QUEI SOCIALISTI DEL RE SCARIOLANTI A OSTIA di Luciano Genta

QUEI SOCIALISTI DEL RE SCARIOLANTI A OSTIA QUEI SOCIALISTI DEL RE SCARIOLANTI A OSTIA i o a e a e a o , i e " . o , n r e a - LI chiamavano gli scariolanti. Erano gli operai della Associazione braccianti di Ravenna, avevano fama di lavorare presto e bene, nel Delta del Po, scavavano e trasportavano terra con le loro carriole speciali, il peso gravava sulla ruota, non sulle braccia. La loro era una cooperativa socialista, ispirata da Andrea Costa: unirsi e contrastare la speculazione degli appaltatori. Fondata ne" 1883, contò presto 2500 soci. L'anno dopo si aggiudicò i lavori per una bonifica nell'Agro Romano, tra Ostia e Maccarese, terre di papi e nobili latifondisti, i Colonna e i Torlonia. Partirono in 500, tirati a sorte, con sogni e speranze. Trovarono solo miseria, capanne di foglie per un popolo di «guitti» alle porte di Roma, paludi infestate da briganti e malaria: «Disgraziati, siete venuti a morire». Restarono là più di mezzo secolo. «Gli scariolanti di Ostia antica» rivivono in un racconto-in- chiesta di Liliana Madeo, scritto con solidale partecipazione, ma senza enfasi. Un occhio discreto, asciutto fotografa storie di fatica e sacrifici; una voce pacata fa parlare uomini e donne ignorati dalla Storia, intrecciando documenti e fonti orali. Ci sono i leader della cooperativa, Nullo Baldini, il politico, e Armando Armuzzi, il «manager». C'è «Pipitòt», Luigi Sarrecchia, il piccolo ciociaro con la licenza di terza elementare, che della cooperativa diventò il cronista certosino, lasciando un prezioso diario finora inedito. Ma ci sono soprattutto i tanti, anonimi soldati di un esercito che per bandiera aveva «pane e lavoro». Bonificare quelle terre sembrava un'impresa impossibile, una pazzia: si scavava un canale, si tirava su un argine e bastava una pioggia per risommergere tutto. Sconforti, litigi, voglia di tornare indietro. Nel primo anno la malaria ne uccise cento (in Italia, 15 mila morti l'anno, e c'era chi faceva mercato nero del chinino). Ma i più non mollarono, con tenacia e disciplina: «Il socialismo non è anarchia». Nell'89 la prima idrovora e, dopo la bonifica, la prima colonia agricola, il primo raccolto. In tavola, pane bianco e vino rosso. A dar l'esempio, erano le donne, le «azdore», una per ogni squadra di scariolanti. Non facevano solo da «serve», cucina letti e bucato: controllavano i turni (dieci ore al giorno di lavoro, pagato a cottimo), tenevano la contabilità, mandavano a casa i risparmi, erano un po' madri e mogli, sorelle e amiche, riempivano solitudini e nostalgie. Le coppie si formavano e disfacevano. Non bastava la vita in comunità per incrinare il maschilismo: «Se la donna non va bene, t'ai dè un chelz int el cui». Ma a quelle «bufanone» — un po' bufale, un po' befane — non avrebbero potuto rinunciare. Anche brutte, erano ancor più forti, capaci di difendere e infondere la vita. I bambini li chiamavano Avanti e Comunardo, Lancillotto e Attilio Regolo. A loro la Madeo dedica alcune tra le sue pagine più belle. Gli scariolanti però non ce l'avrebbero fatta se fin dall'inizio non fossero stati aiutati dalle autorità. Primo fra tutti, «il re buono». Umberto I li conobbe durante le sue battute di caccia a Castelporziano. Concesse in sùbaffito terre del demanio, firmò assegni per sostenere i prestiti forzosi della cooperativa in deficit. Dietro l'umana simpatia per quei romagnoli («lavorano sodo e non danno grane»), c'era un preciso calcolo politico: favorire una possibile «alternativa» alla propaganda rivoluzionaria, disciplinare masse anarchiche. Gli scariolanti diventarono i «socialisti del re». I loro capi, Baldini e Armuzzi, eran chiamati «accomodatori di scioperi e incettatori di affari». Per Labriola e Bissolati quelle cooperative spegnevano la coscienza di classe. Turati le difendeva: «sempre meglio delle avventure africane, delle elemosine, o delle sterili invettive». Il rivoluzionario Mussolini, direttore nel '13 dell'Avanti!, controbatteva: «Sono una degenerazione borghese». Ma una volta Duce, fu lui a sciogliere la Lega socialista e a inglobare tutti nel Fascio. A Ostia ci andava per farsi fotografare mentre mieteva il grano. E mieteva anche consensi. «L'orgoglio di sentirsi diversi era stato piegato»: il 1° maggio le camicie nere entravano nelle case a controllare che le donne non cuocessero i tortellini per far festa. Armuzzi morì nel '30, Baldini nel '45, un mese prima della Liberazione. Era cambiato tutto: la luce e l'acqua, il treno e il telefono, il cinema e i primi «bagni» per i turisti. Dopo, né la Repubblica, né la Ricostruzione bastarono per far risorgere la cooperativa: si sciolse nel '56, i terreni furono riscattati dallo Stato. Dov'erano gli scariolanti arrivarono i palazzinari. Luciano Genta Lilana Madeo Gli scariolanti di Ostia antica Storia di una colonia socialista Camunio, pp. 262, L. 25.000 Mietitura nell'Italia di Mussolini

Luoghi citati: Agro Romano, Italia, Ravenna, Roma