L'ombra dell'omicidio

L'ombra dell'omicidio L'ombra dell'omicidio Aumenta l'angoscia dei familiari PARMA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Sì, ò un fatto nuovo ma purtroppo non spiega nulla della sorte dei mici familiari». La signora Paola Carretta non nasconde la sua angoscia all'indomani del ritrovamento del camper col quale sono spariti il 4 agosto scorso, il fratello, la moglie- u due figli. Gi fanno strada nuove speranze ma anche inquietanti sospetti, si incrociano indizi, testimonianze rimbalzate dal Nord al Sud d'Italia, da Brindisi, Biella, Genova. A Parma, a casa dei parenti, scorrono le ore scandite dagli squilli del telefono. Da Milano arrivano a getto continuo nuove notizie, si confrontano indizi in cerca di una spiegazione per un piallo che si fa sempre più intricato. Non ci si nasconde che l'ipotesi prevalente, dopo il ritrovamento a Milano del camper, è quella di un crimine. A far pensare a tutto ciò è il ruolo di Giuseppe Carretta, da trent'anni nell'azienda vetraria «Cerve». Una mansione che lo portava spesso ad affrontare le cosiddette «pratiche d'insoluto», i clienti che non pagavano e per i quali occorreva recuperare il credito. Carretta c da tutti descritto come un impiegato modello. Pignolo, scrupoloso, precisissimo, tanto da arrivare ad acquistare francobolli da 50 lire per attaccarli in calce ai bilanci e far tornare i conti anche per gli spiccioli. E questa precisione l'applicava anche nel recupero dei crediti dell'azienda, spesso in zone del Sud d'Italia ad alta percentuale di malavita, qualche volta anche all'estero. Un collegamento fra la sparizione e il suo ruolo professionale assai delicato potrebbe essere la chiave di volta della vicenda. Carretta potrebbe aver messo alle strette gente senza scrupoli o scatenato vendette. Il silenzio inquietante della famiglia Carretta nei confronti dei familiari (in oltre tre mesi nemmeno una telefonata o una cartolina) suona come un sinistro indizio. L'ipotesi che il viaggio delle vacanze nascondesse un fuori programma nel Sud d'Italia per compiti di lavoro è più di una supposizione. Un testimone brindisino avrebbe conosciuto casualmente Giuseppe Carretta e la moglie nel corso di una tappa del loro itinerario in Sud Italia. La coppia, stando alla testimonianza, avrebbe avuto fretta di tornare a Parma per via dei figli e del lavoro. Anche ia signora Fabiana Mozzoni di Cesenatico notò, verso la metà di agosto, un camper di Parma parcheggiato su una stradina interna nei pressi dì Grottaglie. Ma alla «Cerve» smentiscono categoricamente che «l'impiegato modello» fosse in giro per lavoro in quel periodo. «Può essere accaduto di tutto», spiegano i compagni di lavoro «ma non crediamo che questa vicenda abbia a che fare con il ruolo di Giuseppe nell'azienda». Piuttosto, i colleghi insinuano un altro sospetto: «Il vero problema erano i figli. Dove sono?». Fra una chiacchiera e l'altra, salta fuori che un giorno prima della partenza il frigorifero di casa Carretta era stipato di viveri, in cantina c'erano un paio di cocomeri. Troppo per pensare che servissero a Ferdinando, il figlio maggiore di 26 anni, e troppo anche per credere che il tutto fosse caricato sul camper. A questo punto ci si può chiedere se i Carretta siano davvero partiti o sia invece accaduto qualcosa già immediatamente dopo quel 4 agosto in cui il camper ha lasciato il cortile di via Rimini 8 a Parma. Si fa stra- da un'altra ipotesi: che i destini dei coniugi e dei due figli abbiano seguito ad un certo punto strade diverse. Questo spiegherebbe la sfasatura fra la partenza della coppia e de! figlio Nicola, 23 anni, tossicodipendente, seguita quattro giorni dopo da quella di Ferdinando, 26 anni e molti problemi psicologici. Di quest'ultimo si ha la certezza della sua presenza a Parma grazie ad un paio di assegni riscossi proprio l'8 agosto: in tutto cinque milioni. Le firme su di essi sono però risultate falsificate. Un episodio inquietante che sposterebbe il baricentro del giallo dal lavoro di Giuseppe Carretta ai problemi familiari. Su un furgone di Nicola, occupato come piccolo autotrasportatore, ò stato trovato un diario in cui il ragazzo chiedeva scusa ai genitori perché li avrebbe lasciati per trascorrere un periodo tranquillo in montagna. Il diario mette in discussione il viaggio che i Carretta dissero ai parenti di voler intraprendere: Francia, Spagna, Marocco, Algeria e Tunisia. Lo stesso Nicola, ad un amico, aveva confessato di essere intenzionato a recarsi in Jugoslavia. Forse il ragazzo è stato costretto a cambiare idea e a seguire per forza i genitori? Agli amici del bar «Il faro» di Parma, Nicola non ha mai parlato di un viaggio in Nord Africa. Allora appare strano che uno d- 23 anni vada in vacanza coi genitori in una città dove i teen agers se ne vanno per l'Europa in moto. Ecco quindi chela soluzione al giallo potrebbe essere nel forzato viaggio di Nicola, magari convinto con energia dai genitori vogliosi di allontanarlo da «giri» e amicizie pericolose e forse decisi ad affidarlo ad una comunità per disintossicarsi. Nel mezzo di un possibile dissidio potrebbe essere accaduto qualcosa di grave. Stando a due testimonianze, Nicola sarebbe slato riconosciuto, non molti giorni fa, prima a Biella, poi alla stazione di Genova Brignole. In tutti e due i casi da solo. Di certo si sgretolano le ipotesi di una disgrazia della strada o in Nord Africa. Così come appare remota la supposizione di una fuga dei quattro parmigiani per rifarsi una vita lontano da casa e dai vecchi problemi. Né appare possibile che l'assenza da Parma potesse coprire un periodo di disintossicazione di Nicola nel tentativo di non far sapere ad amici e conoscenti il dramma di un figlio drogato. Valerio Varasi

Persone citate: Carretta, Da Milano, Fabiana Mozzoni, Giuseppe Carretta, Paola Carretta, Valerio Varasi