Il ritratto di Camillo

Il ritratto di Camillo Il ritratto di Camillo Un prim'attore della finanza che non ama far parlare di sé MILANO. Un'eminenza grigia per gli addetti ai lavori, quasi sconosciuto al grande pubblico. Ma a Camillo De Benedetti, personaggio chiave dell'operazione Fondiaria, va bene così. Probabilmente lui, maniaco della riservatezza, registra con piacere che il «Chi è» dell'economia edito da «Il Mondo» lo qualifichi sbrigativamente come «il cugino di De Benedetti». Eppure, dall'inizio degli Anni Sessanta, Camillo De Benedetti è un personaggio chiave della Borsa italiana, l'altra faccia del mercato rispetto a Francesco Micheli che esordi in Piazza Affari negli stessi giorni in cui Camillo iniziava a lavorare alla Borsa di Torino. L'ironia della sorte ha voluto che Micheli con la sua Finarte e De Benedetti con la Gaie approdassero alla quotazione in Borsa a Milano nello stesso giorno nel 1986. E quel giorno, di fronte ai giornalisti, Camillo De Benedetti non smentì la sua fama: non solo non rispose ad alcuna domanda sulla Fondiaria ma, con grande cortesia, rifiutò perfino qualsiasi previsione sulla Borsa o addirittura sul comparto assicurativo e bancario. Un tipo de! genere non poteva non attrarre le simpatie di Cuccia. E non è certo un caso che Camillo sieda da anni nel consiglio delle Generali e sia considerato uno dei possibili condottieri del colosso triestino negli Anni Novanta. Dal canto suo lui si limita a non tradire emozioni e a sfuggire al fascino dei riflettori. Una scelta giusta, a giudicare dai risultati. Questo torinese di 57 anni (è nato nel 1932) non ha tradito i suoi principi da quando cominciò la sua carriera presso lo studio di Giuseppe Giubergia e dello zio Umberto Treves. Da allora ha avviato una politica di lento avvicina¬ mento ai centri del potere che contano. Da molti anni è presidente della Banca Mercantile (con distacco ha accolto l'ingresso di Finarte nella compagine azionaria dell'istituto, non rifiutando la collaborazione ma senza dar grandi sboccchi alla possibile alleanza), figura come vice presidente delle Generali, ha saputo attrarre soci come Mediobanca, Lazard Frères e Eric de Rothschild nella compagine societaria della sua Paleocapa, da cui dipende la Gaie. Camillo controlla il 70%, mentre gli altri dispongono di tre quote del 10%. E con Carlo? I rapporti tra i due cugini hanno attraversato fasi alterne. Collaborazione negli Anni Settanta, una fase di freddezza, poi il grande abbraccio. Nel settembre dell'87 Carlo e Camillo stipularono un'intesa tra Gaie e Cir «allo scopo di stabilire rapporti azionari e operativi tra i due gruppi». Ora la Cir di Carlo De Benedetti è il secondo socio della Gaie con il 15%. Dal giugno scorso, poi, Camillo siede nel consiglio di amministrazione dell'Olivetti, a testimonianza dell'amicizia che corre tra i due. Non si può trascurare, in questa chiave, la presenza della Cir nella compagine azionaria di Suez, uno dei gruppi destinati probabilmente ad essere interessati nello sviluppo di un grande polo assicurativo italo-francese. C'è anche, oltre al legame con la Fondiaria (che andrà rescisso per non incorrere nelle sanzioni per le partecipazioni incrociate), un'alleanza con la Sai di Salvatore Ligresti e con la Sifa, la finanziaria del gruppo Iri. La base, insomma, è ottima per pilotare il progetto più ambizioso: costituire, assieme alle Generali, un polo assicurativo internazionale in grado di competere con i colossi tedeschi, francesi, britannici. (u. b.|

Luoghi citati: Milano, Paleocapa, Suez, Torino