Reazioni a Bonn di Alfredo Venturi

Reazioni a Bonn Reazioni a Bonn Per Kohl «era tutto previsto» Ma mancano gli interlocutori BONN dal nostro corrispondente Il terremoto politico a Berlino? «Era prevedibile», dice Helmut Kohl. Dopo il crollo di Egon Krenz e del vertice comunista, travolti dall'ostilità popolare e dalla stessa base del partito in rivolta, il governo federale affetta una improbabile serenità. «La preparazione del mio viaggio al dì là del Muro — dice il Cancelliere — prosegue normalmente». Kohl confida ancora di essere a Berlino entro dicembre. I portavoce osservano che dopo l'autodecapitazione del partito Hans Me drow, il capo del governo, rimane il principale interlocutore di Bonn. Dal punto di vista protocollare è proprio Modrow la controparte di Kohl che del resto, si precisa, potrebbe anche incontrare il presidente del Consiglio di Stato, cioè il ridimensionato Egon Krenz. Per tacere del personaggio ancora misterioso al quale il 17 dicembre, al termine del congresso straordinario Sed, saranno affidate le incerte sorti del partito. Fra pochi giorni Rudolf Seiters, il ministro della Cancelleria, sarà una volta ancora a Berlino per vedere Modrow e preparare la visita di Kohl. Così dicono i portavoce, ma il viaggio ha in realtà un significato molto più ampio. Seiters va a immergersi nel magma incandescente di un Paese in drammatica transizione, per studiare il soggetto sempre più sfuggente con cui Bonn dovrebbe negoziare la sua politica intertedesca. Questa politica è stata per la prima volta fissata in un progetto, il piano in dieci punti annunciato da Kohl la scorsa settimana. Ma quei punti presuppongono, nell'altra Germania, l'esistenza di un potere stabilizzato che elabori la legge elettorale, indica le elezioni, permettendo così l'insediamento di organi democratici, con i quali sia possibile istituire le «strutture confederali» previste dal piano. Quell'interlocutore stabile oggi semplicemente non esiste. Dal caos politico di Berlino è tuttavia emersa la prima voce ufficiale, a Oriente della Repubblica federale, non pregiudizialmente ostile all'ipotesi della confederazione. E' la voce dello stesso Modrow, che in un'intervista allo «Spiegel» non esclude quella .possibilità. Purché non si parli di riunificazione, precisa il primo ministro, e sia ben chiaro che il discorso si limita ai confini attuali dei due Stati tedeschi. Ma si tratta per ora «di desideri, di sogni», dice Modrow: quello che conta oggi è creare le condizioni di una «autentica situazione contrattuale». Nonostante la prudenza del linguaggio, questo comunista riformatore si spinge molto avanti sulla strada delle prospettive unitarie: basti confrontare questo discorso con quello di Gorbaciov a Milano e a Malta, dove sono stati riha-, diti i meccanici riferimenti di sempre all'intangibile Europa di Helsinki. Il suo piano, Kohl lo ha illustrato ieri agli alleati atlantici, riuniti a Bruxelles per ascoltare il presidente George Bush reduce da Malta. Oggi HansDietrich Genscher lo illustrerà a Mosca all'altro reduce, il presidente Michail Gorbaciov. C'è qualcosa di paradossale in quest'ultima missione. Il ministro degli Esteri va a caldeggiare il decalogo del Cancelliere dopo che il suo partito liberaldemocratico vi ha individuato una lacuna comprensibilmente considerata grave: vi manca un riferimento esplicito al fatto che i limiti del progetto corrispondono ai confini delle due Germanie attuali, che la linea Oder-Neisse non si tocca, e che quindi i polacchi possono stare tranquilli. E' la stessa lacuna che ha impedito, al Bundestag, una votazione plebiscitaria, determinando l'astensione del gruppo socialdemocratico. Dopo quel voto parlamentare, il/dibattito interno sul piano Kohl si è fatto più aspro. Bisogna dire che i partiti federali non stanno dando uno spettacolo molto elegante: di fronte alla grandiosità del movimento in corso nell'altra Germania, e alla oggettiva opportunità di porre su basi nuove la questione tedesca, la principale preoccupazione resta quella delle elezioni in programma fra un anno. E' proprio perché assillato da quella prospettiva che Kohl, ansioso di recuperare a destra, ha omesso il doveroso riferimento ai confini. Per la stessa ragione Oskar Lafontaine, in lotta per la candidatura socialdemocratica alla Cancelleria, ha attaccato indirettamente il presidente del suo partito Hans-Jochen Vogel, anche lui candidato alla successione di Kohl, dicendo che il piano, su cui Vogel ha espresso soltanto qualche riserva, è «un grave infortunio diplomatico». E' mancata infatti, accusa Lafontaine, una preventiva consultazione con gli alleati e l'Unione Sovietica. Alfredo Venturi