Il Tar: Ayala per ora resta a Palermo

Il Tar: Ayala per ora resta a Palermo E mentre si scava ancora nel cimitero della mafia, il pentito ottiene di essere sentito a Roma Il Tar: Ayala per ora resta a Palermo Sospeso il trasferimento del magistrato deciso dal Csm PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Giuseppe Ayala per ora resta a Palermo. L ha stabilito il Tar della Sicilia al quale il giudice aveva presentato ricorso sostenendo di aver subito un «danno grave e irreparabile» dal trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale decretato dal Csm il 9 novembre. Nel ricorso i legali del magistrato hanno rilevato che il provvedimento del Csm è «illegittimo e viziato da eccesso di potere». Il Tribunale amministrativo regionale per il momento si è limitato a sospendere il trasferimento ed emetterà solo in un secondo tempo il giudizio. La posizione del pubblico ministero del primo maxiprocesso a Cosa Nòstra resta dunque incerta, ma è il caso di notare che almeno sul piano, psicologico il provvedimento suona a suo favore. Ayala ha preferito non commentare la decisione, ma persone a lui vicine non hanno nascosto piena soddisfazione. E' stato fatto notare che il motivo principale della pur sofferta decisione del Csm (spaccatosi sull'opportunità o meno di allontanare il giudice da Palermo) è caduto dopo che il debito di 520 milioni che Ayala e la moglie da cui è separato avevano con il Banco di Sicilia è stato interamente saldato. In tribunale intanto non si smorzano le indagini antimafia consentite dalle rivelazioni del nuovo pentito, Francesco Marino Mannoia. Ieri mattina a un «vertice» hanno partecipato magistrati, poliziotti e carabimeri nell'ufficio del procuratore Salvatore Curti Giardina. C'era anche Giovanni Falcone, il neo-procuratore aggiunto che ha raccolto le prime testimonianze del pentito, come 5 anni fa quelle di Buscetta e Contorno. Il sostituto procuratore Sciacchitano ha precisato che «non sono emersi collegamenti della mafia con il mondo politico e imprenditoriale». Il magistrato si è riferito ovviamente a collegamenti organici, cioè a complicità, perché quelli finanziari ci sarebbero e come. Marino Mannoia verrà interrogato dalla corte di assise di appello di Palermo fra una settimana a Roma, lunedì 18, nell'aula speciale di Rebibbia. Il pentito non ha voluto presentarsi nei giorni »corsi nell'aulabunker dell'Ucciardone: teme la vendetta dei mafiosi che ha tradito e che gli hanno già ucciso il fratello, la madre, la sorella e una zia. L'appello del maxiprocesso numero uno a Cosa Nostra nel quale Marino Mannoia è imputato di associazione mafiosa e traffico di droga (in primo grado ebbe 17 anni di reclusione) ha dunque subito un nuovo rallentamento proprio quando sembrava a una svolta con l'inizio della requisitoria della pubblica accusa. Continuano gli scavi nelle zone indicate da Marino Mannoia come cimiteri della mafia e in particolare presso un cavalcavia nel rione Brancaccio. Qui sabato sono stati rinvenuti frammenti di ossa umane. E proseguono gli accertamenti, sulla base del contenuto del registro sequestrato dalla polizia nei giorni scorsi nell'appartamento di via Imperatore Federico abitato da un «incensurato insospettabile». E' il «libro mastro» delle cosche di Palermo Ovest dove la fa da padrone, anche ora che è latitante, Gaetano Fidanzati, boss della borgata Arenella indiziato fra i tanti dell'omicidio dell'agente di polizia Natale Mondo, il braccio destro del vicequestoru Antonino Cassarà, anch egli assassinato dalle cosche. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Palermo, Roma, Sicilia