Piccoli e grandi, tutti in Urss di Maria Teresa Martinengo

Piccoli e grandi, tutti in Urss Le «aperture» di Gorbaciov favoriscono la nascita di società miste Piccoli e grandi, tutti in Urss Piemontesi i «pionieri» L'avventura economica delle imprese occidentali in Unione Sovietica continua. A Togliattigrad, avanguardia italiana (e piemontese in particolare) di decenni or sono, si seguita a lavorare attivamente nel settore della componentistica, ma nel tempo, gli accordi economici tra russi e italiani si sono allargati ad una quantità di settori — dalla metalmeccanica al tessile, all'industria alimentare per i quali è difficile tracciare confini. E le parole d'ordine dell'era Gorbaciov, sono joint venture, società miste. Finora, tra italiani e sovietici, ne sono state realizzate una ventina. Pioniere in questo senso è stata la torinese Fata, leader nel settore dell'automazione. L'interesse, la voglia di approfondimento superano di molte misure le cifre ancora contenute, sebbene non ci si nasconda le obiettive difficoltà: prime tra tutte quelle legate alla percentuale di capitale (non più del 49% agli stranieri), il l'atto che la presidenza del consiglio di amministrazione delle società e la direzione generale debbano essere in mani sovietiche, il problema della moneta non convertibile. Ma l'ampio ventaglio di settori merceologici appetiti dai partners orientali fa guardare con ottimismo alle possibilità di superamento degli ostacoli esistenti. Lo dimostrano gli incontri su questi temi che hanno avuto luogo nell'ultimo anno nella sola Italia settentrionale: il seminario svoltosi a Torino un anno fa, «Le joint ventures in Unione Sovietica: problemi e prospettive», organizzato dal Bit; l'incontro di Genova dal titolo «Joint venture Est-Ovest: esperienze e prospettive», promosso nel marzo scorso dalla locale Camera di Commercio e dalla Commissione Economica per l'Europa dell'Onu; quello di aprile a Milano, intitolato «Urss e Cina a confronto per ii processo di internazionalizzazione delle imprese italiane» (promosso dalla Bocconi). I progetti esistono e poco alla volta prendono forma in tutti i settori. Esempi? La Crt ha messo a punto un accordo con una banca di Mosca. Joint venture sono state realizzate da Fiat, Comau, Pianelli e Traversa, San Paolo, Olivetti, Mbs, Savio, Comit, Italturist. La Saiag ha in corso trattative. C'è una discreta volontà di procedere ad un accordo da parte del Salumificio Campagnolo. Esistono avvii di collaborazione tra Politecnico di Torino e università sovietiche. La Morando di Asti sta facendo un accordo per impianti di fornaci. Il gruppo Blangino ha realizzato in estate una joint venture che prevede l'allestimento a Minsk di un impianto tecnologicamente avanzato di macellazione, lavorazione, tra¬ sformazione, confezionamento e distribuzione delle carni. Le aziende che esportano in Urss o che lavorano i prodotti importati sono numerosissime. Si tratta però di iniziative unilaterali. Per il Piemonte, molti sono i nomi prestigiosi dell'economia regionale e nazionale. Si tratta di Comau, Olivetti, Saiag, Gate, Iterco, Gruppo Plastico Industriale, Maglificio e Calzificio Torinese, Rambaudi, Sandretto, Carrara e Matta, Prima Industria, Borini Costruzioni, Guala (di Alessandria), Iper (rivestimenti edili), Finterm (riscaldamento, pannelli solari ecc.), le cuneesi Falci (acciai speciali) e Merlo (macchine per edilizia), Mondo Rubber. Tutta la gamma del meccanotessile biellese sta fornendo componenti. In alcuni casi, gli accordi risalgono tuttavia a parecchi anni fa. La rivoluzione di Gorbaciov ha provocato comunque molto fermento tra le forze economiche italiane piccole e grandi. Alle attuali condizioni — affermano gli esperti — le possibilità di riuscita in Unione Sovietica competono però principalmente ai grossi gruppi. E il volume di affari complessivo assegna il primato ad altri Paesi Cee. Spiega Enrico Gennaro, direttore del Centro Estero delle Camere di Commercio Piemontesi, in partenza per Mosca dove parteciperà ad «Avtomatiza- cija 89» con un gruppo di sei aziende «assistite»: «La differenza fondamentale che penalizza l'Italia rispetto ad altri Stati della Comunità Europea nello stringere rapporti economici con l'Urss, è che Germania e Francia, ad esempio, hanno un numero di imprese mediograndi molto più alto di noi. Spesso, in Paesi molto difficili, troviamo contrapposte a trenta piccole aziende italiane, dieci imprese francesi o tedesche, ognuna delle quali vale cinquanta o cento delle nostre». E continua: «A prima vista si incontrano più unità italiane, ma la loro somma non sta, in termini economici, all'investimento di una sola "mediogrande" tedesca. Questo aspetto è determinante: i mezzi finanziari di una grossa società permettono di affrontare i contratti più complessi e articolati, quelli che richiedono per Urss e Cina un investimento di uomini molto lungo, conoscenza di lingue, predisposizione a entrare nella cultura del posto. E la piccola impresa non può prevedere un investimento a tre-quattro anni». Maria Teresa Martinengo Con Mikhail Gorbaciov più aperture dall'Unione Sovietica