CARO CALVINO, NON SONO SOLIDO COME CREDI

CARO CALVINO, NON SONO SOLIDO COME CREDI CARO CALVINO, NON SONO SOLIDO COME CREDI Neii'aulwuio del '6.5 Li i mi in In Sciuscià uivvu fjorlulu all'Einaudi una copia del suo nuovo romunzo -A ciascuno il suu». Italo Calvina è a Parigi e non incontra lo scriUore siciliano, ma leggerà il dattiloscritto in novembre, di ritorno a Torino. E scaverà a Sciascia testimoniandogli il suo interesse, ma anche qualche perplessità, qualche "frecciata" affettuosa. Ciò die Sciascia scrive sulla Sicilia, dice (alvino, è una «divertente variazione», quel paese ormai «è la sola cosa die conosciamo a fondo-, tutto «è stalo classificato» e scriverne, ancfie solidamente come fu Sciascia, è come condurre una partila a scacchi, si può solo eseguire altre combinazioni. Calvino confessa di essere rimasto, come lettore, piti vicino a •<!/ Consiglio d'Egitto». Caltanissetta. 22 novembre 1965 "plARISSIMO Calvino, l'Ila tua lettera mi ha dato I Ida pensare: poiché la 1 i giustezza della tua VI «frecciata» coincide con una mia inquietudine e insoddisfazione in progresso. Non sono per niente solido, come tu mi credi; al contrario, tra centrosinistra e inteme carenze di «ragioni», sono sul punto di cedere. Mi trovo nella condizione insensata (parodiando Lincoln) di scrivere dalla Sicilia, della Sicilia, per la Sicilia mentre intorno mi si va facendo il deserto. Quello che tu dici è molto vero: della Sicilia si sa ormai tutto, assolutamente tutto; la letteratura ne ha dato un'immagine nitida, compiuta (che è anche la gloria della letteratura siciliana, ma al passato). Però questa compiutezza e chiarezza non vengono anche dal fatto che la Sicilia è, nella sua realtà, morta? L'ipotesi della «desertizzazione», che Compagna formula per gli Anni Novanta, qui è già in atto. Quando di domenica vado al mio paese veramente trovo il deserto; e così è in tutti i paesi dell'interno. Ormai c'è più Sicilia a Parigi che a Racalmuto, nella Torino razzista che nella Palermo mafiosa. Bisogna avere il coraggio di seguire questa Sicilia che sale verso il Nord, pei trovare ia gione più valida (almeno per oggi) di scrivere. ■Restando nei deserto, altro non abbiamo che il piacere, come tu dici, e l'amarezza, come io aggiungo, di combinare all'infinito un numero finito di pezzi. E allora, giuocare per giuocare, non è meglio cercare i pezzi negli archivi? Questo è il mio problema (e quasi il mio proposito). Come vedi, cerco di essere lucidamente cosciente del mio caso; e in questo senso la tua lettera non è un «piccolo boccone amaro», ma un aiuto di cui ti sono particolarmente grato. Che poi il mio ultimo racconto ti sia piaciuto è cosa che mi incoraggia, per dirla come metafora, a tenere ancora la penna in mano. E non dico per dire. Il tuo giudizio e quello dei lettori che continuano a comprare i miei libri, coincidendo come il giudizio del cardinal Federico con i pareri di Perpetua, sono quelli di cui veramente mi importa. Credimi affettuosamente tuo Leonardo Sciascia (riproduciamo la lettera dello scrittore per gentile concessione degli eredi)

Persone citate: Calvino, Compagna, Italo Calvina, Leonardo Sciascia, Sciascia