In tv il film Bbc sulla Libia di Lorenzo Del Boca

In tv il film Bbc sulla Libia E' stato presentato a Firenze, denuncia il colonialismo fascista In tv il film Bbc sulla Libia Alla Rai i crimini di guerra italiani Crimini di guerra e responsabilità tenute nascoste. Torna indietro di cinquant'anni l'orologio: al cinema Alfieri di via Dell'Ulivo, a Firenze, va in scena un film «vero» sulle conquiste italiane in Africa e Jugoslavia. L'Impero, un posto al sole, «fascisti in piedi», le baionette, «faccetta nera» e i partigiani di Tito. Troppo indietro? Basta qualche immagine di Palazzo Venezia sepolto dall'ingorgo del traffico o un vigile che si sbraccia (inutilmente) all'angolo di via del Corso per ridare attualità a uno sforzo di recupero culturale. Flash-back sui peccati di gioventù. La pellicola è firmata Ken Kirby, un regista di 30 anni con laurea alla Plymouth University ed è prodotta dalla Bbc inglese. A Londra, è andata in onda in due puntate il primo e l'otto novembre e una terza serata è stata dedicata al dibattito. Il vernissage nazionale è a Firenze. Anche se, probabilmente, il pubblico italiano avrà modo di rivedere il programma perché la prima rete della Rai ha comprato i diritti (così come la tv svizzera, l'emittente in lingua francese del Canada e l'antenna jugoslava). Per chi abbia studiato la storia quegli spezzoni dei documentari di regime Luce o le riproduzioni di foto dagli archivi (i contributi maggiori vengono dall'istituto della Resistenza di Novara) non possono davvero meravigliare. Perché le guerre si trascinano, comunque, il peso dei rastrellamenti e della rappresaglia, delle fucilazioni e degli orfani, dei morti e dei mutilati. La sorpresa sta piuttosto in quell'irruzione nel «rimosso» di ciascuno che credeva di aver dimenticato e superato, per lasciar perdere e guardare oltre. Abbastanza suggestiva, e in qualche passaggio anche inedita, è invece l'interpretazione del perché le prove di quei delitti siano rimaste nella polvere degli archivi. Gli eserciti vincitori hanno processato tedeschi e giapponesi: come mai nessu- no dei 1200 criminali italiani? La risposta emerge dalle dichiarazioni di una dozzina di storici di Cambridge. Churchill era ostile al fascismo e non voleva un'Italia in camicia nera ma, una volta caduto il regime di Mussolini, non voleva neppure correre il rischio di trovarsi con un'Italia in camicia rossa. I comunisti erano accreditati di una forza di due milioni di attivisti. Tanti: troppi. Applicare con rigore il codice del dopoguerra avrebbe significato mettere in prigione un gran numero di'" alti ufficiali'dell'esercito' creando un vuoto di potere che poteva diventare pericoloso poiché'favoriva, di fatto, soltanto il pei. E, allora, silenzio. A mezzo secolo di distanza resta «l'eredità del fascismo» e «una promessa tradita». In Africa — rileva Angelo Del Boca che ha rivoltato ogni an¬ golo di questa porzione di storia — non c'è villaggio, nemmeno il più sperduto, che non pianga almeno un morto. Duecentomila vittime? I numeri sono approssimativi eppure raccapriccianti come quella fila di impiccati messi davanti all'obiettivo senza riguardo e quei due soldati che sghignazzano mentre reggono per i capelli la testa mozzata di un guerrigliero catturato. Giorgio Rochat dell'Università di Torino ha evidenziato il largo uso della guerra chimica da* parte dell'esercito itHlùnio. Bombe lanciate senza riguardo, gas di iprite che bruciavano la pelle, il massacro di un ospedale di Ras Desta. La conclusione è brutale nella sua verità: «Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani sono criminali di guerra». In Jugoslavia ì responsabili sarebbero Mario Roatta e Ales¬ sandro Pirzio-Biroli, generali con pieni poteri e l'ordine di «italianizzare» il bacino dei Balcani. Testimoni, storici, sopravvissuti, figli di deportati raccontano come in un leit-motiv i motivi dell'orrore. «La popolazione è stata deportata. Fuori dalla Jugoslavia almeno 1200 intellettuali. In campi di concentramento migliaia d'altre persone». Campi di concentramento italiani? Ci sono le foto: ragazzini che hanno soltanto grandi occhi pieni di vuoto, uomini che non si reggono sulle gambe troppo secche, donne già morte allineate in fosse comuni. «Il cibo era acqua un po' calda e un po' sporca. La carne non si vedeva mai e il pane era raro». Come ad Auschwitz. Come nei racconti che si credeva patrimonio negativo della Germania nazista. «Sono arrivati da là in fondo». Impermeabile e sciarpa, cappello che punta sugli occhi e pochi denti in bocca. «Là — allunga l'indice divorato dall'artrite — erano armati fino ai denti e hanno fatto fuori mio padre, il padre di mio padre e altri otto della mia famiglia». Non piange, non ha più lacrime. Piange una vecchia con i capelli bianchi e il gol fi no nero: «Avevo sedici anni — adesso ne ha sessanta — sono spuntati dal bosco e hanno piazzato la mitragliatrice. Un fuoco d'inferno e alla fine solo gemiti di moribondi». Gli storici assicurano che ci sono i dossier delle malefatte d'Africa e di Jugoslavia. Tutto documentato: la campagna del 1936 e l'invasione del 1941. Ma le accuse sono rimaste nei fascicoli. Il 25 luglio 1943, caduto il fascismo, è toccato al maresciallo Badoglio reggere le sorti del governo che stava per abbandonare i tedeschi perallearsi con americani e inglesi. Il primo criminale di guerra — per l'accusa — era anche il garante della legalità. Come rimetterlo in discussione tre o quattro anni dopo, nel 1946 o 1947? Lorenzo Del Boca Soldati Italiani in partenza per l'impresa d'Africa salutano dal ponte della nave

Persone citate: Angelo Del Boca, Badoglio, Churchill, Giorgio Rochat, Kirby, Mario Roatta, Mussolini, Pietro Badoglio, Pirzio, Rodolfo Graziani