Processo a un libro di testo

Processo a un libro di testo Non rispetterebbe il divieto dell'insegnamento religioso «diffuso» Processo a un libro di testo Mercoledì a Torino la prima udienza TORINO. E' legittimo che un libro adottato in una scuola elementare per insegnare a leggere e scrivere proponga anche diverse pagine di chiaro contenuto cristiano e cattolico? Quando Vicky Franzinetti, madre di un bimbo di sei anni iscritto alla prima elementare della scuola Don Bosco, ha scorso le pagine del libro «Prime parole dal mondo» (di Gisella Moroni ed Elio D'Aniello, edito dalla casa editrice Cetem) e ha scoperto numerose letture ispirate a Gesù, al battesimo di Davide, alla Pasqua e al Natale, ma anche all'«Angelo che tirava palle di neve», non ha avuto dubbi sulla violazione delle leggi attuali che vietano l'insegnamento religioso diffuso, ovvero quello impartito in vari modi durante lo svolgimento dei programmi di altre discipline. Del libro in questione si parlerà mercoledì prossimo davanti al giudice in pretura, ed è la prima volta in Italia per un caso del genere. «In coerenza con le mie idee educative ho scelto per mio figlio di non seguire l'insegnamento della religione cattolica. Quindi ho scritto subito una lettera alla direttrice — spiega Vicky Franzinetti — perché il testo in questione venisse ritirato, ricordando le leggi e le Intese tra lo Stato e altre confessioni religiose, in particolare quella con la Comunità Ebrai¬ ca, volte a garantire a tutti la libertà di coscienza e quindi il diritto per gli alunni delle scuole pubbliche di non avvalersi d'insegnamenti religiosi. Ma non ho avuto risposta». Di qui la decisione di ricorrere alla magistratura, per difendere la libertà di religione — compresa quella di non appartenere a nessuna — nella scuola pubblica di uno Stato, quello italiano, che si dichiara «laico». L'istanza presentata alla pretura di Torino dall'avvocato Guido Fubini chiede un provvedimento urgente sulla «non adot tabilità di un testo che per i suoi contenuti si pone in contrasto con l'ordinamento giuridico dello Stato». Il legale cita nell'istanza, tra l'altro, la legge che regola i rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche (dell'8 marzo di quest'anno): «Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l'insegnamento è impartito nel rispetto della libertà di coscienza e di religione e della pari dignità dei cittadini senza distinzione di religione». E ancora: «Non possono essere richiesti agli alunni pratiche religiose o atti di culto». I testi scolastici vengono scelti, tra quelli approvati dal ministero della Pubblica Istruzione, dal collegio dei docenti. «Il capo d'istituto — spiega la direttrice della scuola elemen tare Don Bosco, Maria Teresa Fontana — non può interferire; il suo compito è di attuare le scelte del Collegio. Certo, il problema è che molti testi non sono aggiornati e non tengono conto delle leggi recenti e delle Intese». Ma la protesta contro l'insegnamento religioso diffuso dilaga. Già altri genitori di un'altra scuola elementare torinese, la «Martin Luther King», di fronte a una serie di atti in «contraddizione» con la legge — «libro di testo per tutti d'indirizzo chiaramente cattolico ("Tantitesti", che riporta alcune pagine addirittura prese dal "Catechismo dei fanciulli"), manifestazioni di culto come preghiere quotidiane e costruzione del presepio, insegnamento religioso durante il normale orario delle lezioni, nonostante sia facoltativo...» —hanno minacciato, se tutto questo non cambierà, «di adottare tutti gli atti ritenuti opportuni a tutela dei propri diritti e in applicazione della legge». Al loro fianco, in questa battaglia, il «Comitato torinese per la laicità della scuola» (a cui aderiscono tra l'altro anche cattolici di base e persone di altre confessioni), già intervenuto più volte contro discriminazioni nelle scuole pubbliche nel rispetto del pluralismo, e ora deciso a verificare quanti altri testi scolastici non sono conformi alle leggi. ligione a scuola e si scopre che, tra credenti e non,.ci possono essere uguali visioni sulla «laicità». Valeria Bobbio mostra quello che scrive, sulla pubblicazione trimestrale del «Comitato», la Comunità cristiana di base a proposito dell'ora di religione: «E' un imbroglio perché né in nome della maggioranza né in nome della fede si possono calpestare gli altri, imponendo degli obblighi inesistenti». Ma sia ben chiaro, nessuno vuole una «guerra» di religione. Precisa Fulvio Dal Bo, uno dei genitori contestatori e firmatari di una lettera di protesta alla direzione didattica della scuola «Martin Luther King»: «Chiediamo solo il rispetto delle idee e credenze di tutti. La nostra è una battaglia con lo Stato, per l'applicazione delle sue leggi. Non crediamo utile, per una pacifica convivenza, l'arroganza di nessuno: possibile che non ci si renda conto che viviamo in una società pluralista formata da cattolici, protestanti, ebrei, valdesi, buddisti, musulmani, atei, liberi pensatori....Allora vorrei capire perché solo i cattolici hanno diritto a due libri scolastici gratuiti e gli altri solo a uno? Perché i cattolici devono avere diritto all'insegnamento religioso nelle ore scolastiche?...». Stefanella Campana «Il problema non è dunque soltanto mio — osserva Vicky Franzinetti —, e comunque avrei agito nello stesso modo anche se fossi cattolica perché per me è importante capire se vivo in uno Stato laico o confessionale. In una società che sta diventando sempre più multirazziale è fondamentale ribadire il principio che "siamo tutti diversi ma dobbiamo godere degli stessi diritti". Insomma ogni persona deve aver diritto a credere in ciò che vuole, ma senza per questo essere discriminata. Non capisco, ad esempio, molti genitori che pur essendo laici e non credenti accettano per i loro figli l'insegnamento religioso "altrimenti si sentono diversi dagli altri bimbi". E pensare che la scuola pubblica dovrebbe essere una fondamentale esperienza in cui i bambini vivono pari condizioni...» La fede non s'insegna, ribadiscono i laici. «Lo Stato italiano si è preoccupato di stabilire tutte le modalità d'insegnamento della religione cattolica, ma non ha rivendicato nulla per i suoi cittadini non cattolici, ponendoli in una condizione non paritaria» — osserva Valeria Bobbio (ex insegnante, nonché moglie del filosofo torinese), attiva nel «Comitato per la laicità». Dai testi la polemica si allarga a tutta la questione della re¬

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