Le donne all'assalto del «sole che ride » di Augusto Minzolini
Le donne all'assalto del «sole che ride » I deputati ecologisti hanno eletto Laura Cima presidente e un direttivo tutto al femminile Le donne all'assalto del «sole che ride » / Verdi spaccati sul nuovo capo del gruppo parlamentare ROMA. «Per la prima volta in 150 anni c'è un gruppo parlamentare a maggioranza femminile, guidato aa una donna e con un direttivo fatto di sole donne», dice Rosa Filippini, deus ex machina di un'operazione che ha diviso a metà i deputati del «Sole che ride» e portato alla presidenza dei gruppo Laura Cima. «Quella maggioranza non è tenuta in piedi da motivazioni politiche, ma personali, di carriera», è la stilettata che riserva ai vincitori Gianni Mattioli, l'ex capogruppo uscito in minoranza dal voto. Dopo tante trattative e mediazioni, i Verdi sono tornati a dividersi in due schieramenti contrapposti. Una frattura verticale, frutto di valutazioni politiche diverse ma anche di risentimenti personali, avvenuta alla vigilia della convenzione verde, cioè il primo confronto pubblico con il nuovo pei e gli altri partiti. L'altra sera, quando i 13 parlamentari del gruppo si sono riuniti in una sala del palazzo di Vicolo Valdina, dove sono distaccati alcuni uffici della Camera dei deputati, sono venuti al pettine i diversi orientamenti (moderati contro simpatizzanti del pei) e i vecchi rancori. A farne le spese è stata Anna Donati, che si presentava come possibile candidato unitario. Alla fine, l'interessata ha ironizzato sulla «solidarietà femminile», visto che a silurare la sua candidatura è stata una maggioranza composta da sci donne e Gianluigi Ceruti. E' stato l'ultimo atto di una guerra sotterranea che si combatte da cinque mesi, in una sequenza di riunioni e di rinvii, in cui è saltata ogni possibilità di trovare un accordo unitario per la successione a Mattioli. L'episodio chiave, che ha modificato gli equilibri interni al gruppo, sono state le dimissioni di Mi¬ chele Boato d'estate scorsa) e l'arrivo di Alessandra Cecchetto a Montecitorio. Con lei, infatti, le donne hanno preso il sopravvento sugli uomini. Così, Rosa Filippini, seguita da altre cinque parlamentari (la stessa Cecchetto, più Laura Cima, Gloria Grosso, Annamaria Procacci e Franca Bassi), ha lanciato lo slogan del direttivo di sole donne. L'operazione, comunque, ha avuto anche una valenza più propriamente politica. La Filippini, infatti, si è ritagliata da tempo il ruolo di leader dell'ala, per così dire, più «moderata» del movimento, quella che guarda con diffidenza ad ogni apertura verso il partito comunista. Una posizione contrapposta a quella di leader storici come Gianni Mattioli e Massimo Scalia, che hanno sempre avuto un buon «feeling» con il vertice del pei. Nel giro di questi mesi i due gruppi, si sono fronteggiati, cambiando di volta in volta i loro candidati di bandiera. In un tourbillon di nomi, si sono succedute le candidature della stessa Filippini, di Anna Donati, di Gianluigi Ceruti. L'altro ieri sera, lo scontro finale: Ceruti per «motivi di famiglia» non ha accettato la presidenza e alla fine in lizza sono rimasti Laura Cima e Gianni Lanzingcr. Ha avuto la meglio la prima e, insieme alla presidenza, il gruppo delle donne è riuscito a portare a casa la vicepresidenza per la Cecchetto e la segreteria per la Procacci. Gli sconfitti sono rimasti con l'amaro in bocca, ma aspettano di vedere le prime mosse dei vincitori. «Voglio vedere — spiega Mattioli — cosa significa essere "moderati", se vuol dire avere una particolare attenzione verso psi e de, o qualcos'altro». Augusto Minzolini
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