Nel pci le «correnti» allo scoperto

E rinasce il sogno dell'unità sindacale DOPO LA SVOLTA E rinasce il sogno dell'unità sindacale Dal segretario generale della Cisl di Torino riceviamo questa opinione. IL sindacalismo italiano del dopoguerra ha dimostrato più volte notevole capacità di innovazione, ed è stato molto precoce nell'abbandonare i retaggi della «guerra fredda...». Ciò non toglie che le sue divisioni siano storicamente riconducibili all'effetto di Yalta e al successivo fermarsi dei blocchi. Per questo i grandi avvenimenti europei che stiamo vivendo possono riportare la questione dell'unità sindacale confederale nel novero delle «sorprese» possibili del prossimo decennio. L'effetto emotivo ed intellettuale prodotto dal crollo del comunismo orientale non è l'unico motivo a sostegno di una tesi favorevole all'unità. Viviamo da anni un processo di drastico indebolimento degli schemi ideologici nel mondo del lavoro. Anche le tensioni e i conflitti tra Cgil Cisl e Uil che pure costellano le cronache hanno poca attinenza con vere contrapposizioni di principio o strategiche. Si tratta quasi sempre di divergenze razionalmente componibili per quanto gravi ed aspre. La vita quotidiana vede i sindacalisti agire normalmente di concerto sul merito, anche se in competizione organizzativa. E' probabile che il 14 febbraio e l'infelice referendum sulla scala mobile siano stati l'estremo sussulto di una mentalità in crisi, peraltro fortemente caricata dalle sfide comuniste verso il nuovo corso socialista. Se leggiamo i comportamenti di oggi riesce difficile trovarvi ragioni irriducibili di divisione. In tale contesto la tempesta che avvolge simboli, uomini e credenze, può avere conseguenze storiche anche sul sindacato italiano. Infatti nel mondo occidentale le divisioni prevalenti tra sindacati sono di natura professionale o di categoria: talvolta portano grandi sindacati fuori dalle confederazioni o indeboliscono l'istanza confederale, ma non giungono a contrapporre confederazioni ideologicizzate. In alcuni Paesi sussistono divisioni fondate su differenze etnico-linguistiche o confessionali; differenze che attualmente sembrano gradualmente attenuarsi. In1 vece sono state più radicali le 1 contrapposizioni tra i sinda¬ cati in quei Paesi che hanno ospitato una forte tradizione comunista: Francia, Spagna, Italia e in parte Grecia. All'origine c'era una specifica lezione leninista circa le relazioni sindacato-partito. Per quanta strada si sia poi fatta, come in Italia, le vestigia di quell'architettura mentale erano tuttavia imponenti. Lo scacco dell'unità organica, già percepibile tra il '72 e il '73, quando si regredisce alla fragile unità «federativa» si può spiegare per il peso eccessivo del modello metalmeccanico in una realtà assai più complessa, ma soprattutto per il fondato timore di una egemonia organizzativa comunista. Così dal '76 riprende un ciclo di competizione fino alla contrapposizione dell' '82'85. Ma nel '90 sono ancora plausibili logiche egemoniche di quel tipo? Pare di no, specialmente se il vecchio modello comunista non solo risultasse indebolito, ma addirittura venisse radicalmente abbandonato. Una possibile moderna unità confederale sarebbe un servizio inestimabile alla vicenda italiana, dal momento che darebbe vita ad un grande attore sociale e civile, non facendo dipendere tutto dal gioco dell'alternanza politica. Renderebbe più chiaro un messaggio di solidarietà rispetto alla deriva dei microinteressi. Il destino europeo di un sindacalismo confederale unito sarebbe indubbiamente quello di elaborare e proporre esperienze di democrazia economica e di partecipazione, tali da arricchire la democrazia politica. Restano potenti ostacoli: l'autonomia e l'abbandono delle correnti di partito sono le questioni di più difficile soluzione, eppure restano condizione base. Infine le logiche dei grandi apparati a tempo pieno possono risultale l'ostacolo pratico insormontabile. Potrebbe accadere che, finita una divisione fondata su ideali e strategie, se ne insediasse una motivata da interessi di ceto. Ma ciò segnerebbe il declino dell'esperienza confederale a favore di un sindacalismo autonomo indubbiamente favorito da molti aspetti della cultura e della struttura sociale presenti. In ogni caso l'unità sindacale è oggi nuovamente qualcosa di più di un vecchio sogno. Bruno Manghi Segretario generale Cisl Torino Shl I )rino I

Persone citate: Bruno Manghi

Luoghi citati: Francia, Grecia, Italia, Spagna, Torino, Yalta