GADDA 220 VOLT

GADDA 220 VOLT GADDA 220 VOLT Pagine inedite della «Meccanica» e un convegno Mercoledì 16 novembre la Garzanti organizza un convegno su «Gadda europeo» per l'uscita del nuovo volume delle ofjere a cura di Dante Isella. Comprende tra l'altro i tre capitoli conclusivi della «Meccanica», finora inediti. Anticipiamo (fui ilfinale del settimo: le ultime ore del soldato Gildo, in fuga dal fronte del Piave. COSI' l'ordine del giorno della la armata. E l'ordine d'operazioni n. 1293 del 25° Corpo: «... Curerà cotesto Comando di informare i dipendenti reparti che a guardia dei passi di Campiello, di Casere, di Pari, di Brasano, di Malga Carriole, di Spiazzo Croce, di Pria dell'Acqua, di Longabisa e dell'Osteria di Granezza e cioè lungo le immediate retrovie dello schieramento delle divisioni di linea del 24° e del 12° corpo sono disposte pattuglie di R. Carabinieri con la consegna di aprire il fuoco senza preavviso sui militari dispersi e non feriti che eventualmente tentassero di evadere verso la pianura vicentina...». Dalla foresta uscì Gildo, nel sole abbagliante del giugno. Un sentiero gli parve deserto: ma dietro una macchia, cadde addosso a tre tipi, fermi a guardare. Uno era un portaferiti, un altro un tenente, col collo tutto fasciato, un altro sorgeva dal verde come uno sgangherato palo. Aveva il braccio sinistro appeso a una bendatura, il pantalone sinistro aperto, la gamba pareva gonfia di cenci: con la destra si appoggiava a un bastone. Le tasche rigonfie, gli abiti d'un color frusto e pieni d'ogni sorta di pataffie, la cravatta sollevata nel collo, la faccia malata e stanca, la persona ferma ed eretta. Nessuno dei tre badò a Gildo: si buttò allora nell'erba, maledicendo la scarogna di quello spaventapasseri. Guardava, guardava nel sole la pianura infinita, con lo stesso sguardo curioso con cui aveva guardato le granate a esplodere. La sua cravatta, con un bottoncino presente su tre ch'erano in programma, si spostava sempre più verso l'alto dell'esile collo, per conto suo, lasciando nudo e saliente il pomo d'Adamo tra i gancetti del colletto aperto e rivelandosi anche più sudicia di quello che al primo momento paresse. Portava senza gioia i nastrini delle campagne coloniali, era un vecchio capitano frusto, secco, invecchiato e ferito. Pensava dentro di sé che l'unica cosa ormai che potevano fare era che lo buttassero via come un ombrello vecchio, capitano a cinquantaquattr'anni, dopo tutta una vita. Ma il suo dovere nessuno aveva mai potuto dirgli niente: con una costola si ricordava dell'Eritrea, e con un ginocchio della Libia. E in quel fulgore accecante del sole, quella faccia secca ebbe una specie di scheletrito sorriso: adesso, come veterano, la toilette era completa: sentiva sì ancora il suo braccio ma in un torpore strano, e gli pareva una polenta, già destinata al letamaio: aveva rifiutato la barella, perché «la concorrenza l'è tanta», disse. Era venuto così zoppicando, un po' sorretto, un po' tirato col tenente ferito e col portaferiti: ma non ne poteva più: non osava distendersi a terra, per evitare guai peggiori alla gamba. Il tenente lo guardò e con un velo di lacrime, nascondendo ai compagni la faccia, guai dò poi la sua terra. Era verdissima o bionda nei colli, della soma cesàrea. Lievi nebbie esalava nel meriggio come sospiri d'amore, ma verso destra, sopra Cogollo, nel sole atroce tuonavano e fumavano come vulcano gli spalti dirati del Cengio, scalati a morte dai controassalti dei granatieri. L'Astico, un filo azzurro, era sotto a Rocchette con lo scheletro delle cartiere bruciate, de' lanifici arsi, nel fondo. E da Schio e da Thiene pensava la dolce collina fino al castello merlato della Marostica, e dietro brame lontane, dal solco profondo di sua giovinezza, irrompere il fiume a sfociar nella piana e tutta la brentana del Brenta gorgogliare contro il castello e ingolfarsi sotto il ponte a Bassano. Ed oltre la terra dei Daponte e di Jacopo nel greto chiaro dentro i veli meridiani smarrirsi, per sinuosità vagabonde: e verso le ville che fece il Tiepolo magnificenti agli ozi delle sue genti patrone. E a destra nei sogni del sole le torri, e il colle delle tre giornate e la lontana rotonda, dove il Palladio rivisse antiche armonie nello splendore della sua nuova saggezza. E pensava, con brucianti lacrime, nell'ardore della febbre il tenente pensava. Dai verdi suoi baratri il Piave, che la terra d'un più lauto flutto la bagnerà, vigilato da una più ferma legione. Ed era certo, che così voleva il profeta, che Pietro Calvi sarebbe risorto come Cristo risfolgorante dalle fosse su di Belfiore: col suo fazzoletto rosso, con la sua spada come l'arcangelo, avrebbe comandato l'assalto. E balzando pallidi i giovani si sarebbero lanciati all'assalto. Nessuno dei tre soldati badò al perfuga, nessuno lo guardò neanche un momento. Il sole s'era oscurato, nubi nel meriggio. Ma sulla rotondità calva del monte color cenere, fra cumuli neri del cielo, apparvero presso la Croce di legno due figuri color terra, col moschetto imbracciato, col sottogola impastato contro le gote livide. Come se un istinto gli dicesse qual era la sua strada Gildo si levò nel terrore, volle andare, guardava terrorizzato all'indietro come se lo perseguisse la maledizione di Dio, volle correre, correre. Ma corse più di lui la mitraglia. Una luce livida e un'altra balenò sopra il monte. Fagotto deambulante verso il nulla, il margine dell'altipiano funebre non lo varcò. Carlo Emilio Gadda Mercoledì 16 al convegno su d'adda interverrà/ino I'. Mauriès, K. Pipar, //. Weaver, Isella, Manzoni, Scgre

Persone citate: Carlo Emilio Gadda, Dante Isella, Gadda, Isella, Manzoni, Pari, Pietro Calvi, Pria, Tiepolo, Weaver

Luoghi citati: Belfiore, Cengio, Eritrea, Libia, Schio, Spiazzo, Thiene