Vacilla l'ultimo demitiano

Vacilla l' ultimo demitiano Fondi ai terremotati: la ragionerìa dello Stato critica la gestione Vacilla l' ultimo demitiano Contro l'ing. Pastorelli 42 contestazioni ROMA. La ragioneria di Stato ha criticato severamente, e con precise contestazioni, il demitiano Elveno Pastorelli per la gestione considerata poco chiara dei fondi per la ricostruzione delle zone tenemotate della Campania e della Basilicata. Nel corso di una lunga audizione, che si è svolta alla Commissione parlamentare di indagine, il Ragioniere generale Andrea Monorchio ha mosso ben 42 rilievi. Alcuni sono meramente formali, ma altre accuse sono assai più gravi: in qualche caso, per esempio, l'Ufficio speciale avrebbe «trascurato» i precedenti penali di alcuni beneficiari dei fondi. L'indagine della Ragioneria di Stato e scattata nel novembre del 1988 e riguarda la gestione di circa 8 mila miliardi. Quei soldi — la parte minore dei 29 mila miliardi stanziati dal Parlamento fino all'88 — erano destinati alle aziende danneggiate dai terremoti dell'80 e dell'Bl, nonché all'insediamento di nuove strutture produttive in quelle zone. Il Ragioniere generale Monorchio ha sottolineato che l'indagine era di routine; non è partita in seguito a segnalazioni di azioni illecite. Ma i rilievi mossi all'Ufficio speciale capitano proprio nel momento in cui i tasselli del potere demitiano vengono rimossi uno ad uno. E le accuse contro Pastorelli, uno dei collaboratori più stretti dell'ex presidente del Consiglio nonché suo compagno di innumerevoli partite a spizzichino, hanno il sapore di un requiem politico. Il 30 giugno scorso la competenza per la gestione dei fondi del terremoto è passata al ministero per il Mezzogiorno. II ministro Misasi ha però emesso un decreto di proroga — fino al 28 febbraio — che lascia all'Ufficio speciale di Pastorelli la gestione di tutte le pratiche già avviate. Fino al 30 luglio, l'Ufficio speciale si occupava anche degli interventi straordinari in Sicilia (Palermo e Catania) in vista dei Mondiali. L'Ufficio dipendeva, e dipende tuttora, dalla presidenza del Consiglio. Ma Pastorelli aveva facoltà — la sua firma era infatti depositata presso la Banca d'Italia — di rendere esecutive le decisioni prese d'accordo col presidente del Consiglio. Le cose sono cambiate quando De Mita ha dovuto lasciare Palazzo Chigi. Andreotti, infatti, non ha mai rinnovato a Pastorelli la delega per la firma. In pratica, il presidente del Consiglio ha tolto a Pastorelli qualsiasi autorità sui fondi destinati a Palermo e Catania sin dal suo insediamento. [a. d. r.|

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