Un'Armada contro Bob il mercenario

Un'Armada contro Bob il mercenario Parigi aumenta la pressione sui golpisti che si sono impadroniti del potere alle Comore Un'Armada contro Bob il mercenario Quattro navi dà guerra con 35Q.piarinesinviate per assicurare «l'incolumità dèi milleseicento cittadini francesi» Ma il capo dei ribelli, il colonnello Denard, nega di aver ucciso il Presidente e rifiuta di rifugiarsi in Sud Africa PARIGI NOSTRO SERVIZIO A settemila chilometri da Parigi si sta svolgendo un mini-dramma coloniale, con trent'anni di ritardo. Sembra il copione di un film di mercenari, ed invece è la realtà di oggi delle isole Comore. Un arcipelago vulcanico di 1800 chilometri quadrati e mezzo milione di abitanti di fede musulmana, nell'oceano Indiano di fronte alla punta settentrionale del Madagascar. Un mercenario francese naturalizzato comoriano, Bob Denard alias Mustapha M'Madjiou, sessant'anni ben portati nonostante la pancetta e i capelli bianchi, governa di fatto le Comore dalla notte tra il 26 e il 27 novembre, dopo l'assassinio del presidente Ahmed Abdallah. Un governo-ombra assicurato da Denard in qualità di comandante della Guardia Presidenziale, a capo di trenta mercenari europei (in gran parte francesi) e 650 soldati comodarli. Un «governo» che non piace affatto a Parigi, fino al 1975 po¬ tenza coloniale delle Comore, e a Pretoria, che da undici anni finanzia e arma i mercenari di Denard. La Francia e il Sud Africa negli ultimi giorni hanno sancito una sorprendente (considerando i rapporti diplomatici tesi) «santa alleanza» per convincere Denard ed i suoi uomini ad abbandonare Moroni, capitale della Repubblica federale islamica delle Comore. Finora i tentativi attuati dall'ambasciatore francese sono stati vani, e ieri Mitterrand è passato alla politica di intimidazione. Quattro navi da guerra francesi, con 350 marines a bordo, sono salpate da Mayotte, territorio francese ad un centinaio di chilometri da Moroni, ed hanno gettato l'ancora di fronte alle coste comoriahe. Pronte ad intervenire. Il governo francese ha «escluso un intervento militare» ma nello stesso tempo si è «reso garante dell'incolumità dei 1600 cittadini francesi che vivono nell'arcipelago comoriano». E' difficile immaginare una battaglia tra un manipolo di mercenari ed una mini-armada come quella che si è formata al largo di Moroni. Basterebbe probabilmente l'intervento dei cinque elicotteri da combattimento Puma che sono pronti a decollare da Mayotte per far fare i bagagli in tutta fretta a Denard ed ai suoi uomini. Ma la situazione è complicata dal fatto che per 11 anni quei mercenari francesi hanno fatto comodo sia a Parigi che a Pretoria, che oggi li sconfessano. Hanno puntellato con la forza delle loro mitragliatrici un governo dispotico come quello di Abdallah che serviva alla Francia per garantire la «stabilità» di una retrovia strategica, e al Sud Africa come prezioso punto d'appoggio di fronte all'avversario Mozambico. Francia e Sud Africa hanno promesso a Denard soldi e impunità (pende su di lui un mandato di cattura francese) se lascerà Moroni alla volta di Pretoria. Ma il «colonnello» non sembra per il momento convinto. Alle Comore ha di fatto con¬ cluso un burrascoso periplo di soldato di ventura in Africa, convertendosi all'Islam e sposandosi con una comoriana che gli ha dato dei figli. Una sorta di dorata pensione (otto milioni di lire al mese pagati dal Sud Africa per i servigi nella Guardia Presidenziale) dopo il sanguinoso fallimento del tentativo di rovesciare il regime marxista del Benin, nel gennaio 1977. L'ultima azione militare del mercenario Denard, che mise in grave imbarazzo Parigi. Il «colonnello» ieri si è difeso, in un'intervista, dall'accusa di aver ucciso il presidente Abdallah, che intratteneva cordiali rapporti con Mitterrand. Abdallah sarebbe caduto, colpito da cinque proiettili sparati dal sergente Jaffar, sua guardia del corpo e cugino, durante una ribellione di parte del minuscolo esercito comoriano subito domata dalla Guardia Presidenziale. Una versione poco chiara che ha l'aria di una difesa d'ufficio. Paolo Polerti