Al grande ritmo della libertà di Osvaldo Guerrieri

Al grande ritmo della libertà Successo al Lirico per «Sarafìna!», spettacolo contro l'apartheid in Sudafrica Al grande ritmo della libertà Così il teatro politico può essere anche giocoso MILANO DAL NOSTRO INVIATO Assisti al musical «Sarafìna!» e non sai se battere le mani, se battere i piedi (ah, quel ritmo), sé esultare di gioia, o se chiuderti in una tristezza dura, spaventata. «Sarafìna!», in scena al Teatro Lirico, è interpretato da 36 ragazzi sudafricani, tra attori e musicisti, molti dei quali sono alla loro prima esperienza teatrale. E' un musical nato dall'incontro tra Winnie Mandela e il musicista Mbgeni Ngema. La signora Mandela propose uno spettacolo che raccontasse la vita dei ragazzi nei ghetti neri. Ngema ci pensò su, ne parlò con il compositore jazz Hugh Masekela e con lui scrisse la storia poetica, potente e drammatica di «Sarafìna!». Lo spettacolo, prodotto dal Lincoln Center di New York e dal Coinmittee Artists di Johannesburg, ha fatto mezzo giro del mondo. Dopo il debutto al Market Theater di Johannesburg nell'87, è stato a New York, in Germania, in Francia. Ora è a Milano, ospite del Comune e per il momento non si prevedono altre tappe italiane. Ed e un peccato. «Sarafìna!» dovrebbe essere visto da tutti, perché é un bellissimo spettacolo e perché è una straordinaria lezione di storia e di vita. Non nelle forme didattiche, dialettiche e noiose cui ci ha abituato tanto teatro politico degli Anni 60 e 70, ma in modo gioioso, addirittura giocoso, per quanto possibile ironico. Già dal suo presentarsi senti che lo spettacolo fa vibrare la corda pazza dello sberleffo. Il palcoscenico è diviso longitudinalmente da una rete metallica sormontata da matasse di fil di ferro arricciolato. Oltre lo sbarramento vedi un carro armato che, un attimo dopo, fa da «pedana» a un'orchestrina i cui componenti indossano divise militari. Al di qua della rete, invece, lo spazio è libero e vi fluisce una scolaresca seguita dalla «Mistress», l'insegnante, che, dopo un «Padre Nostro» cantato con le vibrazioni del gospel, comincia a parlare di poesia inglese, di algebra, di storia. Ma non siamo nella zona evasiva del musical scolastico tipo «Saranno famosi». Ci pensa subito Colgate, uno studente dal sorriso smagliante, a ricordarci che in quella classe si riverberano episodi violenti e tragici che travalicano la vita stessa della «high school». E con lui ci pensa Sarafìna diveduta prestissimo, dopo l'arresto e la tortura, un'eroina. La vita nella scuola assorbe, per così dire, eventi esterni che hanno insanguinato il Sudafrica. Ad esempio l'assurdo eccidio commesso da un poliziotto che, sentendo parlare gli,studenti della Libia (enumerano i Paesi ' produttori di petrolio), ptmsa di trovarsi in una cellula comunista e reagisce con sventagliate di mitra. Ad esempio la stona di Victoria Mxenge, avvocato e attivista, che difende una donna di colore violentata da un bianco e fa condannare il colpevole appellandosi alla legge che proibisce i rapporti sessuali tra bianchi e neri. E ancora la morte di Mxenge, uccisa sulla soglia di casa da quattro uomini, mentre i tìgli assistono impotenti oltre le finestre. Drammi raccontati o rivissuti con un processo di identificazione che porta i giovanissimi attori a diventare aguzzini e vittime, per poi tornare a essere ragazzi alle prese con la Mistress, con la recita per festeggiare la liberazione di Nelson Mandela, con il concerto di fine anno, che coincide con la chiusura dello spettacolo. E qui assistiamo a un autentico gioco d'artificio teatrale. Il concerto consiste nel riproporre canti e danze della tradizione, nell'esibirsi in un saggio di acrobatismo che strappa al foltissimo pubblico un applauso incontenibile. Quel calore esprimeva solidarietà, e gratitudine. Osvaldo Guerrieri Un momento del musical scrino da Mbgeni Ngema e musicato dal compositore jazz HugtvMasekela

Persone citate: Lincoln Center, Mandela, Mistress, Nelson Mandela, Winnie Mandela

Luoghi citati: Francia, Germania, Libia, Milano, New York, Sudafrica