori, la Voltri-Sempione. Ma sono stati subito fermati. Ora gli autisti sono stati identificati ed il carico è sotto sequestro: il provvedimento è del procuratore della Repubblica di Casale, dottor Vittorio Angelino, cui sono toccati gli atti più urgenti del blitz pilotato dall'Interpol. Ed il fascicolo sull'«affaire» è già partito, con una staffetta della stradale, alla volta della Procura di Aosta, competente per l'eventuale reato, cioè l'introduzione di armi sul territorio italiano senza la necessaria autorizzazione. Come noto deve essere denunciato anche solo il passaggio di materiale bellico per il nostro Paese. In Svizzera si sarebbe invece verificato il principale reato: la vendita di armi ad uno Stato belligerante, operazione vietata dalla legge elvetica. E ora l'affare, protetto dal più stretto riserbo, è in mano alla magistratura ed ai servizi segreti dei due Paesi interessati. Bocche cucite si trovano ad Aosta, dove il procuratore, dottor Domenico Cuzzola, ha per ora ricevuto soltanto una sintetica telefonata del collega di Casale, che gli preannunciava l'invio degli atti. Ma non ha ancora potuto materialmente esaminarli. Silenzio totale («Per carità sono cose delicate», dicono) alla polizia stradale di Alessandria, che ha operato come braccio dell'Interpol, ma che ha subito passato la mano àd altri organismi, primi fra tutti i servizi di sicurezza. La vicenda svoltasi sul territorio italiano è certamente solo una minima parte dell'operazione: le forze di polizia del nostro Paese sono state solo incaricate di intercettare un carico che poteva risultare di apparecchiature biotecniche per la produzione di sostanze biologiche da combattimento. Cosa che hanno fatto. Ma ora dovranno chiarire anche il ruolo della ditta di Pomezia nella vicenda, mentre agli svizzeri toccherà individuare il bandolo della matassa. Tuttavia non è improbabile che, all'origine dell'operazione, ci sia una «soffiata» dei servizi segreti israeliani, che da anni sono impegnati a contrastare lo sviluppo del potenziale bellico iracheno, soprattutto per quanto riguarda le armi chimiche, la missilistica e il nucleare. Nell'81 avevano perfino bombardato la centrale atomica di Tammuz. Oggi si sa che nel Nord dell'Iraq, presso la città di Mosul, è in costruzione un complesso chiamato «Saad 16», destinato ad armi chimiche e biologiche, realizzato con la collaborazione di aziende tedesche e svizzere. Su di esse, fin dallo scorso anno, sono state aperte inchieste per stabilire se hanno violato le leggi sull'esportazione di armi e di tecnologie belliche. Il progetto Saad 16 è condotto dalla Soti irachena (State organisation for technical industriosi che si avvale di due azienda, la Projecta e la Consultco. Lo scorso 17 agosto un'esplosione distrusse un complesso bellico per la produzione di missili ad Al Qaqa, 70 km a Sud di Baghdad, provocando 700 morti: ufficialmente un incidente, ma secondo informazioni trapelate dall'Iraq si sarebbe trattato invece di un attentato da parte .di tecnici egiziani al servizio degli israeliani. E ora anche il blocco del carico dei tre autocarri, destinato forse alla nuova fabbrica, potrebbe avere un'origine non diversa. Gianni Bisio

Persone citate: Domenico Cuzzola, Tammuz, Vittorio Angelino