Quando la paura è vicina di casa di Pierangelo Sapegno

Quando la paura è vicina di casa Dalla Val Bormida a Manfredonia: il governo ci è nemico, adesso siamo stanchi Quando la paura è vicina di casa Nasce la Lega dell'Italia «che vive nel pericolo» TERNI DAL NOSTRO INVIATO L'Italia che ha paura. Avevamo città d'arte, capitali del turismo. E oggi come si vive? «Male, e a rischio». Giustino Trincia, della Regione Lazio, elenca: «A Roma gli abitanti si sono organizzati, fuori dei partiti. Tagliano l'erba dei giardini pubblici, segnalano la presenza di siringhe, e le raccolgono: non ci sono gli spazzini e loro puliscono piazze e strade di interi quartieri. Riparano le luci dei lampioni, controllano le scuole dei loro figli». Certo, che vita è mai questa? Antonio Lollobrigida, da Subiaco, Roma, ò ancora più pessimista: «Perché illuderci? L'Italia è fatta così, ormai si divide in due zone: la zona A, a rischio evidente; e la zona B, a rischio latente». Il pericolo è dappertutto, nell'aria inquinata, fra i campi distrutti e le città degradate. Nel nostro futuro, anche. Così, ieri a Terni è nata la «Lega delle popolazioni delle zone a rischio». L'hanno fondata quelli del Movimento federativo democratico, gli stessi che dettero vita al Tribunale per i diritti del malato. E lì dentro, in questa lega, non ci sono solo Manfredonia e la Val Bormida con le loro rivolte popolari. E' più grande e più triste la mappa dolente del pericolo, anche più sconosciuta. In fondo, il cittadino a rischio, sostengono quelli dell'Mfd, «è uno come noi, uno di noi». Come Massimo Guavello, sindaco, da Mongrando (Vercelli), uno dei tanti sindaci piemontesi ribelli. Non c'entra l'Acna, questa volta. Lui vive sotto l'incubo di una diga che vogliono costruirgli contro la volontà della sua gente. «La vallata è stata violentata. S'è staccata una frana, ai piedi della diga, proprio sopra le nostre case. Quella costruzione è inutile, pericolosa e tremenda. Provoca danni ambientali, massacra le nostre valli, crea grandi tensioni sociali, ha un costo economico enorme, lievitato dai 18 miliardi preventivati all'inizio agli 80 già spesi e ai 140 calcolati adesso per la fine dell'opera. Eppure, non c'è niente da fare. Abbiamo costituito un comitato popolare in due giorni, raccolto tremila firme su 4 mila abitanti. Convochiamo i responsabili dello Stato e ogni volta ci ripetono che non tocca a loro decidere». Qualche vittoria arriva, ogni tanto. Mauro Doveri, da Rosignano, racconta la battaglia contro la Solvay, colosso chimico che voleva aprire in riva al mare un impianto di Pvc, policloruro di vinile, materia plastica ritenuta assai pericolosa. «Riuscimmo a ottenere un referendum, e vincemmo noi, da soli contro tutti i partiti». A due passi dal mare, a un tiro di schioppo da Castiglioncello, incombono ancora, però, ciminiere e fumi. «Quindici giorni fa si sono rovesciati due vagoni di cloro e il cloro se si trasforma in gas uccide nel raggio di 2-300 metri. L'Usi ha deciso di aprire un'inchiesta. L'anno scorso una fuga di ammoniaca fece strage di pesci. Anche allora fu aperta un'inchiesta, ed è come se non l'avessero fatta». Secondo il ministero dell'Ambiente, sono 38 le industrie chimiche a grande rischio in Italia, dal Piemonte alla Puglia. In questo panorama si muove la grande paura. Sfiducia e abbandono. Nella periferia lontana si vive così. Giancarlo Veglia, da Perletto, Val Bormida, e quindi Acna: «La nostra è una situazione drammatica e sentiamo che l'istituzione non fa niente. Roma ci è nemica. Siamo al limite, siamo stanchi. E' quasi due anni che trascuriamo lavoro e famiglia per poter ottenere un diritto che ci spetta». Gigi Simone, Manfredonia: «Per tre volte siamo scappati dalla città. Nel '76 lo scoppio di una colonna d'arsenico; nel '77 una fuga di ammoniaca; nell'86 un incendio nella fabbrica. Fughe in massa, tamponamenti e ingorghi. Credono davvero che vogliamo continuare a vivere così?». Valter Tracchegiani, Montoro, Terni: «Facevo l'operaio all'Alcantara, industria chimica. Ho smesso, ho preferito cambiare lavoro. Basterebbe una informazione più corretta per tranquillizzarci. Ma non esiste. Quella sul segreto industriale è la prima cosa da ottenere. La gente può accettare, ma deve sapere. Non possono continuare a nasconderci i pericoli come se fossimo colonie». Sembra quasi che l'Italia felice e spensierata non esista più. Nella Lunigiana il rischio sismico, in Irpinia il dopo terremoto, a Mongrando la diga, a Roma gli incubi delle metropoli, a La Spezia la megacentrale dell'Enel che brucia tonnellate di carbone ogni giorno, le industrie chimiche a Temi... Giustino Trincia, dell'Mfd, dice che non è vero. «In Italia c'è la gente abbandonata dalle istituzioni. Ma ci sono anche quelli che riescono a sostituirle. Siamo il sesto potere. Siamo noi quelli dell'Italia felice». Pierangelo Sapegno

Persone citate: Alcantara, Antonio Lollobrigida, Giancarlo Veglia, Gigi Simone, Giustino Trincia, Mauro Doveri, Montoro, Valter Tracchegiani