Franca Rame: sessant'anni sulla scena! di Donata Gianeri

Franca Rame: sessant'anni sulla scena! Colloquio con l'attrice che da domani, assieme a Dario Fo, sarà a Torino con «Il Papa e la strega» Franca Rame: sessant'anni sulla scena! Ho fatto ordine nella mia vita e la morte non mi fa paura Ed eccoli di nuovo insieme il Fo e la Rame («In realtà, confessa: non ci siamo mai lasciati, ci amiamo moltissimo. Il mio sfogo in tv? Un attimo di scoramento o di rabbia, chissà»). «Il Papa e la strega», da domani a Torino al teatro Alfieri, affronta uno dei problemi più difficili e scottanti del momento, quello della droga, in una sorta di apologo surreale, rabbioso che mira a pungolare gli addormentati umori dell'italiano medio. Medio-alto o medio-basso, signora? Ricordo che voi due, un tempo, avete fatto una scelta coraggiosa e difficile, quella di recitare fuori dell'establishment teatrale. Ma oggi? Vi rivolgete di nuovo a un pubblico borghese, diciamo radical-chic. «Oddio che orrenda parola, radical-chic! Io non credo proprio, sa?, che ci rivolgiamo al pubblico che dice lei, credo invece che il nostro discorso arrivi a tutti cioè a un pubblico assolutamente eterogeneo. Perché noi, in fondo, abbiamo un gran potere: quello di parlare a platee molto vaste, non certo a una classe sociale determinata. 0 precisa. Tutti quelli che vogliono ascoltarci non hanno che da scegliere il nostro spettacolo. A Genova abbiamo fatto il tutto esaurito: e a quanto mi risulta anche a Torino sta accadendo lo stesso». Mi sembra che una volta abbiate detto che compito del vo¬ stro teatro era quello di «disturbare il potere»: in un mondo così cambiato, senza più rivolgimenti ideologici, quale pensate sia il vostro ruolo? «Vede, io sono conscia che quelli che stiamo vivendo siano cento anni tra i più significativi della storia: per cui vogliamo offrire su un piatto, al pubblico, quello che ci sembra più corretto e attuale, problemi sociali, critiche, attacchi diretti. Non credo possiamo avere altra funzione che non sia quella di sottolineare i grandi problemi, mettendoli a fuoco». Quando andaste in scena con «Mistero buffo», vi furono interventi censori da parte del Vaticano: qui con un Papa sull'altalena che confessa di essersi «bucato» non vi aspettate nessuna reazione? «Ce l'aspettiamo, eccome: anche perché la reazione è salutare, significa che si è colto nel segno. Qualcosa è già successo a Novara, dove abbiamo fatto prove aperte per le scolaresche: c'è stata subito una petizione da parte di un gruppo di madri cattoliche contrarie al fatto che si mettessero i ragazzini di fronte al problema droga. Nonché un accenno all'irriverenza dello spettacolo. Che poi non è uno spettacolo irriverente, né una parodia sul Vaticano». Il vostro è il Papa o un Papa? «Al Papa come Papa, perché si tratta della figura più carismati¬ ca che esista a livello mondiale. E' quindi importante che prenda finalmente una posizione. Non dimentichi che siamo nell'epoca in cui si manda in galera il tossicodipendente, cosa per nulla rassicurante perché non è certo con la repressione che si vince la battaglia contro il traffico di droga: più aumenteranno le pene, più aumenterà il prezzo della droga: più aumenterà la delinquenza. E' un problema, questo, che io e Dario dibattevamo da un pezzo. Ora, finalmente, ci siamo arrivati. Fo, quest'anno, ha affrontato due piaghe della nostra società, quella della droga, appunto, e quella della mafia ne "Il ricercato", che non è ancora andato in scena». Qui voi dite: la repressione è pericolosa, proviamo invece con la prevenzione. E lei impersona una strana guaritrice che distribuisce eroina ai ragazzi per toglierli dalla strada e sottrarli agli spacciatori. Anche questa, però, può essere un'arma a doppio taglio. «Certo che può esserlo, perché non esiste una vera soluzione al problema. E può darsi, come dice lei, che il nostro punto di vista non sia quello giusto; ma almeno è un punto di vista, discutiamone. Io sono dell'idea che bisogna parlare, parlare, parlare per evitare che questa bestia immonda ci caschi addosso e ci sbrani. Per cui cerchiamo di esorcizzarla con l'unica arma che abbiamo a disposizione: l'ironia». Questi cinquantanni di vita e trenta di teatro che cosa le hanno dato o tolto? «Anzitutto, precisiamo: sono sessanta, sia di vita, che di teatro. Perché io sono stata portata sul palcoscenico che avevo solo otto giorni e, da quel momento, non ne sono più uscita. Mi accorgo, oggi, che mi hanno dato cose bellissime: come l'amicizia, la solidarietà, il calore, l'appoggio di gente che neanche conoscevo. E poi l'amore, un figlio, una nipotina nata qualche giorno fa. Se volessi fare un bilancio, potrei dire che oggi sono una donna appagata. E felice. Guardi, se dovessi morire stasera...». Perché mai parla di morte? «Perché ci ho pensato molto, in questi ultimi sei mesi: e mi sono data da fare per mettere in ordine la mia vita in modo da non lasciare nulla in sospeso. A questo punto, come le dicevo, potrei morire tranquillamente stasera. Certo la cosa creerebbe un po' di noie con lo spettacolo, dovrebbero sostituirmi all'ultimo momento. Ma io sono sicura che Dario andrebbe in scena lo stesso, con gli occhi un po' rossi magari, riuscendo a strappare le risate, come le altre sere. Perché il nostro mestiere, vede, vuol dire anche questo». Donata Gianeri Franca Rame, «lo e Dario non ci siamo mai lasciati. In realtà ci amiamo moltissimo» r

Persone citate: Dario Fo, Fo, Franca Rame

Luoghi citati: Genova, Novara, Torino