SOWETO GRIDA

SOWETO GRIDA SOWETO GRIDA André Brink: sta crollando il muro del razzismo IGRAHAMSTOWN (Sud Africa) L governo di Pretoria non aveva tutti i torti a considerare André Brink il pericolo pubblico delle lettere numero uno. Dal romanzo Un'arida stagione bianca (Frassinella pp. 352, L. 22.500) l'immagine del regime razzista sudafricano esce annientata. Nel rievocare uno dei tanti episodi di violenza subita dai neri nel pericoloso anno '76 a Soweto e dintorni, Brink ba aperto una finestra su un inferno regolamentato di violenze, torture e soprusi intollerabili. La storia (se ne può vedere in questi giorni una versione cinematografica con lo stesso titolo, regista la giovane francese Euzhan Palcy ; al medesimo periodo, ai bambini uccisi dalla polizia, s'ispira anche il musical Sarafina, in scena la settimana scorsa al Lirico di Milano e presto nuovamente in Italia): Ben Du Toit è un bianco, insegna in un liceo della periferia di Johannesburg, una vita tranquilla trascorsa fino a quel momento (il '76) nelle linde e protette sacche afrikaner. Di fronte alla morte del figlio di Gordon Ngubene (bidello e giardiniere nel suo liceo), il professore non crede all'inverosimile versione ufficiale; per la prima volta si fida della verità nera: Jonathan, il figlio, è stato ucciso dalla squadra speciale della polizia, nell'odiato palazzo delle torture di John Vorster Square Ben Du Toit (Donald Sutherland nel film) aiuta Gordon a compiere indagini parallele a quelle vuote della polizia. Anche Gordon viene arrestato. Ucciso. La polizia sostiene: suicidio. Ma a finirlo sono state le torture del feroce capitano Stolz. Sotto il tiro degli agenti Sempre più solo, nell'ostilità crescente di famiglia e colleghi, sotto il tiro degli agenti speciali, aiutato da un vecchio avvocato di cause perse («Ogni volta che ne ho vinta una, hanno cambiato la legge», mormora Marion Brando nei suoi pochi e appassionati minuti di apparizione nel film) e da un'intrepida giornalista inglese (Susan Sarandon), Ben Du Toit cerca di vendicare l'amico. Sotto il forte cielo australe. Un'arida stagione bianca registra il tormento e la fine violenta di un afrikaner che ha aperto gli occhi: «Qualcosa è cambiato in modo irreversibile — dice Du Toit —. Mi sono inginocchiato accanto alla bara di uh amico. Ho parlato con una donna che piange in cucina così come avrebbe pianto mia madre. Ho visto un padre alla ricerca affannosa del figlio. Così come io avrei cercato il mio. E quel dolore e quell'affanno sono causati dalla ''mia gente"». E' il ritratto crudo di un ribelle con le spalle sempre più scoperte. Davanti alla tremenda repressione di bambini e adulti neri di Soweto nel maggio '76 e nei mesi seguenti, il tranquillo professore e oppresso da una domanda: «Cerco la giustizia. Chiedo troppo?», Sì, nel Sud Africa di 13 anni fa. E forse anche in quello di oggi. Un'arida stagione bianca è il testo di maggior impegno politico di questo romanziere cinquantaquattrenne, nato in Sud Africa e di origine olandese, pluripremiato e tradotto. In Francia per anni e tornato nella sua terra nel '68 per «affrontare fino in fondo la responsabilità di ogni mio scritto, non come membro di un piccolo ed esclusivo circolo di scrittori bianchi, ma come esponente letterario di un Paese che appartiene più all'Africa che all'Europa». Più coraggioso frutto della nuova «responsabilità», questo romanzo pubblicato nel '79. «Il libro rimase in vendita solo due settimane», ricorda ora Brink, raggiunto telefonicamente nella sua casa a Grahamstown, nel Sud-Est del Paese (insegna letteratura afrikaans nella locale università). «A Dry White Season fu seque¬ strato per sei mesi. Insieme ad altri miei libri, a quelli di Nadine Gordimer. Cominciò, per me, il periodo più duro. Guai senza fme con la polizia, perquisizioni. Non capitò di peggio solo perché sono bianco». Nel romanzo la voce narrante è quella di uno scrittore bianco a cui Ben Du Toit aveva spedito tutta la documentazione della sua ricerca parallela prima di essere ucciso. Anche a lei è capitato qualcosa di simile? «Sì. Ma non le posso spiegare di più. Tutta la storia è esattamente autobiografica, ma nel romanzo ho dovuto cambiare i nomi e aggiungere alcune verità mai dichiarate ufficialmente». Nel '68 ha lasciato il rifugio francese per tornare a Johannesburg e affrontare i problemi. Lo rifarebbe? «Certo. Per tutto quello che noi frattempo qui è cambiato. E per le storie che questa realtà così forte e sempre pronta a mutare drammaticamente mi ha suggerito. Un attimo prima del crollo «Eppure, sotto la superficie la realtà è sempre la stessa. Per la prima volta da dieci anni a questa parte qualcosa si muove. Ma non abbastanza in fretta. Non nelle ingiustizie che pesano. Quello che ho raccontato sulla doppia morte della famiglia Ngubene potrebbe ripetersi oggi. Anche per questo mi sono messo di nuovo al lavoro su un romanzo ancora più duro di Un'arida stagione bianca. Penso ce ne sia bisogno». Come descriverebbe la situazione del suo Paese? «Ha presente il muro di Berlino qualche settimana fa? Anche qui tutto sta per crollare. C'è lo stesso fermento, un'irrequietezza incontenibile». Quali le misure più urgenti? «Tre, fondamentali: deve finire immediatamente lo stato di emergenza. L'African National Congress va riabilitato. Nelson Mandela deve uscire. Oggi uno può marciare sventolando la bandiera dell'Ano. Ma c'è gente condannata a cinque o sei anni (e ancora in cella) per la stessa azione». Quanto bisognerà aspettare? «Non vorrei essere troppo ottimista, ma credo che con l'anno prossimo qualcosa Gambiera. Fino a questo momento il governo ha preso decisioni di poco peso: aprire le spiagge ai neri, permettere i matrimoni misti (ma poi la coppia non può convivere, perché le case non sono ancora aperte alle due razze). A gennaio, con la ripresa delle attività parlamentari, si potrebbe arrivare a grandi decisioni». Un anno wonderjul, meraviglioso il 1990, spera Brink. Anche perché: «Da qualche stagione gli scrittori, tutti gli artisti e i musicisti neri godono di maggior libertà. Il momento è memorabile. C'è un'esplosione di creatività in letteratura, teatro, pittura. «E si assiste a un fenomeno ancora sconosciuto e difficile da prevedere: la nascita di un'unica, organica e variegata cultura sudafricana, un fiume in cui entrano tre sorgenti finora divise, quella bianca afrikaner, la bianca inglese e quella nera. La più impetuosa e interessante è quest'ultima». Il presente è magico, ma l'anno prossimo sarà wonderful, dice Brink con la voce ansiosa di chi teme di rovinare un sogno condiviso da venti milioni di persone nei lunghi anni dell'arida stagione bianca. Michele Neri Dello scrittore sudafricano André Brink è appena uscito in Italia «Un'arida stagione bianca». A questo romanzo è ispirato ilfilm omonimo