ELOISA, ROSVITA E LE ALTRE LA SAPEVANO LUNGA LE DONNE DEL MEDIOEVO

ELOISA, ROSVITA E LE ALTRE LA SAPEVANO LUNGA LE DONNE DEL MEDIOEVO ELOISA, ROSVITA E LE ALTRE LA SAPEVANO LUNGA LE DONNE DEL MEDIOEVO SU «Tuttolibri» del 23 settembre Maria Teresa Fumagalli ha rintuzzato molto garbatamente certe affermazioni di Georges Duby circa l'autenticità delle lettere scritte da Eloisa ad Abelardo e da lui raccolte nella Historia calamitatum mearum. Consento fino in fondo con la tesi della Fumagalli. E falso è che l'immagine della donna esclusa dalla vita culturale e zittita dalla sua ignoranza — immagine tanto vecchia quanto gratuita — sia valida per tutti i mille anni che formano questa malnota «età di mezzo», e per ogni regione di quel vasto mosaico che erano le terre dell'impero romano coinvolte nella più grande trasformazione morale e sociale che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto. Conforta il giudizio sull'attività culturale delle donne nel Medioevo il volume uscito da Laterza Medioevo al femminile a cura di Ferruccio Bertini (pp.195, L.28.000), in cui alcuni tra i nostri più illustri medievalisti hanno preso la penna per tratteggiare figure di donne insigni, protagoniste di vicende singolari che esse stesse hanno consegnato alla memoria dei posteri o direttamente in forma di racconto o indirettamente, come Eloisa, attraverso le loro lettere. Figure di età e di ambiti diversi, coinvolte in vicende diverse e dotate di personalità quanto mai diverse: ma tutte eccezionali e capaci di esprimere consapevolmente le loro esperienze nella scrittura. Occorre forse dire che appartenevano tutte, tranne Caterina da Siena, a classi privilegiate, e che per questo sapevano leggere e scrivere. Ma non accadeva lo stesso anche per gli uomini? E ancora una cosa è necessario dire: le scrittrici presentate nel volume non esauriscono certo la schiera delle donne di cultu¬ ra: basti pensare alle poetesse francesi dell'età trobadorica o alle scrittrici tedesche di materia religiosa. Sono però, ciascuna nel suo genere, emblematiche, quasi a dare un saggio della varietà che assume la scrittura femminile nel Medioevo. La pellegrina Egeria, di nobile famiglia del IV secolo, che compì come molte altre matrone viaggi in Terra Santa, ci riporta al cristianesimo dei primi secoli, pochi decenni dopo il Concilio di Nicea, quando l'entusiasmo per la nuova fede si esprime ancora con il candido stupore della scoperta. Egeria, privilegiata perché può vedere i luoghi della vita e della morte di Cristo, sente il bisogno di raccontare ai fratelli di fede la sua esperienza in un resoconto minuzioso che ha il valore di una testimonianza della sua peregrinalo. Alle soglie del Medioevo, in ambiente merovingico, Baudonivia scrive la biografia della regina Radegonda, sposa di Clotario I e infelice, come quasi tutte le spose dei re in quei tempi duri. Sposa e madre infelice fu anche Dhuoda, vissuta nella Francia del IX secolo, andata sposa ad un signore di sangue imperiale, che presto l'aveva abbandonata portandole via anche il figlio avuto da lei, per allevarlo nel mestiere delle armi. Al figlio Guglielmo, da lei lontano, Dhuoda dedica il suo Liber manualis, vero e proprio manuale di morale e forza d'animo. Con Rosvita entriamo in area tedesca: siamo nel X secolo nel convento di Gandersheim, dove Rosvita, legata alla famiglia imperiale degli Ottoni, diventa badessa e scrive, per istruzione e diletto delle consorelle e dei religiosi in genere, poemetti agiografici e scene drammatiche, sul modello letterario di Terenzio, traendo materia dalle vite dei santi ed esaltando le virtù cristiane, soprattutto la castità delle donne. Non mancano spunti umori¬ stici, grotteschi e un sottile sfuggente erotismo non raro negli scritti monacali. Accanto alla poetessa, ecco la donna medico, Trotula salernitana, magistra nella celebre scuola della sua città. Nel De passionibus mulierum tratta con competenza scientifica le affezioni femminili connesse con la vita sessuale, senza reticenze né falsi pudori o pregiudizi moralistici: siamo in un Medioevo meridionale, ancora permeato di rispetto e amore per la vita; il disprezzo e la mortificazione del corpo sono ancora lontani. Audace nell'affermare il suo amore e il suo diritto all'amore è Eloisa, allieva e amante del filosofo Abelardo, la donna che, rimasta incinta, tenta di rifiutare il matrimonio riparatore perché vuoln essere l'amante e non la moglie dell'uomo che ama. Costretta da lui a entrare in convento, invece della pace dei sensi vi troverà la nostalgia cocente dell'amore perduto. A lei, donna di spirito filosofico, il medesimo secolo XII contrappone la mistica visionaria Ildegarda, monaca e magistra nel convento di Bingen, donna di straordinaria cultura e personalità: scrisse con grande competenza di medicina, ma soprattutto colpiscono le sue esperienze mistiche associate ad un'intensa partecipazione alla vita politica del suo tempo: mantenne infatti rapporti con i grandi contemporanei e fu consigliera ascoltata di Federico Barbarossa. Simile per questo aspetto a Caterina da Siena, che da lei si discosta per altro nettamente. Caterina ci porta nell'Italia del Trecento, il secolo della peste nera, dell'esilio del papa in Francia, delle prepotenze di Filippo il Bello. Caterina nasce da famiglia povera, non studia e non entrerà mai in convento: vive la sua esperienza mistica tra le mura della sua casa, e la descrive con grande esattezza. Come impara a scrivere? Caterina dice che fa parte della sua elezione mistica; cer¬ to scrive, nell'italiano della sua città, e scrive ai grandi del suo tempo, impegnandosi in un'attività politica e sociale intensissima, soccorrendo i poveri, consigliando i potenti, circondata da rispetto carismatico dovunque. Muore a 36 anni per le fatiche e le penitenze che impone al suo corpo, e pare un segno dei tempi: la parabola che porta il mistico al disprezzo del corpo e all'autodistruzione è completa, e l'esperienza francescana vi ha avuto la sua parte. D'ora in avanti non si sarà buoni cristiani se non mortificando e affliggendo il proprio corpo. Si annunciano forse i secoli più bui? L'arco di questa storia vista al femminile è segnata dalle figure emblematiche di questo libro, a cui hanno messo mano, oltre al già citato Ferruccio Bertini, Franco Cardini, Claudio Leonardi e Maria Teresa Fumagalli. Laura Mancine»!

Luoghi citati: Abelardo, Francia, Italia, Siena