Romania, si spara sulla folla di Enrico Benedetto

Romania, si spara sulla folla Voci di molti morti e di due città in stato di assedio: il Paese isolato Romania, si spara sulla folla I carri armati per soffocare la protesta BUCAREST. Il regime di Ceausescu sta soffocando nel sangue la più grave rivolta degli ultimi quarant'anni. A Timisoara e Araci, in Transilvania, il pc ha fatto aprire il fuoco dall'esercito contro migliaia di romeni che manifestavano a favore di un religioso dissidente. Testimoni rientrati in Jugoslavia hanno riferito di avere visto per le strade «alcuni cadaveri, fra cui quelli di 4 soldati». Anche la radio austriaca parla di morti, ma finora mancano riscontri ufficiali. Unica certezza: una repressione spietata, con fucili, elicotteri e carri armati, i militari che caricano, la folla che non cede. Secondo William Totok, uno scrittore romeno d'origine tedesca oggi esule nella Repubblica federale, «le vittime sono tre, quattrocento». Sembra un tributo di sangue troppo agghiacciante per essere credibile, eppure le poche notizie che filtrano oltre la frontiera ungherese e jugoslava (chiuse) descrivono due città in stato d'assedio dove lo scontro è frantalo. Sulla strage, giornali e radio-tv romene hanno tuttavia mantenuto un silenzio tota- le per tutta la giornata rammentando solo ripetutamente che «tutti sono obbligati a rispettare la legge o ne subiranno le conseguenze». Tace, anche, il conducator Nicolae Ceausescu, partito per ima visita di Stato a Teheran malgrado la situazione esplosiva: lo scettro del potere sarebbe, di fatto, nelle mani della moglie Elena, rimasta per organizzare la repressione. Gli scontri più duri si sono avuti nella notte fra sabato e domenica intorno all'abitazione- del pastore protestante Laszlo Toekes. Il religioso, d'origine magiara, aveva più volte lamentato durante i culti domenicali le vessazioni delle autorità romene contro la minoranza ungherese. Il regime, visto che non riusciva a piegarlo con intimidazioni e rappresaglie, aveva deciso d'intervenire con la forza ma si è trovato di fronte a una ininterrotta «catena umana» — romeni e magiari etnici — per proteggere la sua abitazione di Timisoara. Poi — ancora non si sa se per eccesso di tensione o in base a ordini precisi — l'esercito ha aperto il fuoco. Alla fine, i militari sarebbero riusciti a introdursi nella casa trascinando via il pastore. La sua sorte, per il momento, è ignota. L'insurrezione, intanto, andava estendendosi agli altri quartieri e alla vicina città di Arad. Fonti romene parlano d'assalti centro uffici governativi e librerie del regime. Centinaia di manifesti inneggianti a Ceausescu sono stati strappati per le strade, mentre migliaia di volumi con le sue opere — saccheggiati — finivano nella spazzatura. Anche nella giornata di domenica gli scontri si sarebbero ripetuti con violenza estrema, al punto da costringere il regime a proclamare lo stato d'allerta per le forze armate su tutto il territorio nazionale. Ieri sera, Timisoara era una città completamente isolata dal resto del Paese: i tank delle forze annate romene controllano tutti gli accessi. L'imponente apparato militare fa presumere che la rivolta, malgrado la brutalità della repressione — che ha già destato numerose proteste ufficiali all'estero, tra cui quella Usa — non sia ancora spenta. Enrico Benedetto A PAGINA 3

Persone citate: Arad, Ceausescu, Laszlo Toekes, Nicolae Ceausescu, William Totok

Luoghi citati: Bucarest, Jugoslavia, Romania, Teheran, Timisoara, Transilvania, Usa