Da oggi scontro al Csm sui casi Vessia e Bologna
Da oggi scontro al Csm sui casi Vessia e Bologna Il Pg di Napoli e alcuni giudici emiliani rischiano il trasferimento Da oggi scontro al Csm sui casi Vessia e Bologna ROMA. A Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio superiore della magistratura, il clima rimane incandescente. La temperatura, che aveva raggiunto punte elevate nei giorni scorsi, quando si è discusso del caso Palermo e del trasferimento dei giudici Di Pisa e Ayala, non accenna a tornare sui dati abituali. Dopo la battaglia sul «Corvo», altre questioni altrettanto spinose attendono questa settimana i componenti l'organo di autogoverno dei giudici. Laici e togati, rappresentanti di partiti ed esponenti di correnti stanno già affilando le armi : comincia la battaglia su Bologna e sugli uffici giudiziari di Napoli. Caso Vessia — E' la pratica intestata al procuratore generale di Napoli, Aldo Vessia. L'alto magistrato rischia di essere trasferito d'ufficio per «incompatibilità ambientale», come prevede l'ormai contestato articolo 2 sulle guarentigie. Oggetto di valutazione della prima commissione, a partire da oggi, saranno in particolare i metodi di indagine adottati dal procuratore generale dopo aver avocato al suo ufficio l'inchiesta sull'assassinio del giornalista napoletano Gianfranco Siani. I consiglieri di Palazzo dei Marescialli prenderanno in considerazione anche le lacerazioni che proprio per questo si verificarono tra i diversi giudici impegnati nelle indagini sulla morte del giornalista e tra i magistrati e gli avvocati di Castel Capuano. Caso Bologna — La prima commissione del Consiglio superiore ha già avviato un'indagine sulla cosiddetta «trama rossa» che avrebbe segnato il processo di primo grado per la strage alla stazione del 2 agosto 1980. Si tratta di un'indagine preliminare mirante a stabilire se nei confronti di uno o più giudici del capoluogo emiliano vi siano gli estremi per aprire la procedura di trasferimento. Scaturito dalle accuse dell'avvocato Roberto Montorzi, ex difensore di parte civile, secondo il quale alcuni giudici si sarebbero fatti influenzare dal pei, il caso Bologna è approdato a Palazzo dei Marescialli in seguito ad un rapporto del procuratore della Repubblica di Bologna, Gino Paolo Latini, che compì i primi accertamenti. Il fascicolo, riguardando magistrati bolognesi, fu presto trasferito per competenza a Firenze e affidato al sostituto Pier Luigi Vigna. La scorsa settimana, dopo un primissimo esame del caso, la commissione di Palazzo dei Marescialli ha chiesto alla procura della Repubblica di Firenze copia del fascicolo per poter meglio valutare la posizione di alcuni magistrati bolognesi — fra i quali il pubblico ministero Libero Mancuso, Claudio Nunziata, il presidente della corte d'assise che celebrò il processo di primo grado, Mario Antonacci, ed il presidente supplente, Antonio Grassi — accusati tutti di aver avuto incontri con membri nazionali e locali del pei e di aver «gestito» insieme con loro l'inchiesta e le prime fasi del dibattimento sulla strage. Ma il giudice Vigna, opponendo per la prima volta al Consiglio superiore la tutela del segreto istruttorio, si è rifiutato di inviare il fascicolo a Palazzo dei Marescialli. E le polemiche sul caso, che già si prevedevano intense, appaiono così destinate a diventare roventi. Ma in questi giorni si ripar¬ lerà anche di un altro argomento scottante, legato sia pure indirettamente al caso Bologna: quello che riguarda un altro sostituto procuratore emiliano, Mauro Monti. Proprio a Monti vennero affidate le prime indagini sulla «conversione» dell'avvocato Montorzi dopo che questi ebbe un colloquio con Lido Gelli. Da un anno e mezzo, però, giaceva presso il Csm una denuncia contro di lui perché sospettato di appartenere ad una loggia riservata della massoneria e di aver frequentato persone coinvolte in associazioni per delinquere. [r. e]
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