Torino stronca Torino e plaude agli Usa di Lietta Tornabuoni

Torino stronca Torino e plaude agli Usa Fischi per «Corsa in discesa» di Corrado Franco e successo di «Attrazione mortale» di Lehmann Torino stronca Torino e plaude agli Usa Quando si apre la stagione di caccia al giovane regista TORINO. Tre ragazzine piccanti e odiose che si chiamano tutte e tre Heather, il dramma dei suicidi giovanili trattato con divertimento e sardonico cinismo, battutacce insolenti («Se vuoi scopare con le aquile devi imparare a volare», «Masturbami con una motosega», «Santa merda»), telefoni a forma di palla ovale, mode («Tutti adesso bevono acqua minerale»), l'orribile stress competitivo del dover essere i più popolari nel gruppo più potente della scuola, la protagonista Wynona Ryder che porta il monocolo e sospira: «Se fossi sempre contenta sarei un presentatore TV», un diciassettenne eroe dinamitardo dal lungo spolverino nero che fa saltare l'edificio scolastico «perché la scuola è la società». Un film americano sui giovani può essere anche così, brillante, oltranzista e satirico come «Leathal Attraction» (Attrazione mortale) di Michael Lehmann, che è un ragazzo in scarpe di tela rossa con una piccola testa rotonda e riccioluta; gran successo al Festival Cinema Giovani, entusiasmo, applausi, risate contente. Risate beffarde, fischi, grida insofferenti hanno invece accolto alla prima proiezione «Corsa in discesa» di Corrado Franco, il primo film italiano presentato in concorso, e nel buio della sera fredda si consuma il momento più brutto d'un giovane cineasta: «Io sono disperato, cambio mestiere, faccio il produttore e basta, il film sarà imperfetto ma così non è giusto... Ho avuto una distribuzione, tanti giudizi positivi, e qui...». Corrado Franco, 33 anni, torinese a Roma, già autore dei lodati «Al riparo da sguardi indiscreti» (1980) e «L'ultima corsa» (1983), ha lavorato a «Corsa in discesa» per oltre tre anni, l'ha prodotto da sé, s'è conquistato un interprete stimato come Rudiger Vogler, un finanziamento di Reteitalia, la società distributrice Medusa: poi s'è trovato a Torino di fronte a quel pubblico di coetanei (magari di rivali) che può essere il più crudele, a quegli spettatori di Cinema Giovani che con i film italiani sono specialmente severi o snob, ma che tutti i torti non li hanno. «Corsa in discesa», ispirato a un racconto di Cornell Woolrich, lo scrittore giallonero d'atmosfere soffocate e allarmate che piaceva a Truffaut e a Hitchcock, ha una bella storia: un criminale salva la vita della figlia bambina d'un poliziotto, e pretende in cambio che il poliziotto lo salvi dalla polizia e lo protegga, lo aiuti a fuggire dopo una rapina. Il dramma di coscienza del poliziotto diviso tra dovere professionale e dovere umano di gratitudine, il confronto tra l'uomo d'ordine che cede al ricatto degli affetti e il portatore di disordine che alla fine muore, sono quasi sempre chiusi nelle stanze della casa borghese del poliziotto: tutto è affidato alla tensione, al clima. Necessaria quindi un'alta bravura narrativa e interpretativa, cui risultano inadeguati Bruno Stori che recita il poliziotto, Debbie Jones che è la ragazza del criminale, gli attori secondari goffi, in parte anche il regista: nell'affrontare il compito arduo posto da film del genere, che o sono perfetti o diventano ridicoli, Corrado Franco ha forse misurato male le proprie forze produttive, presunto troppo di sé. Il film senza ragazzi esemplifica un mutamento di Cinema Giovani: «In passato, per qualche tempo hanno convissuto nel festival due anime: opere di giovani autori, e opere sui giovani», spiega il direttore Alberto Barbera. «Adesso quello che soprattutto ci interessa è l'emergere di nuovi autori, nuove tendenze estetiche, nuove esperienze produttive, nuovi modi di raccontare o di autorappresentarsi: a questo è subordinato il criterio tematico, il fatto che i film si occupino di personaggi, mondi o problemi giovanili». Infatti «Queen of Hearts» (Regina di cuori), dell'inglese Jon Amiel, presentato fuori concorso («ma che un'opera sia in concorso o fuori concorso non è rilevante, le due categorie sono intercambiabili, non corrispondono a giudizi di valore ma a va¬ rie opportunità», dice Barbera) è a esempio la storia ben fatta e divertente, vista con gli occhi d'un bambino, d'una famiglia italiana emigrata in Inghilterra e costretta, per sopravvivere straniera in un Paese straniero, a giocare d'azzardo; «Seuls» (Soli), dei belgi Thierry Knauff e Olivier Smolders, è un bellissimo cortometraggio che per dodici terribili minuti guarda vivere alcuni bambini autistici; «Paradiso» dell'irlandese Colm Villa è un mediometraggio drammatico, interpretato da Jon Finch e Magael McLaughlin, su gente di mare, loschi caffè del porto, contrabbandieri, risse, polizia, e una ragazza che vuole un'altra vita. Oltre Cinema Giovani, del resto, sono cambiati anche i grandi festival, Cannes, Venezia, Berlino: «In passato privilegiavano gli autori famosi, i valori sicuri, le celebrità consolidate. Adesso tutti vogliono presentare in concorso autori esordienti: la caccia internazionale al giovane è aperta, accanita», dice il direttore Barbera. E non va bene? «C'è una contraddizione: sui giovani registi si fanno molti discorsi e s'investono pochi soldi. Tutti vogliono i loro film e pochi son disposti a finanziarli: ma il ricambio generazionale è urgente, irrinunciabile, e il futuro del cinema sono loro». Lietta Tornabuoni Cinema Giovani. Rudiger Vogler (primo da sinistra) in una scena tratta da «Corsa in discesa» di Corrado Franco

Luoghi citati: Berlino, Cannes, Inghilterra, Roma, Torino, Venezia