C'è la Juve, allora è derby di Massimo Gramellini

C'è la Juve, allora è derby Flaminio esaurito per l'ultimo atto della partitissima degli Anni Ottanta C'è la Juve, allora è derby Radice non dimentica il passato «Qui ho ritrovato l'aria granata» ROMA. «Eravamo famosi». Roma-Juve: la partitissima degli Anni 80 si congeda dal suo decennio di gloria ammiccando a un futuro gravido di speranze. Manca la voglia di indugiare nella contemplazione delle grandezze passate e anche il clima congiura a proiettare gli animi verso l'avvenire, avvolgendo la città in una calda coperta di scirocco. A Trigoria, quartier generale giaìlorosso, Gigi Radice riceve i giornalisti con la calma cortesia del vincente. Su un viso sgombro di nubi c'è una ruga ballerina che si accentua quando nell'aria rimbalza la parola «Juve». Radice sta ai bianconeri come Gimondi a Merckx: chissà quanto avrebbe vinto negli anni d'oro, granata, della sua carriera di allenatore se non avesse avuto la sventura di trovarsi di fronte la Juve dei Causio e Bettega, quella dei 51 punti, la migliore di sempre secondo Boniperti. Di quei momenti Radice preferisce parlare il meno possibile, anche se continuano a vivere dentro di lui e nella sua famiglia, se è vero che il figlio Ruggiero diventò torinista allora e lo rimane ancor oggi. Come suo padre, del resto: «No, non è una partita come le altre. Non 10 è più stata dopo che sono passato attraverso il Toro. Anche quando allenavo il Milan, l'Inter o il Bologna continuavo a sentire in modo particolare la gara contro la Juve. Qui, però, l'atmosfera da derby è ancora più palpabile. Forse perché ci sono esperienze comuni: la Roma di Falcao, in fondo, sostituì 11 mio Toro nel braccio di ferro con la Signora, provando le nostre stesse gioie, le nostre stesse amarezze. E ora resta questa sensazione inspiegabile, che non è più insofferenza e non è ancora distacco: una straordinaria voglia .di ben figurare che si trasmette da me ai giocatori e da loro ai tifosi». La partita con la Juve cade in un frangente decisivo della stagione romanista. La squadra sta decollando contro tutte le previsioni dei catastrofisti e oggi chiede alla vecchia nemica il passaporto della definitiva riammissione nel club delle grandi. «Non è tempo di bilanci, per carità — si scansa Radice —. Anche se una terza vittoria consecutiva, contro la Juve per giunta, ci proietterebbe senza remore verso la zona Uefa». Meno diplomatico del suo allenatore, Rudi Voeller non rinuncia al ruolo di leader che i tifosi gli hanno cucito addosso: «Vinceremo perché siamo i più forti. Non lo dico io, ma la classifica. Loro sono più bravi in trasferta che in casa. Hanno un buon contropiede e Zavarov è uno da tenere d'occhio anche se non sarà mai Maradona. Alla Juve è legato il ricordo più triste della mia esperienza italiana: un infortunio che mi trascinai per mesi, mettendo a repentaglio il mio futuro qui da voi. Non mi va di lanciare proclami e quindi non prometto gol. Caso mai l'assist della vittoria». Legate dal passato, Roma e Juve non si sciolgono neppure quando si tratta, di pianificare il futuro, che per entrambe ha la faccia di un compagno di nazionale del tedesco volante di Trigoria: «Haessler ha promesso che in caso di trasferimento in Italia mi raggiungerà nella Roma — taglia corto Voeller —. I bianconeri potranno consolarsi con qualche altro tedesco. E' il momento ideale per fare acquisti lassù: tanti giocatori forti e un pubblico che non esercita pressioni particolari sui dirigenti, accettando senza mugugni la partenza dei suoi idoli. Lo è stato per Rummenigge, lo sarà per Haessler e Moeller». L'ultimo allenamento non ha cambiato l'umore della Roma: Giannini si è ripreso dalla botta al piede e andrà in campo a completare il quadrilatero romanesco del centrocampo, con Di Mauro, Conti e Desideri. In difesa, ancora assente Tempestilli, la coppia centrale è Manfredonia-Comi, un graffiti del derby torinese. Niente direttatv, ma il Flaminio sarà esaurito. Merito del 3° posto in classifica, certo. Ma anche di una Juve che da queste parti non perderà mai il suo fascino. Massimo Gramellini Sapore di rivincita. A Gigi Radice, quando allenava il Toro, la Juve ha tolto la possibilità di tanti successi.

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