Morto Eugenio Battisti di Angelo Dragone

Morto Eugenio Battisti Oggi i funerali dello studioso dell'«antirinascimento» Morto Eugenio Battisti Figura tra le più originali della storiografia artistica internazionale Generosa figura di docente a lungo attiva fra l'Italia e gli Stati Uniti ROMA. E' morto sabato mattina, per un improvviso collasso cardiocircolatorio, nella sua abitazione romana di viale Quattro Venti 166, il professor Eugenio Battisti, sessantacinquenne, storico dell'arte, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e docente ordinario di storia dell'architettura nell'Università di Roma-Tor Vergata. I funerali si svolgeranno questa mattina alle 11, con una sosta della salma nell'Oratorio del Borromini, nei pressi di piazza della Chiesa Nuova. Torinese di nascita, laureato in estetica con Augusto Guzzo e Luigi Pareyson, s'era formato non di meno attraverso il contatto vivo con gli argomenti di cui venne via via ad occuparsi: dal teatro (fin dagli anni della Resistenza) alle arti figurative. «Francesco Menzio, Albino Galvano e molti altri — potè scrivere Eugenio Battisti — mi insegnarono a leggere Joyce in cambio dell'ascolto d'una rara edizione della "Sagra della Primavera" diretta dallo stesso Strawinsky». Continuò così il suo arricchimento culturale, ma anche uno dei veri impegni didattico-universitari vissuti con generosità, all'insegna d'un puro istinto. A cominciare da quando si trasferì a Roma per lavorare insieme a Lionello Venturi. Fu allora che iniziò una serie di studi iconologici, nell'ambito di quelle metodologie avanzate che gli venivano da Propp, da Jung e Kerenyi; e su questi temi tenne, come libero docente, non senza forti opposizioni, due corsi presso l'Università di Roma. S'infittiva frattanto la bibliografia, fin dai primi anni '60, con «Giotto» (Skirà), «Rinascimento e barocco» (Einaudi) e «Cimabue» (1963, Istituto Ed. Italiano); ma già l'anno prima il poderoso, rivoluzionario, «L'antirinascimento» (Feltrinelli) rivelava il pensiero di un geniale interprete della più complessa storiografia, ricco non soltanto di spunti originali, ma in grado di inseguire attraverso le più diramate esperienze visive del primo Cinquecento ogni apporto dovuto alla cultura del manierismo e gli stessi germi d'un barocco imminente. Per lui l'arte sarà sempre e soprattutto «invenzione»: in Piero della Francesca come in Brunelleschi, cui nel '76 dedicò un'ampia monografia (Electa). Giunto infine all'Università di Genova, subentrando a Pasquale Rotondi nella supplenza con cui ricopriva la cattedra d'una rimpianta Giusta Nicco Fasola, Battisti vi costituì, nel suo innovante sistema d'insegnamento, un intero «museo sperimentale» con opere ottenute in deposito da collezionisti e, con l'appoggio collegiale d'una decina di critici, per le scelte di nomi e lavori, come dono da parte di artisti d'ogni regione d'Italia. Ed è quell'intero «museo» di cui, dopo la rinuncia di Genova, Torino accettò ufficialmente nel 1966 la donazione, organizzandone l'anno dopo una grande esposizione, ripresentata nel 1985-86 al Castello di Rivoli. Nel momento della scomparsa dello studioso, così didatticamente creativo, come l'hanno conosciuto i suoi allievi italiani e americani, avendo a lungo perseguito la sua ricerca anche nella Pensylvania University, Torino potrà ricordarlo così con particolare gratitudine. Ma facendo tesoro intanto del credo cui egli stesso aveva ispirato la sua determinata saggezza, nell' «agire oggi per l'oggi». Angelo Dragone Eugenio Battisti