Pantaleone: il grillo saggio di Lorenzo Del Boca

Pantaleone: il grillo saggio Dozzine di libri, migliaia di articoli, tutta una vita per affermare il diritto a una Sicilia senza paura Pantaleone: il grillo saggio Coscienza e voce coraggiosa di Palermo «Solo il pazzo canta, solo il pazzo campa»: lo dice per sé e ammonisce: «La guerra alle cosche o la si fa davvero o si lascia perdere» PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Un grillo parlante. Saggio, coraggioso, persino cocciuto nel rappresentare la voce della ragione e la noncuranza del pericolo: dunque, proprio per questo, insopportabilmente ingombrante anche per orecchie di legno come quelle di Pinocchio. Michele Pantaleone ha firmato dozzine di libri e migliaia di articoli. Mai pagine troppo facili né da scrivere né da leggere. C'è poca indulgenza per il racconto e molta ricerca di date, circostanze, nomi, relazioni. Vere e proprie denunce (a volte con anni d'anticipo sulle inchieste della magistratura) e il suo obiettivo è sempre la mafia: «il sasso in bocca», «a cavallo della tigre», «mafia e politica», «mafia e potere», «industria e potere». Adesso un'altra pubblicazione «mafia, antimafia e partiti». Sempre lì, con insistenza quasi petulante. «Mondadori mi chiede la prefazione del. libro della Sterling: "le diamo 4 milioni: contento?" Io rispondo che va bene ma che lo farei anche gratis. Le parole contro la mafia non chiedono soldi». Saggezza antica e impegno civile. Eppure Palermo gli cammina accanto con noncuranza nemmeno dissimulata: commerci e sparatorie, la giunta anomala del Municipio e i veleni del palazzo di giustizia, i quartieri della kaska e gli intellettuali che si incontrano nei salotti di Sellerio. Lui resta un isolato: il prezzo della coerenza. Proverbio: «Solo il pazzo canta e solo il pazzo campa». Michele Pantaleone lo usa per se stesso. A Villalba ha raccolto una quantità di attrezzi dei contadini. Le radici culturali sono la civiltà di un popolo. Come dimenticare? E nell'alloggio di Palermo scaffali di libri che si arrampicano sulle pareti, disegni di morti ammazzati e la terracotta di un don Chisciotte. «Non si può dire che la mafia va in prima persona alla conquista delle istituzioni. Ha interesse per la politica, questo sì, perciò circuisce chi governa, lo compromette, lo fa suo. In questo senso è esagerato attribuire agli uomini di partito comportamenti che obiettivamente non hanno. Ma, dall'altro, si corre il rischio di sottovalutare gli interessi mafiosi e considerare al di sopra di ogni sospetto chi ha bisogno di tensioni morali continue per resistere». Michele Pantaleone è uno dei più vecchi socialisti d'Italia. All'ultimo congresso del psi i dirigenti gli hanno mandato il biglietto d'aereo e l'invito: «la tua presenza è un onore». Lui ci è andato e i pugliesi hanno proposto che il suo nome fosse di diritto nel consiglio nazionale. A opporsi — di fatto — sono stati i palermitani. Ancora jpri- ma, era stato eletto deputato regionale come indipendente nelle liste del partito comunista e adesso proprio alcuni uomini del pei sono i più acidi nel giudicare il suo lavoro. «La guerra alla mafia non può fermarsi a metà. 0 la si fa davvero o si lascia perdere. E se devi accusare l'amico di partito come tirarsi indietro? Se taci rendi incredibile tutto il resto. Certo, chi dice tutto, poco per volta, si trova senza amici». Nessuna indulgenza. Volevano premiare con la laurea Charles Poletti comandante dell'esercito americano che si è insediato in Sicilia nel 1943. Buon governo ma contrattato con la mafia. «E, allora un riconoscimento non può essere dato». Pantaleone sa che i suoi giudizi rischiano di avere comunque il valore di una sentenza. «Ma proprio perché si è andati avanti salvando capra e cavoli ci si è trovati impantanati in un torbido politico. E se adesso si vuole recuperare, occorre che le operazioni di 'distinguo' vengano fatte senza incertezza». Se occorre, con prepotenza. Le barriere della solitudine di questo gentiluomo vengono alzate dappertutto. Anche da quel mondo giornalistico e culturale che dovrebbe essere più solidale. «Michele Pantaleone? Ormai sragiona. E' vecchio». Scoraggiano dall'incontrarlo. Che Michele Pantaleone sia vecchio, non ci sono dubbi. E' alla vigilia degli 80 anni e il tempo non si è accontentato di viverlo soltanto. Lo ha sfruttato. Ma è ancora in grado di chiacchierare per ore e di trascinarti a pranzo consigliando cibi e abbinamenti di vini deliziosi. «Tre anni fa è morta la mia compagna — dice — ma c'è una "tata" che accudisce la casa e tiene in ordine la cucina. Mi permette di stare fra le mie cose, altrimenti, dovrei pensare a una specie di pensionato. Si sa: l'albergo è poco allegro» Anche il crepuscolo può avere gli stessi colori dell'alba. Dopo la guerra, Michele Pantaleone, i primi giorni di libertà, li ha impegnati a costituire la federazione del partito socialista. E per il primo maggio: comizio con il comunista Li Causi. «Potevano anche spararci ma dovevamo rischiare». La saggezza popolare aveva pronta una massima per l'occasione: «A cane: cane e mezzo. A lupo: due lupi. E all'asino: bastonate». E infatti: «Hanno sparato, Li Causi è stato ferito e io me lo sono caricato in spalla per portarlo al sicuro. Avevo la pistola, ho risposto al fuoco. Qualche scheggia mi ha bruciacchiato la giacca». Non si è fermato. Non l'hanno fermato nemmeno tre attentati successivi: due schioppettate e un camion che gli hanno lanciato contro. Adesso la mafia non può fargli del male, sarebbe come firmare il delitto: lo combatte con la calunnia e la derisione. Nella sua casa hanno rubato i tre premi nazionali per i suoi libri, un vecchio fucile da caccia e una pentola. Con tanta roba anche di valore si sono accontentati di poveri arnesi. Eppure il furto ha il valore di un messaggio. «Ti prendiamo i riconoscimenti che sono l'onore, ti togliamo l'arma che è la possibilità di difenderti, ti lasciamo senza la pentola e, dunque, ti affamiamo». Lorenzo Del Boca Un angolo del centro storico di Palermo

Persone citate: Charles Poletti, Li Causi, Michele Pantaleone, Sellerio

Luoghi citati: Italia, Palermo, Sicilia, Villalba