Dubcek: «Non rinuncio» di Guido Rampoldi

Dubcek: «Non rinuncio» Havel offre un compromesso, staffetta per la presidenza Dubcek: «Non rinuncio» «Noi del '68siamo al cèntro della rivoluzione: l'obiettivorè l'Europa» ■ Craxi assiste allo scontro tra i 2 leader, Pelikan a Praga 2danni dopo_ PRAGA DAL NOSTRO INVIATO A Praga per fiutare l'aria di questa «rivoluzione delicata» che si annuncia come un immaginifico laboratorio politico, Bettino Craxi incrocia subito il nodo più spinoso del momento: la corsa per la presidenza della Repubblica. Il pc slovacco ha lanciato la candidatura di Alexander Dubcek per sbarrare la strada a Vaclav Havel. La sua contromossa, Havel la spiega a Craxi: «Forze oscure vogliono dividerci ma io di Dubcek ho fiducia. Sarò presidente soltanto se* lui sarà al mio fianco». E' la proposta di un patto per sabotare la manovra di settori del pc: Havel sarebbe il capo delio Stato «provvisorio» fino alle elezioni politiche di giugno; Dubcek verrebbe insediato nella seconda carica istituzionale (presidente del Parlamento, secondo la Costituzione) e perciò diventerebbe il candidato naturale alla successione. Ma è soprattutto un modo per metterà Dubcek con le spalle al muro e costringerlo a scegliere: schierarsi con Havel oppure assumersi la responsabilità di bocciare una candidatura decisa a furor di popolo dalla «rivoluzione». Ma Dubcek rifiuta, per il momento, il ruolo di comprimario che Havel gli offre. L'incontro tra i due, ieri, non è stato chiarificatore. «Sì, sono uno dei candidati», ha risposto Dubcek ai giornalisti che gli chiedevano se èra ancora in corsa per la presidenza. L'improvvisa conferenza stampa di Dubcek, al termine del colloquio con Craxi, ha consegnato ai taccuini le esitazioni di un grande temporeggiatore, che, come nei mesi successivi all'invasione del '68, rischia di essere allo stesso tempo il nemico e lo strumento della restaurazione. Dubcek sembra rendersi conto che le elezioni dirette del presidente, da lui stesso suggerite e dal pc subito sposate, porterebbero allo scontro con Havel, spaccherebbero il Paese e metterebbero in pericolo la stabilità del neonato governo di grande coalizione. Ma più forte sembra l'ambizione, più politica che personale, di imprimere alla «rivoluzione» il sigillo della continuità con la «Primavera di Praga». Come parlando a nome di una generazione e di una cultura politica che ora rischiano di es¬ sere poste in secondo piano, Dubcek ha ricordato che «anche noi siamo al centro di questo movimento. Noi, padri e nonni che non hanno potuto portare a termine il loro disegno, noi, gli anziani, possiamo dare un aiuto per ottenere quella vittoria che non ci fu possibile raggiungere». Il traguardo di una «rivoluzione che non può dirsi conclusa in tre settimane», è ancora quello del '68: «innalzare la patria ad un ruolo importante in Europa. E' lì il nostro posto. Nell'Europa centrale, nell'Europa unita». Così il Dubcek apparso ieri alla stampa nel suo sorriso timido e nel vestito dignitoso che ha sostituito gli abiti poveri dell'esilio di Bratislava, sembra considerare la presidenza della Repubblica come il compimento del suo percorso politico. Perciò il simbolo di una «Primavera» che Mosca ora benedice, decide di attendere l'esito del congresso del pc slovacco, il suo sponsor («arriva molta gente nuova nel partito») ; la seduta del Parlamento che dovrà deci¬ dere il metodo delle elezioni del presidente; il congresso straordinario di un pc di cui non si fida, e nel quale non rientrerà, perché, come ha ripetuto a Craxi, «l'avvenire della Cecoslovacchia è nella sinistra europea». Così Craxi, senza desiderarlo, si è affacciato sulla scena di un confronto tra due personaggi e due culture inserite in modo problematico in un «movimento» che suscita grandi attenzioni nella sinistra europea. L'incontro con l'ex comunista Dubcek, finora il referente del pei, ha rappresentato un'apertura di credito che rimanda ad una sinistra futuribile. E' stato anche il giorno di un grande ritorno. Dopo vent'anni, rimpatria il socialista Jiri Pelikan, nel '68 direttore della televisione, in seguito uno dei pochi punti di riferimento della dissidenza. E' appunto Pelikan a guidare Craxi nel mare ancora tempestoso del post-comunismo cecoslovacco. Guido Rampoldi

Luoghi citati: Bratislava, Cecoslovacchia, Europa, Mosca, Praga