DA DOVE VENGONO LE PAROLE DEI MALAVOGLIA

DA DOVE VENGONO LE PAROLE DEI MALAVOGLIA DA DOVE VENGONO LE PAROLE DEI MALAVOGLIA Questa riflessione di Leo ih m lo Sciascia sul valore della memoria nelle opere di Giovanni Vergu, caposcuola del verismo, è apparsa sulla rivista -Sigma» nel 1977 (n. 1/2) E 'autore del «Contesto» evidenzia la «voce mirrante, non genericamente siciliana», usata da l'erga wjTIILEGGEVO, l'estate 11 scorsa, dopo tanti anni, I k Malavoglia. E debbo Il premettere due dati di *™ fatto: che negli anni in cui l'ho letto, e posso anche dire studiato, abitavo in un paese dove ancora persistevano le condizioni rappresentate nel libro; e che negli anni in cui non l'ho più riletto sono andato verso una svalutazione dell'opera, arrivando persino ad una insofferenza quasi uguale a quella che manifesta Dominique Fernanda'/, in Mère Mediterranée. Rileggevo dunque / Malavoglia, l'estate scorsa. Ed ecco che ad un certo punto, pagina 95 della prima edizione,.mi sono trovato come incagliato. Il punto è quello della breve schermaglia amorosa tra 'Ntoni e la Mangiacarrubbe da cui viene poi questa considerazione: «Ora che la Mangiacarrubbe ha messo gli occhi addosso a 'Ntoni di padron 'Ntoni, la sarà una provvidenza per la cugina Anna, diceva comare Venera». Mai prima mi era capitato, a quel punto di non capire. La battuta era, indubbiamente, di pettegola ironia: ora che la Mangiacarrubbe amoreggia con 'Ntoni, la cugina Anna ne- farà le spese. E perché? E come? L'ho riletta. L'ho tradotta in dialetto. L'ho pronunciata. E allora come riflessa, come restituita da un'eco lontana, l'ho sentita e capita. Ma difficilmente un lettore non siciliano, o comunque non in grado di fare la mia piccola operazione di ritraduzione e di riascolto, riuscirebbe h capirla senza tornare a scorrere le 94 pagine che la precedono. Perche questa battuta, per essere subito colta, presuppone una descrizione topografica, di tipo manzoniano, del paese: e Verga non l'ha data; o ha bisogno di una traduzioneesplicazione in questi termini: la cugina Anna è vicina di casa dei Malavoglia, mentre la Mangiacarrubbe abita più lontano; per vedere 'Ntoni, dunque, la Mangiacarrubbe andrà spesso, e lungamente si fermerà, in casa della cugina Anna; e la cugina Anna, che ha i propri guai, dovrà subirsi la compagnia di una tal donna, fatua e pettegola. Sembra un particolare di mi¬ nima importanza, sul quale il più delle volte l'occhio del lettore scorre senza fermarsi; ma a me è servito come rivelazione della «voce narrante» che è nelle cose siciliane del Verga, del suo scrivere come riascoltare, del suo trasferire la memoria alla memoria di una voce, di un modo, di una sintassi, di una cadenza. E viene da pensare a quello che una vecchia narratrice di fiabe e racconti popolari disse una volta a Vann'Amò: «Lu cuntu è nenti, tuttu sta culmi si porta». Cioè: niente è il racconto, tutto sta nel modo di raccontare. Ora appunto Verga ha trascritto una «voce narrante» non genericamente siciliana, non genericamente dialettale, ma individualizzata al massimo e capace di portare quel niente che è la storia dei Malavoglia alle più alte e tragiche risonanze. Leonardo Sciascia

Persone citate: Dominique Fernanda', Giovanni Vergu, Leonardo Sciascia, Sciascia, Verga